La presenza dei camici bianchi cubani nella sanità calabrese continua a suscitare attenzione. L’intesa tra la regione Calabria e la società cubana Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos ha permesso di colmare carenze nelle strutture sanitarie, ma permangono questioni relative ai contratti e ai compensi. Dal primo ingaggio fino al rinnovo dell’accordo nel 2025, la situazione evidenzia aspetti poco chiari sulla gestione economica e contrattuale dei medici.
L’avvio del reclutamento con l’accordo tra calabria e società cubana
Il primo ingaggio dei medici cubani in Calabria è avvenuto nel 2023 tramite un’intesa firmata tra la regione e la Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos, una società con sede a Catanzaro che agiva come intermediaria. Il contratto stabiliva per ogni medico un budget mensile di 4.700 euro. La struttura prevedeva un anticipo di 1.200 euro come rimborso forfettario per ogni specialista, oltre a copertura delle spese per alloggio e viaggio. I rimanenti 3.500 euro venivano girati direttamente alla società cubana che gestiva le risorse.
Nel corso di quell’anno, la necessità di chiarezza nei rapporti è stata segnalata anche al consolato americano tramite il ministero della Salute, soprattutto per capire come fossero regolati i pagamenti e la tutela dei lavoratori. In questo primo periodo la figura dell’agenzia cubana era centrale, con tutta la gestione dei compensi attraverso la società commerciale.
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Le modifiche al contratto e le condizioni economiche dei medici
Successivamente, l’accordo è stato aggiornato con la possibilità di assunzioni dirette da parte delle aziende sanitarie calabresi, a tempo determinato e secondo le normative italiane. Tuttavia, un’inchiesta pubblicata da Cubanet, con una documentazione interna al seguito, ha messo in luce una realtà diversa da quella ufficiale. Risulterebbe infatti che i medici cubani devono sottostare a un secondo contratto con l’agenzia di reclutamento di Cuba, che assegna un’indennità pari al 22% del compenso erogato dalla regione.
Secondo il reportage della giornalista annarel grimal, ognuno dei professionisti percepisce soltanto una frazione effettiva dello stipendio previsto. Su una paga oraria di base di 34,50 euro pagata dall’Italia, il medico riceverebbe direttamente poco più di 6 euro. A questo si aggiunge il fatto che la retribuzione copre solo metà delle ore di straordinario e solo metà della tredicesima mensilità, riducendo ulteriormente il reddito effettivo. Questi dati hanno acceso un dibattito sulle condizioni contrattuali che sembrano penalizzare fortemente i medici cubani.
Le richieste di chiarimenti da parte della politica calabrese
La questione è finita presto sotto la lente delle istituzioni regionali. Ernesto alecci, consigliere regionale del Partito democratico, ha presentato un’interrogazione scritta al presidente della regione, Roberto occhiuto, chiedendo di fare chiarezza sul progetto di collaborazione sanitaria con i medici cubani. Alecci vuole sapere quanti sono i camici bianchi ancora in servizio, quanti hanno abbandonato, e quali controlli vengono effettuati per valutare come si stanno svolgendo i lavori.
Anche mimmo tallini, ex presidente del consiglio regionale e politico di centrodestra, ha sollevato perplessità riguardo ai compensi, alla dignità dei lavoratori e alle tutele previste. Tallini ha espresso dubbi anche sulla gestione dei dati sensibili relativi alle prestazioni mediche e ai servizi resi dagli specialisti. Il confronto in seno alla politica regionale evidenzia un clima di incertezza sulla trasparenza e l’effettiva tutela offerta ai medici cubani.
Il rinnovo dell’accordo fino al 2027 e le prospettive future
Nonostante le criticità, il rapporto con la Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos è stato rinnovato fino al 2027. Il decreto firmato dal presidente occhiuto riconosce che i medici cubani hanno svolto una funzione importante nel compensare la carenza di personale negli ospedali calabresi. Viene sottolineato anche il valore dello scambio professionale e scientifico avviato, con il quale si punta a migliorare le prestazioni sanitarie.
La proroga di due anni è considerata necessaria in attesa che venga avviata una riforma più profonda del sistema sanitario regionale. Sarà cruciale monitorare il rispetto delle condizioni contrattuali e la gestione economica, per evitare ulteriori controversie. Lo sviluppo di un modello stabile e trasparente potrebbe rappresentare un passo decisivo per integrare in modo efficace i professionisti stranieri nelle strutture locali.