Il diabete tipo 1 e la celiachia rappresentano le patologie croniche più diffuse tra i più piccoli in Italia. Per intercettarle presto, la legge 130/2023 ha istituito un programma di screening nazionale unico a livello mondiale. Lo studio pilota, chiamato D1CeScreen, coordinato dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità , ha già prodotto i primi dati. La presentazione è avvenuta oggi nella sede dell’Iss, con la partecipazione di Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera e promotore della norma.
Un progetto pilota tra quattro regioni per testare bambini e famiglie
Il progetto D1CeScreen si è concentrato sulle regioni Campania, Lombardia, Marche e Sardegna. In queste aree sono stati sottoposti a screening 5.363 bambini, distribuiti in tre fasce di età: i 2, 6 e 10 anni. Per arrivare a questo numero, hanno collaborato 429 pediatri di libera scelta, coinvolgendo famiglie disposte a far controllare i propri figli anche senza sintomi evidenti. Questo ha permesso di raccogliere dati reali e aggiornati, con un focus sulla salute dei più giovani.
I test utilizzati per il diabete tipo 1 cercavano la presenza di autoanticorpi specifici, segno precoce della malattia. Per la celiachia, invece, si è eseguito il dosaggio degli anticorpi antitransglutaminasi IgA, riconosciuti come indicatori sicuri della malattia autoimmune. Va però sottolineato che ogni risultato positivo necessita di un approfondimento diagnostico presso centri clinici specializzati, perché i test di screening hanno un margine superiore di falsi positivi rispetto ai normali test di laboratorio.
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I dati raccolti e cosa dicono sulle due patologie
Dall’analisi dei risultati emerge che il 0,97% dei bambini testati è risultato positivo al segnale del diabete tipo 1, una percentuale in linea con gli standard di altri paesi europei. Per la celiachia, invece, la positività si attesta al 2,8%, più alta rispetto alle stime conosciute. Questo potrebbe indicare un possibile aumento della malattia tra i bambini italiani, anche se servirà un campione più ampio e le verifiche diagnostiche a confermare questo trend.
Marco Silano e Umberto Agrimi, responsabili del progetto Iss rispettivamente per il diabete e la celiachia, hanno spiegato che questi dati supportano il valore dello screening precoce. Essi permettono non solo di riconoscere i casi nascosti ma anche di attivare tempestivamente i programmi di monitoraggio e cura. L’obiettivo non è solo fare diagnosi più rapida, ma prevenire le complicanze che queste malattie possono causare nel breve e lungo periodo.
L’efficacia dello screening e il ruolo dei pediatri di famiglia
Lo studio ha evidenziato l’ampia disponibilità di pediatri di famiglia e laboratori clinici nel partecipare a questo programma. Sarà proprio attraverso questa rete capillare che il progetto potrà estendersi in tutta Italia. Lo screening, soprattutto su soggetti che non mostrano sintomi, si è rivelato un metodo efficace per intercettare segni precoci di malattie che spesso vengono scoperte troppo tardi.
Questa strategia sanitaria permette di attivare subito un accompagnamento clinico dedicato, evitando crisi acute e danni irreversibili. Allo stesso tempo, consente di migliorare la qualità della vita delle famiglie coinvolte, riducendo il peso di diagnosi tardive e complicazioni gravi. Il programma prevede che dopo il test iniziale positivo si proceda con follow-up specialistici per confermare o escludere il quadro clinico definitivo.
Una legge italiana senza precedenti per la salute pediatrica
La legge 130/2023 rappresenta un passo in avanti significativo, perché non esistono precedenti a livello internazionale di un screening nazionale diffuso e sistematico contro queste due malattie autoimmuni. La normativa permette di mettere in campo un piano di salute pubblica mirato e ben organizzato. Il coinvolgimento diretto del ministero e dell’Iss riporta l’attenzione sulle patologie croniche infantili, troppo spesso sottovalutate nella fase iniziale.
Grazie a questo approccio, l’Italia si posiziona tra i primi paesi a riconoscere l’importanza di queste diagnosi precoci. Il modello prevede l’inclusione di intere classi di età, un’organizzazione puntuale dei laboratori e una collaborazione intensa con i pediatri. Il monitoraggio dei risultati e la riduzione delle complicanze potrebbero generare effetti positivi su scala nazionale, migliorando i percorsi di cura per migliaia di bambini.