Lo spettacolo “Elena la matta”, con Paola Minaccioni protagonista, ripercorre la vita di Elena Di Porto, figura realmente esistita nel ghetto ebraico di Roma durante la seconda guerra mondiale. La piece, ispirata al libro di Gaetano Petraglia, torna in scena alla sala Umberto di Roma dal 6 all’11 maggio dopo un successo di pubblico durante l’inverno. Un racconto che intreccia storia, emozione e ironia per mostrare la forza di una donna contro le ingiustizie del fascismo.
Il personaggio di elena di porto: donna anticonformista e simbolo di resistenza
Elena Di Porto nasce nel 1912 a Roma, in una famiglia ebraica di condizioni molto modeste. Vive nel Ghetto, che ha il peso della segregazione razziale imposta dal regime fascista negli anni ’30 e ’40. Elena si distingue subito per il carattere forte e indipendente, che si manifesta soprattutto nel suo continuo rifiuto di accettare soprusi e ingiustizie. Separata dal marito, appare come una donna avanti rispetto ai tempi, con una personalità che si potrebbe definire femminista ante litteram.
Il regime la dichiara pazza, ma in realtà è una ribelle che combatte contro la oppressione fascista e ogni forma di violenza contro gli altri. A causa delle sue esplosioni di rabbia, spesso scoppiate vedendo le ingiustizie, viene rinchiusa più volte nell’ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, una struttura dove venivano internati oppositori e persone scomode per il potere. Anche qui, la sua storia si incrocia con altre donne vittime di persecuzioni simili.
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Un carattere indomito in tempi difficili
“Je partiva er chicchero” è una delle espressioni che meglio raccontano il temperamento di Elena, simbolo di insofferenza verso il mondo oppressivo in cui viveva.
Un viaggio nell’italia tra leggi razziali, confino e resistenza
La vicenda di Elena attraversa momenti drammatici legati al contesto storico dell’Italia fascista. Le leggi razziali del 1938 limitano pesantemente i diritti degli ebrei, che diventano bersagli di discriminazioni e violenze. Nel racconto della piece, si vedono le tensioni crescenti, con gli scontri con le squadre fasciste che perseguitavano le popolazioni non allineate. Ad Elena toccano anche il confino in Basilicata, una misura adottata dal regime per allontanare gli oppositori dal centro politico e sociale delle città.
Il ritorno a Roma segna l’inizio di una fase ancora più pericolosa: l’occupazione nazista della capitale aggrava le condizioni di vita degli ebrei. Elena tenta una resistenza, anche se disperata, ma arriva il tragico rastrellamento del 16 ottobre 1943. L’episodio è uno dei momenti più cupi della storia della città, quando centinaia di persone furono deportate da quel ghetto che aveva visto nascere la protagonista.
Storia e storie di un periodo buio
Le difficoltà vissute da Elena riflettono il dramma collettivo di una comunità intera sottoposta a persecuzioni e ingiustizie attraversate durante la guerra.
L’interpretazione di paola minaccioni e l’attualità del racconto
Paola Minaccioni presta volto e voce a Elena Di Porto, con un’interpretazione intensa e consapevole. Il suo racconto, che alterna il dialetto romanesco ad un tono più narrativo, traduce in scena la vita di una donna complessa, segnata da momenti di grande dolore e da scoppi di rabbia che la mettevano nei guai. Il suo modo di dire “je partiva er chicchero” è diventato un simbolo dei suoi scatti di insofferenza a un mondo che la opprime.
Minaccioni spiega di aver sentito una forte vicinanza a questa figura, quasi come fosse una sorella. L’intento è mostrare una storia di libertà e di lotta che risuona in molte parti del mondo anche oggi, nei regimi in cui le donne che si ribellano vengono additate come pazze. Così Elena diventa un simbolo universale di resistenza femminile e di coraggio.
Fonti storiche e testimonianze alla base dello spettacolo
La storia dello spettacolo si basa sul libro di Gaetano Petraglia “La matta di piazza Giudìa”, ma si arricchisce con altre testimonianze significative. Tra queste, quelle di Settimia Spizzichino, unica sopravvissuta al rastrellamento del ghetto di Roma, che ha lasciato un resoconto diretto di quegli eventi drammatici. Anche gli studi dello storico David Kertzer e i racconti di Giacomo De Benedetti hanno contribuito a delineare il quadro storico in cui si muove Elena.
Approfondimenti e documenti storici
Le memorie raccolte danno spessore al personaggio, mettendo in luce le condizioni difficili vissute dagli ebrei romani nel periodo fascista. La figura di Elena resta così scolpita come esempio concreto di chi ha vissuto la persecuzione in prima persona, rendendo la pièce più di un semplice racconto teatrale ma una ricostruzione appassionante di un pezzo doloroso della storia italiana.