Il festival di Cannes 2025 si apre il 13 maggio con grandi attese e tensioni già alle porte. La 78ª edizione vedrà la consegna della palma d’oro onoraria a Robert De Niro, figura centrale e critica verso le politiche di Donald Trump. Il tema del protezionismo americano sta scuotendo il mercato internazionale del cinema, e l’impatto si farà sentire nel cuore della kermesse francese. La partita tra cinema globale, artisti e pressioni economiche si gioca a pochi giorni dall’inizio.
La palma d’oro a robert de niro: un riconoscimento tra arte e politica
Robert De Niro sarà al centro della serata d’apertura del festival di Cannes. L’attore capace di segnare la storia del cinema mondiale riceverà la palma d’oro onoraria. Da tempo noto non solo per i suoi ruoli iconici ma anche per le sue posizioni critiche verso Donald Trump, De Niro rappresenta un simbolo che travalica il semplice premio artistico. Già nel passato, l’attore non aveva risparmiato parole dure per l’ex presidente degli Stati Uniti, definito nel passato “male assoluto”.
Un festival che riflette il clima politico attuale
Il festival, presieduto quest’anno da Juliette Binoche, sceglie di valorizzare figure che hanno lasciato un segno profondo nel cinema mentre riflette sulle brutte intemperie politiche che impattano sul settore. Thierry Frémaux, delegato generale della manifestazione, ha sottolineato che “non è il festival a farsi portavoce di posizioni politiche ma gli artisti rappresentano la parte viva di tali conflitti”. La presenza di un attore dal profilo così impegnato come De Niro rende evidente come cinema e politica siano inevitabilmente intrecciati soprattutto in questa fase storica.
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L’impatto dei dazi di trump sul mercato internazionale del cinema
Il 5 maggio scorso l’amministrazione americana ha annunciato l’introduzione di dazi del 100% sulle pellicole prodotte all’estero che entrano negli Stati Uniti. Questa decisione ha agitato il mercato globale del cinema proprio a pochi giorni dall’apertura del Marché du film di Cannes, il più grande mercato cinematografico mondiale.
Per decenni le produzioni hanno scelto di girare i film dove conveniva maggiormente, spesso fuori dagli Stati Uniti, avvalendosi di finanziamenti internazionali e di istituti locali come le film commission. Questa pluralità di partner e contesti ha reso il processo di produzione una complessa rete transnazionale, ormai difficile da disfare.
Conseguenze economiche e culturali
L’imposizione dei dazi ha l’effetto di complicare i progetti e innalzare i costi di realizzazione, con un potenziale aumento dei prezzi dei biglietti che potrebbe allontanare gli spettatori. I registi e produttori temono un effetto boomerang sul pubblico e sulle coproduzioni, pilastri imprescindibili di un cinema che vive di scambi internazionali. La notizia ha provocato una reazione diffusa che arriva anche da dentro gli Stati Uniti, come nel caso della California, i cui rappresentanti hanno espresso l’intenzione di resistere a questi tentativi protezionistici.
La reazione della california e il nodo del credito d’imposta
Il governatore della California, Gavin Newsom, ha criticato duramente le nuove misure americane che colpiscono Hollywood. In un messaggio ufficiale ha ribadito che lo stato è impegnato nella crescita di rapporti stabili e solidi con il cinema internazionale. Newsom ha chiesto che anziché aumentare dazi, il governo federale dedichi risorse per un credito d’imposta di 7,5 miliardi di dollari a sostegno delle produzioni cinematografiche.
Questa richiesta nasce dalla volontà di mantenere la competitività di Hollywood nel mondo senza rimetterci in termini di costi e opportunità di lavoro. Proteggere le produzioni nazionali con incentivi fiscali è una strada già praticata da tempo, presente anche in Europa e in Italia, dove le film commission aiutano a creare poli produttivi.
Incentivi fiscali come chiave di competitività
Il credito d’imposta potrebbe compensare l’impatto economico negativo e fermare una possibile fuga delle produzioni verso altri paesi. La posizione californiana è sostenuta da numerosi addetti ai lavori consapevoli che un cambio drastico nelle regole rischierebbe di spezzare una rete di partnership globale fondamentale per la realizzazione dei film.
Le dinamiche protezionistiche e le tensioni culturali oltre oceano
Il protezionismo nel cinema non nasce con Trump. Molti paesi, compresa la Francia, applicano regole rigide per tutelare le proprie produzioni. Cannes, ad esempio, non ammette film di piattaforme digitali senza uscita nei cinema francesi. Questo sistema punta a preservare la “eccezione culturale”, una strategia per non perdere l’identità delle cinematografie nazionali di fronte al dominio delle grandi multinazionali del web.
L’amministrazione americana però ha criticato questi meccanismi, giudicandoli “estorsivi” nei confronti delle piattaforme. La situazione crea uno scontro diretto tra interessi economici e culturali. In questo contesto, l’eco delle posizioni di Robert De Niro e di altri protagonisti del festival prende una connotazione anche politica.
Divisioni nel mondo dei registi
La Dga, il sindacato americano dei registi, ha appoggiato i dazi. Molti registi europei, al contrario, hanno parlato di preoccupazione per una spaccatura che rischia di allargarsi tra Usa e resto del mondo. Jacques Audiard, palma d’oro nel 2015, ha sottolineato l’importanza di mantenere coesa la comunità artistica di entrambi i continenti.
Le aspettative tra le star americane e i film anti trump in concorso
Il festival vedrà la partecipazione di molte star americane di punta, tra cui Tom Cruise e Nicole Kidman. Un dubbio resta sul fatto se prenderanno una posizione pubblica sulle decisioni di Trump. Lo scorso anno la pellicola The Apprentice, in concorso a Cannes, raccontava le origini imprenditoriali di Trump ma è stata duramente criticata negli Stati Uniti, accusata di essere diffamatoria e politicamente orientata.
Anche quest’anno, le tematiche legate a Trump potrebbero emergere grazie a figure come Spike Lee, fuori concorso con il documentario Highest 2 Lowest, che non ha mai fatto segreto della sua opposizione politica. Il festival si prepara quindi a mettere in scena una dinamica di tensioni e prese di posizione che riflettono la realtà politica e culturale dei giorni nostri.
Tra gli applausi per De Niro e le discussioni sugli effetti dei dazi, Cannes 2025 si annuncia come una vetrina che svelerà molto più del cinema: un confronto netto tra arte, economia e politica, da seguire con attenzione nelle prossime settimane.