Il cambiamento climatico sta influenzando radicalmente i processi naturali che sostengono gli ecosistemi marini. Nel Mediterraneo, uno dei fenomeni più colpiti è l’upwelling, quel meccanismo che porta in superficie acque profonde, fredde e ricche di nutrienti, essenziali per la flora e fauna marina. Il calo di questo processo compromette la presenza di molte specie, con conseguenze dirette sulla biodiversità e sull’attività di pesca che coinvolge molte comunità costiere. Tra i territori più a rischio emergono aree sensibili come lo Stretto di Messina e il Canale di Sicilia che già segnalano segnali di stress ambientale e biologico.
Riduzione dell’upwelling e conseguenze nel mediterraneo
L’upwelling è un movimento verticale delle acque che risale dagli abissi portando nutrienti fondamentali alla superficie. Nel Mediterraneo, questo processo alimenta interi sistemi biologici marini, svolgendo un ruolo cruciale nel mantenimento della produttività primaria. Studi recenti indicano un calo atteso del 20% di questo movimento entro il 2050, dovuto al surriscaldamento degli oceani e alle modifiche nelle correnti marine. La minore risalita d’acqua impedisce la rifertilizzazione delle zone superficiali, riducendo la disponibilità di alimento per piccole specie planctoniche e pesci.
La carenza di nutrienti si riflette sulla catena alimentare, con specie chiave che si spostano verso aree più favorevoli o diminuiscono drasticamente. L’alterazione provoca diminuzioni nelle popolazioni marine autoctone, influenzando pescatori locali e attività economiche legate al mare. Il declino sistematico dell’upwelling compromette ecosistemi fondamentali e aumenta la vulnerabilità alle ondate di caldo e altre perturbazioni ambientali.
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Situazioni critiche nello stretto di messina e nel canale di sicilia
Lo Stretto di Messina rappresenta uno degli hotspot soggetti ai maggiori cambiamenti. Le correnti tipiche di questa zona alimentano da sempre le risorse marine. Da qualche anno, però, si osserva un calo significativo nel fenomeno dell’upwelling, accompagnato da variazioni nella presenza e abbondanza delle specie tradizionali. Le acciughe, per esempio, sono costrette a migrare verso luoghi con condizioni più favorevoli, mentre i ricci di mare hanno subito una riduzione sensibile.
Situazioni analoghe si registrano nel Canale di Sicilia, un altro crocevia di biodiversità e pesca locale. La diminuzione di nutrienti favorisce specie invasive o alterate, a scapito di quelle autoctone. Le cooperative di pescatori avvertono un aumento delle difficoltà nel lavoro e per la conservazione degli ecosistemi marini. Questi cambiamenti vanno a incidere anche sull’equilibrio socio-economico delle comunità costiere, fortemente dipendenti dalla pesca tradizionale.
Variazioni nei mari al di fuori del mediterraneo: il caso della manica
I fenomeni legati al cambiamento climatico non riguardano solo il Mediterraneo, ma coinvolgono anche aree marine differenti come la Manica, dove si registrano effetti insoliti. I pescatori locali hanno segnalato un aumento record nel numero di polpi catturati negli ultimi anni. Questo fenomeno è legato all’aumento delle temperature marine, che modifica le abitudini e i cicli riproduttivi di molte specie.
Questa situazione, pur rappresentando un’occasione per alcuni pescatori, provoca però squilibri nell’ecosistema. La proliferazione di specie come il polpo può alterare la disponibilità di prede e predatori, cambiando il tessuto ecologico della zona. Se è vero che alcune specie sembrano trarre vantaggio dal riscaldamento globale, lo stesso non si può dire per molte altre, segnate da cali drastici o spostamenti verso aree più fredde.
Impatti ecologici e sociali delle modifiche marine in atto
Gli effetti del cambiamento climatico sulla risalita delle acque profonde rappresentano una minaccia concreta per la vita marina e per chi vive di pesca. La perdita di specie autoctone, la migrazione forzata e la comparsa di nuove specie modificano regolarmente le dinamiche ambientali. Le comunità di pescatori si trovano ad affrontare sfide crescenti, con rese inferiori e necessità di adattare metodi e aree di pesca.
Le trasformazioni ecologiche si riflettono sui consumi e sulle economie locali. Le cooperative, come Confcooperative Fedagripesca, hanno lanciato segnali chiari sulle criticità in scenari molto frequentati dal punto di vista della pesca e della biodiversità, invitando a soluzioni di tutela mirate. Il calo dell’upwelling, oltre all’emergenza biologica, spinge a governare con attenzione le risorse marine, preservando il fragile equilibrio della costa e del mare Mediterraneo, così come di altre aree marine nel mondo.