Il centro di permanenza per i rimpatri di Gjader, in Albania, è stato attivo per un periodo estremamente limitato nel 2024, suscitando critiche e accuse di spreco da parte di diverse organizzazioni. La struttura è nata da un accordo con l’Italia ma ha mostrato un funzionamento discontinuo e costi elevati rispetto ai risultati ottenuti. Questa situazione è stata al centro di un’analisi condotta da ActionAid insieme all’Università di Bari, che ha dissotterrato numeri e dettagli sui tempi di attività e sulle spese legate al centro albanese.
Funzionamento limitato e costi elevati nella gestione del cpr di gjader
Il centro di Gjader ha operato per soli cinque giorni nel corso dell’anno 2024, un periodo di tempo molto breve che rende difficile giustificare le spese sostenute. ActionAid ha riportato che la Prefettura di Roma ha versato all’ente gestore Medihospes un totale di 570 mila euro per questa fase operativa. La media giornaliera, dunque, supera i 114 mila euro al giorno per tenere al centro una ventina di persone. Dopo il periodo di attività, le persone trattenute sono state liberate in poche ore, segnalando una gestione quasi simbolica del luogo.
L’ente ActionAid ha descritto questa esperienza come un “strumento più costoso, inumano e inutile nella storia delle politiche migratorie italiane”. Il dato sul costo giornaliero appare sproporzionato considerato il numero di ospiti e il tempo di attività. Inoltre, questa operazione ha richiesto l’impiego di forze dell’ordine italiane per la sicurezza e i servizi, con una spesa per ospitalità e ristorazione del personale di polizia pari a 528 mila euro in cinque giorni.
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Spese per l’allestimento e costruzione del centro: numeri e paragoni con l’italia
A fine marzo 2025, il centro di Gjader mostrava una capacità teorica di circa 400 posti, anche se non tutti utilizzabili contemporaneamente. Per la realizzazione della struttura e dei servizi connessi, inclusa un’area non destinata all’alloggio a Shengjin, sono stati firmati contratti per un totale di 74,2 milioni di euro, prevalentemente affidati con procedure dirette.
ActionAid e l’Università di Bari hanno sottolineato che il costo unitario per ogni posto effettivo al centro ammonta a oltre 153 mila euro. Questo valore risulta particolarmente evidente se confrontato con l’allestimento di centri analoghi in Italia. Per esempio, il Ctra di Porto Empedocle, inaugurato nel 2024, ha richiesto un investimento di circa 1 milione di euro per disporre di 50 posti disponibili. Il prezzo per singolo posto in Italia si assesta quindi attorno ai 21 mila euro, nettamente inferiore rispetto a quello sostenuto in Albania.
Queste differenze di costo indicano una spesa sproporzionata nel caso albanese, che solleva interrogativi sull’efficacia dell’investimento e sulla sostenibilità del modello basato sui centri esteri per la gestione della migrazione.
Ruolo e costi delle forze dell’ordine italiane impiegate in territorio albanese
Le forze dell’ordine italiane hanno avuto un ruolo attivo nei giorni in cui il centro di Gjader è rimasto operativo, occupandosi della sicurezza e delle procedure di trattenimento. Questo impegno ha comportato oneri rilevanti, soprattutto per vitto e alloggio del personale al di fuori dei confini nazionali.
ActionAid ha evidenziato come solo per la parte di ospitalità e ristorazione del personale di polizia siano stati spesi 528 mila euro nel 2024. Si tratta di un costo che si aggiunge alle spese per il funzionamento del centro e alle spese per la costruzione e manutenzione della struttura.
La presenza e l’operato delle forze dell’ordine in Albania sono un aspetto critico che influisce significativamente sul bilancio complessivo delle attività legate al cpr di Gjader. L’investimento finanziario richiesto per il personale italiano mette in luce l’aspetto complesso e costoso di un sistema che si basa su strutture fuori dal territorio italiano per gestire le persone destinate al rimpatrio.
Costi elevati e gestione poco efficace, secondo actionaid e università di bari
Gli elementi raccolti da ActionAid e università di Bari disegnano uno scenario di costi elevati per un centro durato poco, che non ha raggiunto risultati tangibili nella gestione migratoria. Un caso che continua a interrogarle sulle scelte politiche e gestionali legate alla migrazione nell’area mediterranea.