Il tema del fine vita continua a stimolare riflessioni profonde e accese discussioni in Italia, soprattutto dopo la recente presa di posizione della Suprema Corte di Cassazione. Al centro delle conversazioni resta il rispetto per la dignità dell’individuo e la complessità del rapporto tra medico, paziente e famiglia, questioni che coinvolgono non solo aspetti legali ma anche morali e culturali. Giuseppe Fioroni, ex ministro e vicepresidente della Fondazione Policlinico Gemelli, ha offerto un contributo importante con un editoriale su ‘Il Domani d’Italia’, sottolineando la necessità di un approccio umano e rispettoso sul tema.
Un approccio sensibile alla singolarità di ogni persona
Fioroni richiama subito l’attenzione su un principio imprescindibile: ogni persona rappresenta un universo unico e irripetibile. Questa verità esige una riflessione attenta quando si parla di fine vita. Secondo l’ex ministro, il rischio maggiore è che la legge, nel tentativo di regolare ogni dettaglio, perda di vista questa unicità. Una normativa troppo rigida e dettagliata rischia di diventare un insieme di regole fredde, incapaci di accogliere la complessità e la specificità di ogni situazione.
Cautela morale e rispetto della profondità dell’esperienza
L’autore avverte che in ogni caso è fondamentale mantenere una cautela morale, evitando di ridurre le persone a semplici oggetti di legge. Ogni esperienza legata alla sofferenza, alla fragilità e al momento finale della vita richiede sensibilità e attenzione particolare. Solo così si può garantire un confronto vero e rispettoso, che non snaturi la profondità del vissuto di chi si trova ad affrontare un percorso tanto delicato.
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Il rapporto tra medico, paziente e famiglia nella cura al termine della vita
Un altro punto centrale evidenziato da Fioroni riguarda la relazione di cura. Per lui, il legame tra medico, paziente e famiglia deve rimanere saldo e non indebolito da norme che rischiano di appiattire la complessità della malattia e della persona. Occuparsi del malato significa considerare non solo i sintomi o le diagnosi, ma anche le sfumature emotive, psicologiche e sociali che accompagnano ogni storia.
Fioroni fa notare come la distinzione tra eutanasia e accanimento terapeutico meriti di essere preservata con chiarezza. Il pericolo, se la legge confonde questi termini, è che la pratica medica si riduca a un’adesione formale a procedure, supervisionate dai comitati etici. Questo scenario potrebbe compromettere la libertà di scelta e il rispetto del paziente, lasciando al margine il vero senso della cura: accompagnare con umanità e rispetto.
Il rischio di un indebolimento dei valori nella società e la tutela della vita
Nel discorso di Fioroni emerge anche una dimensione più ampia, che riguarda la visione della società stessa. Quando si apre una breccia nel rispetto assoluto della vita, si mette in discussione un valore fondante di convivenza civile. Per lui, non è solo una questione giuridica ma anche culturale, in cui si confrontano due modi di pensare il futuro della collettività.
Il vicepresidente della Fondazione Policlinico Gemelli dice che questa apertura al “ddl transumanesimo” rischia di offuscare valori che uniscono credenti e non credenti, come la solidarietà e il rispetto reciproco. In questo senso, la legislazione deve guardare oltre la mera regolamentazione tecnica e mantenere un’attenzione profonda alla qualità delle relazioni umane, soprattutto nei momenti di grande fragilità.
Carenze nell’accesso alle cure palliative e necessità di interventi concreti
Tra le preoccupazioni più urgenti indicate da Fioroni c’è la situazione delle cure palliative in Italia. Nonostante i progressi, ancora oggi si registrano carenze evidenti nella disponibilità di farmaci e tecniche adeguate. Non è solo una questione di mancanza di risorse materiali ma anche di un ritardo nell’organizzazione delle cure destinate a chi vive la fase finale della vita.
L’ex ministro invita a considerare questa situazione come uno scandalo, perché l’accesso universale alle cure palliative è un diritto che dovrebbe essere garantito senza ostacoli. Dalla sua esperienza deriva la richiesta di sforzi concreti per reperire le risorse necessarie e assicurare a tutti un sollievo dignitoso dalla sofferenza. Questo aspetto rappresenta una sfida aperta per la sanità pubblica e per la sua capacità di rispondere in modo umano a bisogni fondamentali.
Verso una nuova visione culturale e sanitaria nel trattamento del fine vita
Fioroni chiama a un cambiamento profondo nel modo di accompagnare la fine della vita. Più che cercare una “via di fuga” dalla questione attraverso leggi rigide o soluzioni che escludono il servizio sanitario pubblico, serve un impegno a offrire dignità, vicinanza e cure in grado di alleviare il dolore.
Questa prospettiva, concreta e radicata nel quotidiano, mette al centro l’amore e l’umanità che devono caratterizzare ogni intervento medico e sociale verso chi soffre. In tal modo, la gestione del fine vita diventa uno spazio di vera attenzione all’esistenza, ricco di rispetto e compassione, senza rinunciare a una cura attenta e personalizzata.