I dati più recenti raccolti dai centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna restituiscono un quadro preoccupante sulla condizione femminile. Nel 2024, oltre un terzo delle donne che si sono rivolte a queste strutture ha denunciato anche forme di violenza economica. Le riflessioni emerse durante il convegno “Il coraggio di contare?”, dedicato a questo tema, mettono in luce la stretta relazione tra la dipendenza economica e la difficoltà di uscire da situazioni di abuso.
Violenza economica: un dato allarmante per le donne in emilia-romagna
Secondo quanto riportato dall’assessora alla cultura Gessica Allegni durante il convegno sul tema, 1.307 donne che hanno cercato aiuto nei centri antiviolenza della regione hanno subito forme di violenza economica. Questo rappresenta circa il 37% del totale delle donne accolte nel 2024. La violenza economica si manifesta nel controllo o nella limitazione delle risorse finanziarie necessarie alla sopravvivenza e all’autonomia delle vittime.
La situazione si aggrava quando si osservano le condizioni di reddito delle donne in difficoltà. Solo il 32,9% ha un reddito sufficiente a mantenersi. Quasi il 40% guadagna meno di quanto servirebbe per vivere dignitosamente, mentre il 28,4% non ha un lavoro e fa affidamento ad altre forme di sostentamento o di aiuto. Questi dati evidenziano quanto la precarietà economica renda ancora più vulnerabili le donne vittime di violenza.
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Gli ostacoli al lavoro e le forme di controllo economico
Tra le donne che dispongono di un reddito adeguato a sopravvivere, emerge un altro dato significativo: il 17,7% ha subito sabotaggi da parte di mariti o compagni nella ricerca o nel mantenimento del lavoro. Questi ostacoli operano come strumenti di controllo e limitano le possibilità di indipendenza delle vittime.
Inoltre, più della metà delle donne con un reddito sufficiente è stata costretta a prendersi carico di debiti o impegni economici che non erano propri. Questa situazione si traduce in un peso finanziario aggiuntivo che rende più difficile interrompere i legami con l’aguzzino. La violenza economica non si manifesta solo nel sottrarre denaro, ma anche nel caricare la vittima di responsabilità economiche e burocratiche ingiustificabili.
Il confronto sulle cause e le possibili risposte
Durante il convegno sono intervenute esperte di vari ambiti. Tra queste, Linda Laura Sabbadini, direttrice del dipartimento metodi e nuove tecnologie Istat, ha portato dati e analisi precise sulle forme di discriminazione legate al lavoro femminile. Giovanna Badalassi, economista e ricercatrice di ladynomics, ha sottolineato come la disparità di genere sul mercato del lavoro alimenti queste situazioni.
Marcella Pirrone, attiva nel gruppo internazionale D.i.Re e ex presidente di Wave, rete europea contro la violenza, ha messo in rilievo l’importanza di coordinare azioni a livello regionale, nazionale ed europeo per proteggere le donne dal punto di vista economico e legale. Il tema dell’indipendenza economica si è rivelato centrale per tutti i relatori presenti.
Lavoro e indipendenza: la posizione della Cgil emilia-romagna
Isabella Pavolucci, segretaria regionale della Cgil Emilia-Romagna, ha focalizzato l’attenzione sulle condizioni dell’occupazione femminile. Ha criticato il ricorso frequente al part-time, che in molti casi non è una scelta volontaria ma un vincolo imposto da difficoltà di conciliazione famiglia-lavoro.
Secondo Pavolucci, l’orario di lavoro va organizzato in modo da permettere alle donne di mantenere un lavoro a tempo pieno senza sacrificare i loro obblighi familiari. Ha esortato a partecipare ai referendum sul lavoro tenuti l’8 e 9 giugno, dove si discutono aspetti fondamentali per tutelare i diritti dei lavoratori, e di conseguenza anche la libertà economica delle donne.
La richiesta di maggiore impegno e sensibilizzazione
La chiusura del convegno è stata affidata a Laica Montanari, presidente del coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna. Ha riconosciuto l’impegno della regione sulla questione, definendolo superiore alla media, ma ha sottolineato che non basta.
Montanari ha chiesto di moltiplicare l’attenzione pubblica attraverso campagne, interventi nelle scuole e più dialogo su questo argomento. Solo con un lavoro costante e diffuso si può sperare di ridurre la violenza economica e di migliorare le condizioni di vita delle donne più esposte a questi abusi.