Il macchinista del treno 14950 vittima invisibile della tragedia di Brandizzo nell’agosto 2023

Il macchinista del treno 14950 vittima invisibile della tragedia di Brandizzo nell’agosto 2023

Il tragico incidente ferroviario di Brandizzo del 30 agosto 2023 ha causato la morte di cinque operai e un profondo trauma al macchinista di Rfi, ora parte offesa nel processo penale in corso.
Il Macchinista Del Treno 14950 Il Macchinista Del Treno 14950
Il 30 agosto 2023 a Brandizzo un incidente ferroviario ha causato la morte di cinque operai, segnando profondamente anche il macchinista coinvolto, ora parte offesa nel processo per gravi omissioni nella sicurezza. - Gaeta.it

La notte del 30 agosto 2023, un incidente ferroviario a Brandizzo è costato la vita a cinque operai impegnati su un binario. Tra loro Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Aversa, Michael Zanera, Saverio Giuseppe Lombardo e Kevin Laganà. Quel treno però ha segnato anche il macchinista che lo conduceva, un giovane di 31 anni di Rfi, la cui vita è cambiata per sempre. La sua esperienza, meno raccontata e riconosciuta pubblicamente, rivela come il dolore e il trauma possono colpire chi, pur non essendo vittima diretta, si trova coinvolto in modo profondo in una tragedia del genere.

Il contesto dell’incidente e le dinamiche della notte fatale

Il treno 14950 era composto da 11 vetture vuote, senza passeggeri a bordo, e viaggiava con il semaforo verde. Nessuna segnalazione era stata inviata ai macchinisti riguardo la presenza della squadra di operai impegnata sui binari a pochissimi metri dalla stazione di Brandizzo. In cabina c’erano due macchinisti, oltre al giovane di 31 anni anche un collega con trent’anni di esperienza, testimone diretto di quello che sarebbe diventato uno degli incidenti ferroviari più gravi degli ultimi anni in Italia.

I momenti drammatici in cabina

Nel corso di quei pochi secondi drammatici, i due sono stati travolti dall’evento. Entrambi sono stati trasportati all’ospedale di Settimo con ferite fisiche e uno shock psicologico immediato. Successivamente, sono stati sentiti dalla Procura di Ivrea, incaricata di ricostruire in dettaglio cosa fosse successo e di individuare le responsabilità. Dalla prima ricostruzione emerge che nessuna comunicazione preventiva aveva raggiunto la cabina in merito al lavoro in corso sui binari, né alcuna autorizzazione formale era stata concessa. Il semaforo verde e la mancanza di avvisi rappresentano due elementi chiave nel corso della dinamica.

Le conseguenze per il macchinista: un trauma che ha cambiato la sua vita

Quel giovane conducente ha retto il peso dei fatti per un certo tempo, ma alla fine non è più riuscito a portare avanti il suo ruolo a bordo del convoglio. Ha lasciato la guida dei treni e ha cambiato completamente mansione all’interno dell’azienda. Oggi lavora come impiegato. Questa decisione ha comportato anche la perdita delle indennità aggiuntive riservate ai macchinisti, segno concreto del suo distacco definitivo da quel mestiere.

Il trauma psicologico è stato devastante. Le immagini e il suono di quella notte tornano nelle sue notti, insistenti come fantasmi che non si riescono a scacciare. Per lui non si tratta solo di paura, ma del senso di colpa e del riconoscimento di aver assistito a una tragedia dalla quale non poteva intervenire in tempo. Il suo è stato un percorso doloroso, un cambiamento netto che parla più di ogni altra cosa del peso emotivo che quell’incidente ha lasciato, non solo sulle vittime dirette ma anche su chi era al comando di quel treno.

Il riconoscimento legale e la posizione nella causa penale

Per la prima volta da quella notte, il macchinista è stato riconosciuto come parte offesa nell’inchiesta condotta dalla procura di Ivrea. Non si tratta di una condizione comune per un conducente coinvolto in incidenti con vittime sul lavoro, ma in questo caso ha un significato preciso, sia in termini di diritto che di sostanza.

Con il suo avvocato Paolo Rossati ha la possibilità di chiedere risarcimenti per danni materiali e morali. Tra gli imputati ci sono 21 persone fisiche e 3 società, tra cui Rfi, l’azienda ferroviaria che lo impiegava ancora al momento dell’incidente. Questa posizione consente di affermare il peso del suo trauma e dei danni subiti, nonché di partecipare attivamente alle fasi processuali. È un riconoscimento formale che amplia il racconto e completa la versione ufficiale della vicenda.

Figure sotto indagine e accuse

Le responsabilità investigative e il quadro delle omissioni emerso

L’inchiesta della procura di Ivrea, guidata dal procuratore capo Gabriella Viglione e dalle pm Valentina Bossi e Giulia Nicodemi, ha delineato una lunga catena di errori e omissioni che hanno causato la tragedia. In primo piano, tra gli imputati principali, ci sono Antonio Massa e Andrea Girardin Gibin, due addetti alla sicurezza presenti durante l’intervento degli operai.

Le prove raccolte, con tracciati elettronici del convoglio e registrazioni delle comunicazioni, mostrano che non è stata data alcuna informazione agli equipaggi dei treni sulle attività in corso. Nessun via libera era stato concesso per procedere su quel tratto di binario, rendendo chiaro che la gestione della sicurezza non ha rispettato le norme. Questa negligenza ha causato la morte di cinque persone ed ha danneggiato a livello profondo chi era a bordo del convoglio.

L’impatto sulla comunità di brandizzo e le domande ancora aperte

Brandizzo si porta dietro ancora la ferita aperta di quella notte. Due anni dopo, la città affronta la realtà di un incidente che ha mostrato falle nella sicurezza ferroviaria e nella comunicazione. Il semaforo verde che ha consentito il passaggio del treno, l’assenza di preavviso agli operatori, e il mancato rispetto delle procedure hanno generato domande che non trovano ancora risposte complete.

A un anno dalla tragedia, resta il timore che situazioni simili possano ripetersi. L’avvicinarsi dell’avvio del processo penale riaccende i riflettori non solo sulle responsabilità specifiche, ma anche sulla necessità di migliorare i controlli e le misure preventive. Intanto, la storia del macchinista, rimasta in ombra, porta alla luce un altro volto di quel disastro e spinge a guardare oltre le vittime dirette, verso chi ha pagato con la propria vita professionale e personale lo stesso prezzo di quella fatalità.

Ogni elemento della vicenda ribadisce l’esigenza di una rete ferroviaria sicura e attenta, dove ogni anello della catena deve svolgere il proprio compito con precisione. Le istituzioni e le aziende sono chiamate ora a rispondere e a garantire che tragedie come quella di Brandizzo non si ripetano più.

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