Il debito pubblico italiano ha raggiunto un nuovo picco a marzo 2025, superando quota 3.000 miliardi di euro. I dati diffusi da Bankitalia mostrano una crescita significativa rispetto al mese precedente, segnalando tensioni sulle finanze pubbliche nel periodo più recente.
L’aumento del debito pubblico a marzo 2025
A marzo 2025, il debito pubblico italiano è salito di 9,5 miliardi, arrivando a toccare 3.033,9 miliardi di euro. Questo incremento è stato comunicato formalmente da Banca d’Italia. L’aumento trae origine principalmente dal fabbisogno netto delle amministrazioni pubbliche, che si è attestato a 23,7 miliardi nel mese. Tale fabbisogno rappresenta la somma che il governo ha dovuto reperire tramite emissione di titoli o altre forme di indebitamento per coprire la differenza tra entrate e uscite.
La crescita è particolarmente rilevante perché si colloca in un contesto in cui il Tesoro ha visto diminuire le proprie disponibilità liquide. A marzo, infatti, le riserve di liquidità del ministero dell’Economia sono diminuite di 13,9 miliardi, scendendo a 62,2 miliardi. Questo calo ha avuto un effetto mitigatore sull’aumento complessivo del debito. Va sottolineato che il dato complessivo tiene conto anche di altri elementi, come scarti e premi legati alle emissioni e rimborsi dei titoli di Stato, rivalutazioni di titoli indicizzati all’inflazione e variazioni dei tassi di cambio, che nel mese hanno prodotto un lieve decremento pari a 0,2 miliardi.
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Il ruolo del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche
Il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche misura l’ammontare di risorse di cui lo Stato ha bisogno per coprire le spese che superano le entrate correnti. Nel marzo 2025, questo valore ha raggiunto quota 23,7 miliardi, segnalando un sostanziale squilibrio nelle finanze pubbliche italiane. Tale situazione è influenzata da diverse variabili, tra cui i costi legati a interessi sul debito pregresso, spesa per investimenti pubblici o trasferimenti sociali e la dinamica delle entrate fiscali.
Un fabbisogno così elevato comporta per lo Stato l’obbligo di reperire fondi principalmente tramite emissione di titoli pubblici. Questi strumenti vengono collocati sia sul mercato nazionale che internazionale, alimentando il volume complessivo del debito pubblico. L’andamento del fabbisogno riflette anche la gestione delle politiche fiscali pubbliche, che nel periodo preso in esame non ha compensato efficacemente le uscite.
Disponibilità liquide del tesoro e altri fattori influenti
Le riserve liquide del Tesoro, che includono fondi pronti all’uso per far fronte a spese e debiti, hanno registrato una flessione significativa a marzo 2025. Una riduzione di 13,9 miliardi è importante perché riduce la capacità dello Stato di finanziare le uscite senza aumentare il debito. In pratica, si utilizzano risorse già accantonate, ed esaurirle costringe a fare più ricorso a nuove emissioni di titoli.
Oltre a questo, nel bilancio mensile si considerano elementi tecnici come gli scarti tra prezzo di emissione e valore nominale dei titoli di Stato , la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione che adeguano il loro valore al tasso inflazionistico e la variazione dei cambi. Nel marzo 2025, queste componenti hanno contribuito con un piccolo effetto negativo di 0,2 miliardi, quindi lievemente riducendo il conto finale del debito.
La movimentazione di tutte queste voci dimostra la complessità delle dinamiche che influenzano il debito pubblico oltre al solo fabbisogno. Gestirle è fondamentale per il Tesoro e Bankitalia, in vista di stabilizzare la posizione finanziaria dello Stato.