Il nuovo direttivo dell’associazione vittime Banda della Uno bianca con aggiornamenti dai familiari delle vittime

Il nuovo direttivo dell’associazione vittime Banda della Uno bianca con aggiornamenti dai familiari delle vittime

L’associazione dei familiari delle vittime della Banda della Uno bianca rinnova il direttivo con nuovi membri, tra cui Ludovico Mitilini, e continua a chiedere verità e giustizia per le 23 vittime in Emilia-Romagna e Marche.
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L’associazione dei familiari delle vittime della Banda della Uno bianca ha rinnovato il direttivo, ribadendo l’impegno nel ricordare le vittime e nel sostenere la riapertura delle indagini su questo gruppo criminale composto in gran parte da poliziotti, responsabile di 23 morti tra Emilia-Romagna e Marche negli anni ’80-’90. - Gaeta.it

L’associazione che raccoglie i familiari delle vittime della Banda della Uno bianca ha recentemente rinnovato il proprio direttivo. Questo gruppo criminale, composto in gran parte da poliziotti, ha seminato violenza in Emilia-Romagna e Marche tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. La loro azione ha provocato 23 morti e numerosi feriti in diverse province italiane. La riorganizzazione dell’associazione porta con sé nuovi membri e un rinnovato impegno nel ricordare e tutelare le vittime.

Il ruolo e la composizione del nuovo direttivo

Il nuovo direttivo dell’associazione vede la conferma di alcune figure di riferimento. Alberto Capolungo resta presidente, mentre Rosanna Zecchi continua la sua attività come vicepresidente. Il ruolo di tesoriere è affidato ad Alessandro Santini, Claudio Santini assume la carica di addetto stampa e Manuela Fiumi Pedini ricopre il ruolo di segretaria. A questo gruppo si aggiunge Ludovico Mitilini, fratello di Mauro Mitilini, uno dei carabinieri assassinati nel quartiere Pilastro di Bologna il 4 gennaio 1991.

La testimonianza di ludovico Mitilini

Ludovico ha portato una testimonianza diretta e una partecipazione attiva alle iniziative dell’associazione, soprattutto in relazione al riavvio delle indagini sulla banda. “La sua presenza rappresenta un legame diretto con le vittime e una spinta a mantenere alta l’attenzione sul caso.” Questo gruppo, composto da familiari che hanno vissuto il dolore della perdita, affianca le attività di memoria a quelle di vigilanza sulle procedure giudiziarie ancora in corso.

La storia e le implicazioni della banda della Uno bianca

La Banda della Uno bianca ha operato prevalentemente tra il 1987 e 1994 nelle province di Bologna, Rimini e Ancona. Il nome deriva dalla vettura usata durante le rapine, una Fiat Uno. Il gruppo criminale è noto per essere stato composto in maggioranza da agenti di polizia, fatto che ha reso le indagini più complesse e la vicenda particolarmente grave per il rapporto di fiducia tradizionalmente attribuito alle forze dell’ordine.

Le azioni della banda hanno provocato 23 morti e oltre un centinaio di feriti, soprattutto durante assalti e tentativi di fuga. Diversi episodi violenti sono rimasti impressi nella memoria collettiva delle regioni colpite, con particolare tristezza per gli omicidi dei carabinieri nel quartiere Pilastro, evento che ha segnato una svolta nelle indagini.

Il particolare peso del pilastro

L’omicidio dei carabinieri nel quartiere Pilastro rappresenta uno degli episodi più drammatici della vicenda, marcando una fase cruciale nelle investigazioni della banda.

L’impegno dei familiari per la riapertura delle indagini

Negli ultimi anni i familiari delle vittime, tra cui anche Ludovico Mitilini, hanno mantenuto viva la richiesta di verità e giustizia. Attraverso un esposto articolato hanno sollecitato la riapertura delle indagini, ottenendo l’avvio di nuovi accertamenti. Questa iniziativa ha puntato a far emergere aspetti finora poco chiari e a identificare eventuali responsabilità ancora da chiarire.

Il ruolo dei parenti di chi è stato ucciso, unitamente a quello dei legali e delle autorità giudiziarie, ha permesso di riaccendere i riflettori su questa pagina nera della cronaca italiana. “Le attività dell’associazione continuano a porre enfasi sulla memoria di chi ha perso la vita e sul rispetto delle procedure.” Si attende l’evolversi degli sviluppi giudiziari.

La vicenda nel contesto della cronaca emiliana e marchigiana

La Banda della Uno bianca ha segnato profondamente il tessuto sociale di Bologna, delle zone della Romagna e delle Marche. Le operazioni criminali non si limitavano solo alle rapine ma spesso sfociavano in sparatorie e aggressioni che terrorizzavano le comunità locali. La presenza di agenti di polizia tra i membri della banda ha alimentato sospetti e ha complicato i processi penali.

Gli episodi sono stati oggetto di anni di accertamenti, di udienze e sentenze che hanno coinvolto anche le famiglie delle vittime in una battaglia lunga e dolorosa. La recente riapertura delle indagini conferma il persistente interesse che le autorità riservano a questa vicenda, mentre le associazioni di parenti continuano il loro lavoro di memoria critica e pacata sollecitazione.

Una nuova pagina nella memoria collettiva

Questo consesso rinnovato aggiunge dunque una nuova pagina alla storia che cerca risposte ancora oggi a distanza di oltre trent’anni. Gli sviluppi giudiziari e le iniziative associative rappresentano il modo con cui questa parte d’Italia mantiene viva la memoria delle vittime e monitora ogni possibile evoluzione.

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