Nel terziario di Roma cresce il fenomeno dei cosiddetti “contratti pirata”, accordi di lavoro irregolari che si trovano soprattutto nel commercio e nella ristorazione. Qui molti lavoratori sono assunti con mansioni sottostimate rispetto a quelle reali e salari spesso bassissimi, anche sotto i 700 euro al mese. Confcommercio Roma avverte: questa situazione toglie diritti ai dipendenti e peggiora le condizioni economiche, con un riflesso negativo anche sulla qualità del servizio.
Contratti pirata, come funzionano davvero
Questi contratti vengono firmati da sindacati e associazioni datoriali poco rappresentativi, spesso senza riconoscimento ufficiale. Il loro scopo è ridurre illegalmente i costi del lavoro, creando un mercato distorto. Le aziende che li usano risparmiano su stipendi e contributi, mettendo in difficoltà chi invece rispetta le regole.
In pratica, ruoli come cuochi o direttori di sala vengono registrati come camerieri o altre posizioni inferiori. Questo taglia gli stipendi anche di migliaia di euro all’anno rispetto a quanto spetterebbe realmente, e fa perdere diritti importanti come ferie, malattia e maternità. Secondo Confcommercio Roma, il gap può variare tra 3.000 e 8.000 euro lordi all’anno a seconda del lavoro svolto. Per esempio, un macellaio specializzato può arrivare a perdere fino a 5.800 euro, un magazziniere addirittura 8.000 euro.
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Oltre al danno economico diretto, si riducono anche i contributi previdenziali, con perdite che superano i 1.500 euro all’anno in certi casi, e si limita la copertura assicurativa. Senza contare che diventa più complicato far rispettare norme su orari e riposi, con multe pesanti per le aziende che vengono scoperte.
A Roma il fenomeno è molto diffuso e pesa sui lavoratori
Nella capitale, almeno uno su cinque nel settore terziario è assunto con un contratto pirata. Roma rappresenta circa il 10% delle attività terziarie italiane, e qui questa pratica è molto radicata soprattutto in ristoranti e negozi. Il risultato è un numero alto di lavoratori penalizzati e una qualità del servizio che ne risente.
Le aziende che usano questi contratti rischiano ispezioni e multe salate. Le sanzioni per violazioni su orari e riposi possono toccare i 1.800 euro per ogni lavoratore, oltre agli arretrati sui contributi. Chi ricorre ai contratti pirata, inoltre, perde l’accesso a incentivi statali e non può fare contratti di apprendistato, strumenti importanti per la formazione e l’ingresso nel mondo del lavoro.
Per i lavoratori, stipendi più bassi e meno tutele significano una situazione più fragile, insoddisfazione e minore motivazione. Tutto questo si riflette anche sul loro rendimento.
Un altro fattore che alimenta il fenomeno è l’alta rotazione dei locali di ristorazione, soprattutto nel centro storico di Roma. Molti aprono senza basi solide, assumono con contratti irregolari e chiudono in poco tempo, creando un circolo vizioso di precarietà difficile da spezzare.
Le proposte di Confcommercio per fermare il fenomeno
Romolo Guasco, direttore di Confcommercio Roma, indica due strade chiare per arginare il problema: certificare le rappresentanze sindacali e datoriali e uniformare i contratti nel terziario. Oggi, la presenza di sigle poco rappresentative permette a molte aziende di firmare accordi fuori dal circuito ufficiale.
Un contratto unico aiuterebbe a evitare disparità tra lavoratori con ruoli simili, togliendo vantaggi a chi sfrutta contratti irregolari e garantendo un riconoscimento più giusto delle mansioni.
Roma si trova in un momento delicato, con un mercato del lavoro segnato da queste irregolarità. Confcommercio sottolinea che serve più trasparenza per tutelare i lavoratori, migliorare la concorrenza e alzare la qualità dei servizi in città. Controlli più severi e una maggiore consapevolezza sono i primi passi per affrontare un problema che coinvolge migliaia di persone e molte imprese locali.