L’amministrazione degli Stati Uniti ha annunciato un possibile aumento dei dazi sulle merci europee fino al 30% a partire da agosto 2025. Questo passo ha riacceso tensioni commerciali con l’Unione europea, impegnata a contenere il rischio di contromisure. L’attenzione si concentra soprattutto sulle ripercussioni per l’export italiano, considerato fra i più colpiti dalla stretta economica americana.
Dal rialzo dei dazi alle tensioni commerciali tra stati uniti e ue
Gli Stati Uniti, sotto la presidenza di Donald Trump, hanno cominciato un giro di vite tariffaria che ha visto l’aliquota media passare dal 2,3% ad aprile 2021 all’8,8% nel 2025 su importazioni globali. L’Unione europea, che ha subito l’aumento dal 1,3% al 6,7%, si trova ora ad affrontare nuove minacce di balzelli fino al 30%. Il presidente Trump ha fissato agosto come termine ultimo per le trattative, aprendo alla possibilità di ridurre la percentuale richiesta in caso di accordi.
Nel contesto europeo, l’Italia rientra tra i paesi maggiormente penalizzati, con dazi medi già al 8%, a fronte dell’11% della Germania e del 6,4% della Francia. Un elemento che aggrava la situazione è la svalutazione del dollaro rispetto all’euro, sceso del 13% dall’inizio del secondo mandato Trump, che ha reso più costose le esportazioni europee verso gli Usa. Questo fenomeno, definito come un “dazio implicito”, ha provocato una perdita cumulata di valore per gli esportatori italiani fino al 21% rispetto al periodo antecedente.
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Commento di giancarlo giorgetti
Il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, ha commentato che “è indispensabile raggiungere un compromesso ragionevole per evitare danni irreparabili all’economia nazionale.” Ha indicato come una soglia accettabile un dazio del 10%, oltre la quale le conseguenze diventerebbero insostenibili per le imprese esportatrici.
Rischi per le imprese italiane secondo il rapporto ice
L’ultimo report dell’agenzia Ice evidenzia che il bilancio commerciale italiano ha registrato un miglioramento significativo nel 2024, con un avanzo che è cresciuto da 34 a 55 miliardi di euro. Questo dato è stato favorito dalla riduzione del deficit nei prodotti dell’industria estrattiva, dovuta al calo dei prezzi e dei volumi importati.
Nonostante i progressi, la prospettiva di nuovi dazi agita il mercato. Ice segnala che oltre 6.000 imprese italiane, con circa 140.000 addetti, risultano direttamente esposte a rischi elevati. La composizione di questo gruppo è caratterizzata da numerose aziende di piccole dimensioni e con una gestione domestica, mentre le multinazionali, specialmente quelle straniere presenti in Italia, appaiono meno colpite.
Settori più vulnerabili
I settori più vulnerabili comprendono bevande, prodotti metallici, farmaceutici, mobili, commercio al dettaglio e mezzi di trasporto esclusi gli autoveicoli. Il valore delle esportazioni verso gli Stati Uniti provenienti da queste imprese supera gli 11 miliardi di euro. La combinazione della pressione tariffaria e della fluttuazione valutaria in corso rende lo scenario particolarmente complesso per la sopravvivenza e la crescita di queste imprese.
Le stime di confindustria sull’impatto economico per l’italia
Alessandro Fontana, direttore del centro studi di Confindustria, ha stimato l’effetto di un possibile dazio al 30% sulle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti. Secondo i suoi calcoli, l’export potrebbe ridursi fino a 38 miliardi di euro, quasi il 60% del valore attuale che si aggira intorno ai 65 miliardi.
Il deprezzamento del dollaro ha già reso le merci italiane sul mercato americano circa il 23% più costose rispetto al 2023, portando a una perdita stimata di 20 miliardi di euro di esportazioni. L’incremento tariffario aggraverebbe ulteriormente questa dinamica, colpendo in modo particolare le regioni italiane con maggiore produzione manifatturiera come Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana.
Impatto sul settore manifatturiero
Il settore manifatturiero rappresenta il 99% delle esportazioni a rischio, con l’industria meccanica particolarmente esposta ai dazi americani. La possibile contrazione delle vendite oltreoceano crea quindi un clima di forte incertezza per le aziende italiane che hanno da tempo sviluppato rapporti commerciali con il mercato statunitense.
La fase di contrattazione continua senza segnali chiari di una soluzione imminente. Le prossime settimane saranno decisive per capire se si riuscirà a evitare l’imposizione del dazio massimo, o se le esportazioni italiane dovranno affrontare un sostanziale cambio di scenario.