Un murale che riprende i volti di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è stato inaugurato sulla facciata della palazzina di Saxa Rubra, sede del Tg3 della Rai, a Roma. L’opera della street artist Laika celebra la memoria dei due giornalisti uccisi a Mogadiscio, in Somalia, nel 1994, in circostanze mai chiarite. L’iniziativa nasce dal sindacato Usigrai e punta a mantenere viva la richiesta di verità e giustizia a oltre tre decenni dai fatti.
La scena del murale: immagini e simboli di memoria al tg3
L’immagine che spicca sul muro della sede Tg3 include un sorriso intenso, occhiali da sole, un microfono in mano e una telecamera in spalla. Accanto ai volti, tre grosse rose bianche catturano l’attenzione. Una di queste raprresenta la frase “noi non archiviamo” tracciata sui petali, simbolo del rifiuto alla rimozione della memoria. Sullo sfondo emerge la grande scritta ‘Truth’ , accompagnata da silhouette scure in cammino, a sottolineare un percorso mai concluso verso la chiarezza sui fatti. Questa rappresentazione visiva vuol mantenere alta l’attenzione sulla vicenda, affinché il caso resti aperto nella coscienza pubblica.
L’iniziativa vuole impedire che quello che è accaduto venga dimenticato o banalizzato, proponendo un luogo fisico dove ricostruire eventi e dare nuova luce alla figura dei due professionisti del giornalismo. L’opera di Laika si inserisce nel contesto attuale come monito e strumento di riflessione sul ruolo del giornalismo impegnato, spesso in situazioni difficili e pericolose.
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Le parole di giampaolo rossi: memoria come strumento di libertà
Giampaolo Rossi, amministratore delegato della Rai, ha partecipato all’inaugurazione sottolineando la rilevanza dell’opera per il servizio pubblico. Ha richiamato il ruolo complesso della Rai, che trascende il solo giornalismo, coinvolgendo chi lavora nella comunicazione e chi guida l’azienda stessa. Rossi ha definito il murale “un grande servizio di libertà” che offre agli spettatori e ai lavoratori uno strumento di memoria viva.
Il ricordo di Alpi e Hrovatin serve a riaffermare il dovere della Rai di difendere la libertà di informazione e il diritto dei cittadini a conoscere la verità. Secondo l’ad, mantenere presenti esempi come questi aiuta a ricordare il costo che a volte comporta svolgere il mestiere del giornalista in contesti difficili e a ribadire l’impegno a tutelare questa professione.
Il pensiero di daniele macheda: una voce che non si è spenta
Daniele Macheda, segretario del sindacato Usigrai, ha voluto mettere in evidenza l’importanza di avere molte voci attive nel racconto degli eventi. Ha ricordato come la scarsa copertura giornalistica al tempo potrebbe aver facilitato il silenziamento di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. “Se ci fossero stati cento giornalisti come loro in Somalia quella volta, sarebbe stato molto più difficile spegnere quelle voci”, ha detto.
Questa riflessione evidenzia non solo la tragedia personale dei due giornalisti, ma anche le implicazioni più ampie relative alla libertà di stampa. La qualità e la quantità delle informazioni diffuse, specialmente in contesti di conflitto o di interesse politico, possono fare la differenza nella tutela della sicurezza di chi fa informazione e nella formazione di una coscienza collettiva. L’opera del murale rappresenta una chiamata a non lasciare soli coloro che rischiano la vita per raccontare la realtà.
Il caso rimane aperto: cosa è successo a mogadiscio nel 1994
Il 20 marzo 1994, in Somalia, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi mentre svolgevano un servizio giornalistico. Le circostanze della loro morte sono ancora avvolte nel mistero, con numerose ipotesi e indagini che in tutti questi anni non hanno chiarito compiutamente i motivi e i responsabili. La loro uccisione è diventata un simbolo della difficile e pericolosa attività di chi indaga su temi legati a conflitti internazionali, traffici e corruzioni.
Il richiamo alla verità presente sul murale fa capire quanto resti aperta la ferita e quanto la società e le istituzioni non abbiano ancora fornito risposte definitive. La vicenda è tornata al centro dell’attenzione pubblica tramite articoli, iniziative culturali e manifestazioni, proprio per non dimenticare e accendere nuove domande sui fatti. Le ultime ricerche e richieste di apertura degli archivi mantengono viva la speranza di chiarire quello che è accaduto.
Al Tg3, quel luogo dove i giornalisti Alpi e Hrovatin hanno lavorato, il murale rappresenta un impulso a riflettere sul valore dell’informazione e sulla necessità di tutelare chi fa questo mestiere in condizioni di rischio. La scritta “noi non archiviamo” è una promessa a non cessare la ricerca di risposte, un invito a mantenere viva la memoria senza cedere all’oblio.