Il ddl 36, proposto da Vanessa Masè de La Civica, ha acceso il confronto alla quinta commissione riguardo ai rischi legati all’uso di smartphone e computer da parte di bambini e adolescenti. Al centro della discussione c’è soprattutto l’articolo 5 che punta a vietare i dispositivi elettronici nelle scuole elementari e medie. La questione coinvolge aspetti educativi, normativi e di sicurezza digitale, toccando anche le posizioni di esponenti politici e rappresentanti dell’istruzione.
Il divieto di smartphone nelle scuole elementari e medie nel ddl 36
L’articolo 5 del ddl 36 modifica la legge sull’istruzione includendo il divieto di usare telefonini e dispositivi elettronici durante l’orario scolastico nelle scuole di primo e secondo grado. Vanessa Masè ha riconosciuto la difficoltà pratica di porre un divieto così netto, ma ha ricordato come la linea seguita dal ministro Valditara e da diversi ministeri dell’istruzione europei vada proprio in questa direzione.
Durante l’audizione, la Polizia Postale ha riferito delle difficoltà che i minori incontrano nella navigazione digitale, sottolineando rischi come il cyberbullismo, l’esposizione a contenuti inappropriati e forme di dipendenza da social. L’intervento di Polizia Postale ha impressionato più di qualche consigliere, tanto che Masè ha sottolineato come ogni limitazione in questo contesto sia assunta con favore.
Leggi anche:
Il divieto ha lo scopo di tutelare i più giovani da un uso spesso incontrollato e dannoso della tecnologia, soprattutto fuori dall’orario didattico, cercando di ridurre distrazioni e rischi digitali dentro le scuole.
Il punto di vista dell’assessora gerosa
Francesca Gerosa, assessora all’istruzione, ha espresso una posizione critica rispetto al divieto previsto dal ddl. Secondo lei, non è vietando in modo rigido che si risolvono le problematiche legate all’uso smodato di smartphone durante le lezioni.
Gerosa ha dichiarato di essere contraria al consumo di giochi o social network in classe ma ha precisato che serve una regolamentazione ben definita piuttosto che un divieto legislativo. La sua proposta punta a valorizzare i regolamenti scolastici esistenti, rendendoli più autorevoli e in grado di essere fatti rispettare con sanzioni appropriate.
Ha fatto notare come indebolire questi regolamenti toglierebbe autorevolezza alle scuole e ne comprometterebbe l’efficacia educativa. Di conseguenza, ribadisce la necessità di regole condivise e di un sistema di controllo interno alla scuola prima di introdurre leggi vincolanti esterne.
Gerosa ha annunciato un emendamento che modifica il ddl per inserire una regolamentazione più flessibile e amplia la fascia interessata, parlando di minori in genere e non solo fino ai 12 anni.
La posizione del pd: necessità di un divieto per proteggere i minori dal web
Andrea de Bertolini, esponente del Pd, ha sostenuto il divieto contenuto nel ddl 36, indicando come il rapporto tra minori e uso del web sia un problema serio e in crescita. Ha citato l’aumento dei procedimenti al Tribunale dei minori per casi legati a comportamenti o eventi connessi alla rete, evidenziando la dimensione sociale e giudiziaria del fenomeno.
Secondo de Bertolini, il problema si aggrava per via di una distanza culturale importante tra adulti e ragazzi, che porta diversi genitori a non essere preparati a gestire o controllare l’uso della rete dei figli. Questo crea un vuoto che rischia di lasciare i minori più esposti ai pericoli online.
Il deputato ha ribadito l’urgenza di un intervento legislativo che metta limiti chiari all’uso dei dispositivi elettronici tra i più giovani, per tutelarli in modo più efficace e prevenire forme di disagio o danno legate al web.
Implicazioni per le scuole e i regolamenti interni
Il confronto tra divieto e regolamentazione evidenzia una tensione tra provvedimenti legislativi e autonomia scolastica. Se da un lato si propone di vietare l’uso di smartphone per minimizzare i rischi, dall’altro emerge la necessità di strategie più articolate, in cui le scuole mantengano un ruolo forte nella gestione dei comportamenti.
I regolamenti interni alle scuole appaiono cruciali per stabilire misure concrete, gestibili da docenti e dirigenti, che possano adattarsi alle esigenze di ogni istituto. Togliere potere a questi regolamenti rischierebbe di indebolire l’autorità educativa e lasciare vuoti di controllo.
Inoltre si evidenzia la difficoltà di fissare limiti precisi sull’età, poiché i pericoli digitali coinvolgono anche i ragazzi più grandi e, talvolta, gli adolescenti delle scuole superiori.
L’articolo 5 del ddl 36 resta quindi un punto focale per chi crede in un intervento legislativo stringente e per chi invece punta alla responsabilizzazione delle scuole e delle famiglie nella gestione dell’uso della tecnologia.
Le audizioni e le proposte di modifica annunciate indicano che la discussione proseguirà applicando un approccio che considera rischi, esigenze educative e capacità di controllo delle istituzioni scolastiche.