Il colera continua a diffondersi in diverse aree dell’Africa occidentale e centrale con un impatto grave sui bambini. L’allarme arriva dall’Unicef, che segnala come la stagione delle piogge, con piogge intense e inondazioni, abbia peggiorato una situazione già critica, specialmente in repubblica democratica del congo e nigeria. Il dramma riguarda non solo questi due paesi ma anche altri stati limitrofi, dove l’epidemia avanza tra condizioni di scarsa igiene e risorse sanitarie insufficienti.
Il ruolo della stagione delle piogge nel diffondere il colera
L’inizio della stagione delle piogge ha portato a un aumento significativo delle inondazioni in molte zone dell’Africa centrale e occidentale. Queste condizioni stanno favorendo la contaminazione delle fonti d’acqua. Il colera si trasmette principalmente attraverso acqua e cibo contaminati dal batterio vibrione cholerae, e le piogge abbondanti rendono difficoltoso mantenere standard igienici essenziali. In aree sovraffollate o dove mancano sistemi fognari adeguati, la diffusione diventa rapida.
L’Unicef sottolinea come il rischio di contagio riguardi in particolare i bambini, che hanno un sistema immunitario meno robusto rispetto agli adulti e soffrono maggiormente quando colpiti da diarrea severa e disidratazione. Le forti piogge, accompagnate da un alto numero di sfollati, complicano ulteriormente la situazione. In molte comunità colpite l’accesso all’acqua potabile è limitato o inesistente, costringendo le persone a utilizzare fonti contaminate e aumentando così il pericolo di nuovi contagi.
Leggi anche:
Le autorità sanitarie e le organizzazioni internazionali mettono in guardia sulla necessità di un intervento rapido per migliorare le condizioni igienico-sanitarie e garantire acqua pulita. Senza un’azione decisa, la malattia rischia di espandersi accelerando il numero di casi gravi e decessi, con il costo più alto che ricade sui più piccoli.
Situazione critica in repubblica democratica del congo, epicentro dell’epidemia
La repubblica democratica del congo resta il paese più colpito dall’epidemia con oltre 38.000 casi confermati a luglio e quasi mille decessi segnalati. I dati evidenziano come il 25,6% delle vittime sia rappresentato da bambini sotto i cinque anni. La diffusione è stata particolarmente intensa nelle ultime settimane, accompagnata da un tasso di mortalità dell’8% che allarma gli operatori sanitari locali e internazionali.
Tra le zone più colpite figura il kivu settentrionale, un’area già segnata da instabilità e conflitti. Questa instabilità aggrava la difficoltà di fornire aiuti e interventi sanitari mirati. Le piogge intense e le inondazioni hanno colpito soprattutto kinshasa, la capitale, dove il sistema sanitario mostra segni evidenti di sovraccarico. Le strutture sono affollate da malati e non riescono a garantire cure rapide a tutti.
I bambini sotto i cinque anni corrono rischi elevati per via della loro fragilità verso la disidratazione e per l’assenza di acqua potabile e servizi igienici sicuri. L’Unicef avverte che senza un potenziamento degli sforzi per contenere l’epidemia la situazione potrebbe peggiorare drasticamente, e la crisi diventare la più grave degli ultimi anni.
Emergenza negli altri paesi dell’africa centrale e occidentale
Parallelamente all’esplosione del contagio in repubblica democratica del congo, anche altri paesi della regione registrano focolai preoccupanti. In nigeria, l’epidemia resta endemica con più di 3.100 casi sospetti a giugno e luglio e 86 morti distribuiti in 34 stati. Il rischio di diffusione è costante data la difficoltà nell’implementare misure di igiene efficaci in molte aree rurali e periurbane.
In ciad, la situazione è aggravata dall’arrivo di circa 80.000 sfollati provenienti dal vicino sudan, dilaniato da un conflitto armato iniziato nell’aprile 2023. Nel campo profughi di dougui, nella regione di abéché, sono stati riportati 55 casi sospetti e quattro decessi. Lo stato di sovraffollamento, la scarsità di acqua potabile e la limitata assistenza medica peggiorano le condizioni di vita dei rifugiati, in maggioranza bambini.
Anche ghana, costa d’avorio e togo hanno riportato diversi casi di colera negli ultimi mesi. I numeri parlano di centinaia di persone colpite con possibili nuovi focolai legati all’umidità e ai danni delle infrastrutture. Il niger, la liberia, il benin, la repubblica centrafricana e il camerun mantengono una sorveglianza attiva per evitare nuovi aumenti di casi.
L’appello urgente dell’unicef per nuovi finanziamenti e interventi
Di fronte a questa emergenza, l’Unicef ha rafforzato i propri programmi di assistenza, fornendo aiuti vitali alle strutture sanitarie e alle comunità colpite. Le attività comprendono campagne di vaccinazione e promozione di pratiche igieniche per ridurre la trasmissione del colera. L’organizzazione sottolinea l’urgenza di potenziare le risposte in modo tempestivo e su larga scala.
La richiesta di nuovi fondi arriva in un contesto in cui i finanziamenti internazionali sono limitati, creando una situazione difficile per mantenere gli interventi attivi con l’intensità necessaria. L’Unicef punta a garantire risorse per almeno tre mesi, periodo considerato cruciale per contenere la diffusione durante la stagione delle piogge e mitigare ulteriormente gli effetti dell’epidemia.
Gli operatori chiedono inoltre attenzione alla situazione sanitaria dei bambini, i più vulnerabili, che senza cure tempestive rischiano complicazioni gravi e decessi. L’appello coinvolge governi, agenzie internazionali e comunità locali per coordinare azioni efficaci contro l’avanzamento del colera.