I dazi usa-europa rischiano di pesare sull’italia con 14-15 miliardi di perdite l’anno, pari al costo del ponte sullo stretto

I dazi usa-europa rischiano di pesare sull’italia con 14-15 miliardi di perdite l’anno, pari al costo del ponte sullo stretto

Le nuove tariffe doganali tra Stati Uniti e Europa dal 7 agosto 2025 rischiano di ridurre le esportazioni italiane fino a 15 miliardi di euro all’anno, con impatti su produzione, occupazione e strategie industriali.
I Dazi Usa Europa Rischiano Di I Dazi Usa Europa Rischiano Di
Le nuove tariffe doganali USA-UE, attive da agosto 2025, rischiano di ridurre le esportazioni italiane fino a 15 miliardi di euro l'anno, con impatti su imprese, occupazione e strategie produttive, mentre resta incerta la lista dei prodotti esentati. - Gaeta.it

Le nuove tariffe doganali tra Stati Uniti ed Europa, previste per agosto 2025, mettono in difficoltà le esportazioni italiane. Secondo l’Ufficio studi della Cgia, l’impatto economico diretto e indiretto potrebbe raggiungere ogni anno tra i 14 e i 15 miliardi di euro, un peso comparabile al budget previsto per il ponte sullo stretto di Messina. L’analisi è in attesa dell’ufficializzazione della lista dei prodotti che resteranno esentati dai dazi.

L’entità del danno economico per l’italia causato dai nuovi dazi

L’aumento dei dazi al 15% sulle merci in entrata tra Usa e Unione Europea, che sarà operativo dal 7 agosto 2025, rischia di compromettere fortemente alcune produzioni italiane. L’Ufficio studi della Cgia ha stimato un impatto complessivo di circa 14-15 miliardi di euro ogni anno in termini di fatturato perso o potenzialmente svalutato. Questo dato considera sia le esportazioni dirette penalizzate dalle tariffe più alte, sia gli effetti a catena sulle imprese esportatrici.

Dettaglio dell’impatto economico

Nel dettaglio, la stima comprende il calo nei volumi commerciali verso gli Stati Uniti, il ridimensionamento dei margini per chi riuscirà a rimanere sul mercato Usa pagando le nuove tariffe, oltre ai costi sociali legati ai lavoratori italiani che perderanno il loro posto. Vi si sommano anche i rischi di delocalizzazione di parte della produzione negli Stati Uniti per evitare le barriere doganali. A questo quadro, si aggiunge la svalutazione del dollaro sull’euro, che intensifica ulteriormente le difficoltà delle imprese esportatrici italiane.

Il confronto con il costo del ponte sullo stretto evidenzia la portata concreta del problema. Se infatti il progetto infrastrutturale nell’area dello stretto di Messina prevede una spesa simile, l’emorragia di ricchezza daziaria rischia di pesare parimenti sul bilancio nazionale già da subito.

L’impatto sui prodotti made in italy destinati al mercato statunitense

Gli Stati Uniti rappresentano uno sbocco importante per le esportazioni italiane, anche se i nuovi dazi ne riducono l’attrattiva per i nostri prodotti. Nel 2024 le vendite italiane verso quel mercato sono calate del 3,6% rispetto all’anno precedente, con un valore monetario inferiore di 2,4 miliardi. Nonostante la contrazione, il settore rimane strategico: il valore totale delle esportazioni nel 2023 ha superato i 64 miliardi di euro.

Secondo Banca d’Italia, quasi tre quarti di questi flussi riguardano prodotti di alta o media qualità, che il mercato Usa apprezza particolarmente. Nel dettaglio, il 43% sono beni di fascia alta mentre il 49% appartiene a quella media. Questo orientamento conferma che la maggior parte delle merci italiane esportate negli Stati Uniti si rivolge a consumatori con capacità di spesa elevata o aziende in settori specifici.

Resistenza del made in italy alle nuove tariffe

Per l’Ufficio studi della Cgia, questo dato aiuta a spiegare perché il Made in Italy possa resistere alle nuove tariffe. I clienti finali con redditi robusti potrebbero sopportare un aumento di prezzo senza rinunciare all’acquisto. Ciò non esclude una riduzione nei margini di guadagno delle imprese italiane, che potrebbero compensare parte del calo delle vendite accettando margini più stretti piuttosto che perdere completamente il mercato statunitense.

Le strategie industriali e sociali per affrontare il contraccolpo dei dazi

L’arrivo dei dazi non comporta solo una questione commerciale ma ha effetti anche sul tessuto produttivo e occupazionale italiano. Le imprese potrebbero trovarsi costrette a rivedere le loro strategie industriali per limitare il danno. Una delle possibili risposte è la delocalizzazione parziale delle produzioni negli Usa. Questa soluzione permette di aggirare le tariffe ma implica spostamenti di risorse e capacità produttiva fuori dai confini nazionali.

A ciò si aggiungono le difficoltà occupazionali. Gli eventuali cali di fatturato e la contrazione dei margini potrebbero portare a riduzioni di organico nelle imprese esportatrici, con conseguente aumento della spesa pubblica destinata a sostegni o ammortizzatori sociali per i lavoratori coinvolti. Il rischio che si determini un effetto domino negativo sull’economia italiana è concreto, specie in settori specifici dove la dipendenza dal mercato Usa è più marcata.

Fiducia e incertezza in vista delle esenzioni dai dazi

Nonostante questi elementi, la Cgia mostra una certa fiducia nel mantenere una quota significativa di export verso gli Stati Uniti. Le caratteristiche qualitative delle nostre esportazioni e la capacità di adeguare i prezzi potrebbero evitare la perdita totale di quote di mercato. Resta da vedere, però, come evolveranno le esenzioni dai dazi che saranno ufficializzate ufficialmente prima di agosto 2025. L’attenzione rimane alta in vista di sviluppi a breve termine.

Change privacy settings
×