Come un pasticciere modenese ha portato la pasta e la famiglia nei paddock della Formula 1 anni ’70

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Pasticciere modenese porta la tradizione italiana nei paddock della F1 anni ’70. - Gaeta.it

Sara Gatti

4 Settembre 2025

Tra il rombo dei motori e la tensione delle gare di Formula 1 negli anni Settanta, si è intrecciata una storia poco conosciuta che unisce sport e tradizione culinaria italiana. A Modena, Luigi Montanini, soprannominato Pasticcino, un pasticciere dal carattere semplice e diretto, è diventato un punto di riferimento per piloti, meccanici e ingegneri. Con pentole improvvisate e piatti di pasta Barilla, ha creato momenti di condivisione e calore nel paddock, trasformando un ambiente competitivo in uno spazio di umana convivialità. Barilla oggi celebra questa vicenda nella sua nuova campagna globale “Come in famiglia”, ricordando come un gesto semplice abbia lasciato un segno profondo nella cultura italiana e nello sport.

Luigi Montanini, detto Pasticcino: la cucina che ha unito il paddock della Formula 1

Negli anni Settanta, in un paddock di Formula 1 teso e nervoso, Luigi Montanini, detto Pasticcino, era una presenza insolita ma decisiva. Arrivato da Modena, pasticciere di mestiere, si ritrovò quasi per caso nel mondo delle corse più famose del pianeta. Senza conoscere l’inglese o lo spagnolo, Pasticcino puntava tutto sulla semplicità: un pasto caldo, sincero, preparato con due fornelli e le sue pentole. Si muoveva tra le auto da corsa, offrendo pasta calda fatta con ingredienti semplici, spesso consumata sui cofani delle vetture o su sedie pieghevoli.

Non era solo questione di sfamare, ma di creare un’atmosfera di calma e solidarietà. In quei momenti di tensione e rivalità, quella pausa invitava piloti e staff a sedersi insieme, lasciando da parte per un attimo la competizione. La cucina di Pasticcino diventava un luogo dove le differenze si annullavano davanti a un piatto condiviso, un vero e proprio senso di famiglia che andava oltre il lavoro e la corsa.

La pasta, un rito d’unione nei paddock degli anni Settanta

Prima di Pasticcino, l’hospitality nelle gare di Formula 1 era praticamente inesistente. Si parlava solo di asfalto, rumore, stress e qualche panino da mangiare in fretta. Luigi Montanini ha cambiato tutto questo, portando una novità che riguardava più di un semplice pasto: il modo di vivere il paddock. La pasta, più che nutrimento, divenne un’occasione preziosa per respirare e stare insieme, trasformando una platea di concorrenti in una comunità temporanea.

Il rito del pasto si basava su pochi ingredienti, cucinati con cura, senza clamore né formalità. Era la tradizione italiana della tavola che incontrava uno sport internazionale e spietato. Tra un giro e l’altro, piloti e meccanici lasciavano per un momento i loro ruoli, si sedevano attorno a un tavolo o sui cofani, chiacchieravano, ridevano e dimenticavano gare e rivalità.

Il valore umano di questi momenti è stato sottolineato da Paolo Barilla, vicepresidente del gruppo ed ex pilota di Formula 1. Per lui, quelle pause erano segnate da un raro senso di amicizia, che la pasta di Pasticcino riusciva a creare anche negli ambienti più competitivi.

Barilla e la campagna globale che celebra italianità e condivisione

Questa storia è al centro della campagna globale “Come in famiglia” lanciata da Barilla nel 2025. L’azienda, nata a Parma e vicina a festeggiare il centocinquantesimo anno, ha voluto riportare alla luce il valore della pasta come simbolo di unione e vicinanza. Il punto forte di questa narrazione sta nel legame fra una storia vera, che intreccia pasta e Formula 1 in un momento storico e culturale, e la volontà di Barilla di promuovere la tavola italiana come luogo di incontro e condivisione.

Ilaria Lodigiani, Chief Category and Marketing Officer di Barilla, spiega che raccontare la storia di Pasticcino non è solo un tuffo nel passato, ma un modo per dimostrare come il cibo possa unire le persone anche in situazioni inaspettate. La campagna non celebra solo un ricordo, ma invita a riscoprire quei momenti autentici di vicinanza, anche oggi, quando tutto corre troppo veloce.

Barilla punta su quel gesto semplice e quotidiano: sedersi insieme e condividere un pasto. Un gesto capace di costruire legami e superare distanze, culturali o sportive che siano. Oggi il ricordo di Pasticcino resta vivo come esempio di come la cucina possa generare dialogo e umanità, anche dove meno te lo aspetti.

L’esperienza umana dietro i momenti di convivialità nel paddock

Pasticcino non cucinava solo per sfamare. Offriva un luogo di accoglienza e di pausa, trasformando un ambiente pesante e competitivo in un rifugio temporaneo. Raccontava che piloti e addetti arrivavano da lui come se fossero a casa di una madre. Tra un piatto di pasta e qualche risata, spariva per un attimo lo stress delle gare, le rivalità e la tensione.

Questi pranzi non erano eventi organizzati, ma incontri spontanei che rendevano più umani i protagonisti della Formula 1. Quel tempo dedicato al pasto diventava uno spazio di scambio e relazione, un momento in cui si viveva davvero il “qui e ora”. Questa forma di convivialità ha anticipato l’attenzione che oggi si dà al benessere degli atleti e alla qualità del cibo nei contesti sportivi, diventando un elemento fisso nelle strategie dei team di Formula 1.

La storia di Pasticcino è anche un capitolo nascosto della cultura italiana, che lega due simboli del Paese: la pasta e la Formula 1. Racconta un modo di vivere e condividere, dimostrando che anche in un mondo veloce e competitivo si può trovare il calore di una famiglia intorno a un tavolo.

La sua vicenda e l’eredità che lascia parlano di persone, di pasti semplici, e di quanto la cucina sappia costruire ponti invisibili tra mondi che sembrano lontani. Barilla porta avanti questo messaggio, mantenendo viva una tradizione che non si è mai spenta.