come contrastare il rischio idrogeologico in italia con il principio di invarianza climatica nelle nuove costruzioni

come contrastare il rischio idrogeologico in italia con il principio di invarianza climatica nelle nuove costruzioni

Il rischio idrogeologico in Italia aumenta a causa del cambiamento climatico; la ricerca dell’università di Padova propone il principio di invarianza climatica per pianificare nuove urbanizzazioni più sicure e sostenibili.
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Uno studio dell’università di Padova evidenzia come il principio di invarianza climatica nelle nuove urbanizzazioni possa limitare il rischio idrogeologico in Italia, aggravato dal cambiamento climatico e dagli eventi estremi sempre più frequenti. - Gaeta.it

Il rischio idrogeologico cresce in molte regioni italiane, spinto dal cambiamento climatico che aumenta la frequenza e l’intensità degli eventi estremi. Una ricerca condotta dall’università di Padova a Rovigo mette in luce una possibile strategia per ridurre questo pericolo: applicare il principio di invarianza climatica nelle nuove urbanizzazioni. Questo approccio impedisce che gli interventi sul territorio aggravino il rischio esistente, mantenendolo al livello o al di sotto di quello storico. Lo studio si basa sull’analisi degli eventi climatici estremi e sulle vulnerabilità territoriali, rilanciando la necessità di una pianificazione del rischio più rigorosa sul modello delle catastrofi recenti.

L’analisi del rischio idrogeologico e il ruolo del cambiamento climatico

La ricerca prende spunto dall’alluvione che ha devastato la Romagna a maggio 2023, la più pesante in italia dagli anni Cinquanta, paragonata all’alluvione del Polesine del 1951. L’evento ha colpito duramente la regione, causando danni rilevanti e richiamando l’attenzione sulla fragilità dei territori di pianura e collina. Gli studiosi del centro Critical dell’università di Padova hanno raccolto dati meteorologici e territoriali per comprendere le cause di queste catastrofi e stimare quanto il clima attuale influenzi il rischio di eventi simili nel futuro.

La variabilità meteorologica è aumentata, con precipitazioni intense più frequenti dal secondo dopoguerra. Dati storici dettagliati, come quelli della città di Padova, dove si misura la pioggia giornaliera dal 1725, mostrano un aumento di circa 20% delle piogge estreme a partire dalla metà del Novecento. Questo peggioramento supera le capacità delle infrastrutture esistenti, pensate per un clima meno violento. Il cambiamento climatico aggrava ulteriormente gli scenari, prevedendo aumenti tra il 30 e il 50% delle precipitazioni più intense entro la fine del secolo nei bacini fluviali colpiti nel 2023, includendo quindi anche altre aree oltre alla Romagna.

Il principio di invarianza climatica e la sfida delle nuove costruzioni

Nonostante sia noto che eventi come quello del 2023 diventeranno più frequenti, le risposte sul territorio restano spesso frammentate o emergenziali. Il principio di invarianza climatica, indicato dalla ricerca come chiave di volta, prevede che ogni modifica apportata alle aree urbane, industriali o infrastrutturali non possa aumentare il rischio idrogeologico rispetto a quello storico di inizio Novecento. In pratica, se si costruisce o si ristruttura un territorio, il rischio che ciascuna area corra entro il 2100 deve essere uguale o minore rispetto a quello originario.

Una progettazione più attenta e sostenibile

Questa regola impone una progettazione urbana e ambientale più attenta e sostenibile. Serve limitare espansioni incontrollate e investire in soluzioni tecniche capaci di sopportare eventi estremi più intensi. Argini, ponti e strade dovranno essere ridisegnati, tenendo conto dell’aumento futuro della pioggia e delle piene. L’invarianza climatica richiede quindi una pianificazione che impedisca di peggiorare il quadro attuale, evitando nuove vulnerabilità generate dall’intervento umano.

L’urgenza di agire secondo gli esperti e le implicazioni per il territorio italiano

Marco Marani, direttore del centro Critical e docente all’università di Padova, sottolinea la necessità di interventi sistematici per evitare altre tragedie simili a quella romagnola. “Le perdite umane ed economiche causate nel 2023 mostrano quanto siano reali i rischi resonati dal cambiamento climatico.” A suo avviso, ormai si hanno gli strumenti per identificare le aree più esposte al rischio crescente e per intervenire con regole stringenti sul territorio.

Non costruire nelle zone più vulnerabili sarà uno degli elementi fondamentali. In alternativa, ogni progetto di sviluppo dovrà garantire la riduzione o al massimo l’equivalenza del rischio attuale. Solo rispettando questi criteri sarà possibile adattare gli ambienti urbani e naturali a un clima che sta già cambiando e che continuerà a generare fenomeni estremi prima considerati rari. La sostenibilità del territorio italiano dipende da queste scelte, anche per proteggere vite umane e patrimoni materiali.

I dati raccolti con metodo scientifico e il quadro di allerta climatico giungono a confermare che il dissesto idrogeologico nel nostro Paese può essere limitato soltanto da una politica territoriale che risponde al principio di conservazione o riduzione del rischio. Le nuove costruzioni e i riassetti devono misurarsi con scenari climatici peggiorativi, altrimenti il pericolo crescerà in modo irreversibile, con conseguenze gravissime per molte aree a rischio.

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