La Camera ha dato il via libera con 178 voti a favore al decreto-legge riguardante l’ex Ilva, uno dei più importanti poli siderurgici italiani. Questo provvedimento, sostenuto dal governo, mira a garantire la continuità produttiva degli impianti, favorire investimenti e sostenere l’occupazione nel territorio coinvolto. Il decreto contiene anche norme per semplificare la gestione e la possibile cessione degli asset, oltre a prevedere un importante finanziamento di origine statale.
Finanziamenti pubblici per sicurezza e rilancio produttivo
Il decreto prevede uno stanziamento fino a 200 milioni di euro per il 2025, destinati all’ex Ilva in amministrazione straordinaria. Questi fondi servono per interventi urgenti che riguardano la messa in sicurezza degli impianti e il mantenimento della loro operatività. La restituzione del prestito, che avverrà a tasso di mercato e con durata massima di cinque anni, è legata alla vendita degli impianti stessi o garantita entro termini precisi, con priorità rispetto ad altri debiti. Un punto chiave è la possibilità che questo finanziamento venga trasferito ad Acciaierie d’Italia, società incaricata di gestire la produzione siderurgica.
La fase di approvazione proseguirà con la discussione degli ordini del giorno e il voto conclusivo, previsto il pomeriggio stesso, dopo l’elezione di un componente del Csm.
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Investimenti e semplificazioni per nuovi impianti e partner
Nel testo si eliminano alcuni riferimenti al Pnrr e alla fonte idrogeno, perché ora le risorse sono derivate dal Fondo per lo sviluppo e la coesione. Questo consente di realizzare impianti di preridotto, fondamentali per modernizzare la produzione. Viene inoltre autorizzata la partecipazione di un partner privato scelto con gara pubblica, aprendo a investimenti esterni.
Per agevolare gli investimenti superiori a 50 milioni di euro nelle aree ex Ilva o collegate, ci sono semplificazioni burocratiche e la possibilità che il Ministero nomini un commissario straordinario per coordinare i lavori. Le regioni e province autonome possono usare ancora per il 2024 fondi residui per sostenere le imprese strategiche. Nel decreto si inserisce anche una dotazione di 20 milioni per un’integrazione salariale straordinaria, rivolta alle aziende in chiusura ma con possibilità concrete di vendita e riassorbimento dei lavoratori. Viene incrementato il tetto di spesa per la tutela del reddito a favore dei lavoratori di aziende in amministrazione giudiziaria o sequestrate, riferito agli anni 2025 e 2026.
Ingresso di soggetti pubblici e gestione dei contratti aziendali
La norma introduce regole per la cessione dei contratti di acquisto di complessi aziendali in caso di contenziosi o problemi contrattuali. È possibile che al posto di chi detiene originariamente il contratto subentri un nuovo soggetto, anche pubblico, con lo scopo di tutelare l’interesse pubblico e garantire la continuità produttiva. Questo meccanismo richiede un’autorizzazione del ministero competente e fissa un limite massimo all’importo della cessione, in modo da evitare operazioni che possano compromettere la stabilità dell’area industriale.
Cassa integrazione, orari di lavoro e misure per il sostegno occupazionale
Per il 2025, il decreto prevede l’esonero dal pagamento delle contribuzioni aggiuntive legate alla cassa integrazione straordinaria per le imprese in crisi complessa, a condizione che non si proceda a licenziamenti collettivi. Amplia pure la possibilità di utilizzare la cassa integrazione per le piccole aziende del settore moda, prolungandola fino a 12 settimane. Viene inoltre modificata la procedura di pagamento ai lavoratori, consentendo ai datori di lavoro di ricevere i fondi direttamente dall’Inps.
Il finanziamento di queste misure deriva da una riduzione pari a 9,3 milioni del Fondo sociale per occupazione e formazione. Viene infine autorizzato un ulteriore periodo di cassa integrazione fino al 2027 per i grandi gruppi con almeno 1000 dipendenti, che abbiano sottoscritto accordi per salvaguardare i posti di lavoro e favorire la reindustrializzazione. Sono previste anche riduzioni degli orari di lavoro fino al totale azzeramento, con limiti di spesa annuali stabiliti tra il 2025 e il 2027.