In italia, chi vive e lavora da tempo si trova spesso a dover aspettare oltre un decennio per ottenere la cittadinanza. Questa situazione è al centro di un dibattito molto acceso, soprattutto in vista del referendum sull’acquisizione della cittadinanza che si è tenuto l’8 e 9 giugno. I ritardi e le difficoltà nel riconoscere questo diritto fondamentale hanno sollevato molte critiche, spingendo esponenti politici, accademici e associazioni a richiedere un cambiamento normativo.
La normativa attuale sulla cittadinanza e i suoi limiti
La legge che regola la cittadinanza in italia risale al 1992. Una riforma che ha aumentato drasticamente i tempi di residenza necessari per fare richiesta. Attualmente, per ottenere la cittadinanza italiana servono almeno 10 anni di residenza legale continuativa, a cui si aggiungono circa 36 mesi per l’istruttoria delle pratiche amministrative. Questo significa che, in pratica, sono necessari più di 13 anni prima di sapere se si è ottenuto il diritto.
Nel corso del dibattito a Pesaro, Riccardo Magi, segretario nazionale di +Europa e promotore del referendum, ha sottolineato come questa legge sia ormai superata e difficile da giustificare, viste le sfide attuali della società . Le procedure lunghe e macchinose creano un vero e proprio isolamento per chi contribuisce da anni al tessuto sociale ed economico del paese senza però ottenerne pieno riconoscimento.
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Elementi tecnico-giuridici della normativa
Il prof. Paolo Morozzo, ordinario di diritto privato all’università per stranieri di Perugia, ha aggiunto elementi tecnico-giuridici alla discussione. Ha spiegato come la riforma del 1992, che sembrava una risposta a tempi diversi, oggi crea ostacoli insormontabili e si discosta dai modelli adottati dalla maggior parte dei paesi europei. Il confronto tra le norme italiane e quelle europee dimostra un ritardo evidente che va affrontato attraverso un adeguamento legale.
Impatti sociali e lavoro: la vita dietro i lunghi tempi burocratici
Ci sono conseguenze reali e tangibili per chi deve attendere così tanto tempo. Amnesty International Pesaro e l’associazione Lutva hanno portato in luce soprattutto la condizione lavorativa e abitativa dei richiedenti cittadinanza. Spesso chi è costretto a mantenere la residenza legale per dieci anni accetta condizioni di lavoro poco dignitose, anche in settori dove il rischio di sfruttamento è alto.
Molti di questi lavoratori non possono permettersi di cambiare lavoro o abitare altrove per non perdere il requisito della continuità di residenza. Il risultato sono situazioni di precarietà e vulnerabilità che si prolungano nel tempo. L’assenza di un riconoscimento più veloce della cittadinanza mantiene infatti questi individui in una condizione di disagio che influisce anche sulla loro partecipazione sociale.
Il punto di vista di +Europa
L’intervento degli esponenti di +Europa ha ribadito che il referendum non mira a eliminare i requisiti di accesso alla cittadinanza, bensì a ridurre la durata del percorso, riportando l’italia agli standard europei. Questo permette di rafforzare il diritto di chi già contribuisce attivamente a varie comunità italiane, rendendo più giusta e attuale la normativa.
Il ruolo delle associazioni e il referendum sulla cittadinanza
L’incontro pubblico a Pesaro ha rappresentato un momento importante per approfondire il tema e sensibilizzare la cittadinanza. Promosso da Amnesty International, associazione Lutva e +Europa, è stato moderato dall’avvocato Marco Vitali, socio attivo di Amnesty, e ha puntato su un confronto serio tra politica, diritto e società civile.
Il referendum, tenutosi a giugno, ha visto diversi schieramenti mettere in campo idee e proposte. Tuttavia, la scelta di focalizzarsi sulla modifica dei tempi di residenza per richiedere la cittadinanza sottolinea l’urgenza di adeguare la legge ai tempi e alle esigenze attuali. Magi e gli altri promotori hanno scelto di puntare su un messaggio chiaro: il diritto alla cittadinanza deve essere accessibile a chi si impegna e contribuisce, senza aspettare tempi impossibili.
Associazioni come ponte tra cittadini e istituzioni
In questo scenario, le associazioni svolgono una funzione di raccordo tra cittadini, istituzioni e operatori del diritto. Conoscere le difficoltà vissute da chi attende per anni questa concessione aiuta a creare una pressione pubblica, spingendo per leggi più eque.
Il dibattito su questo tema non si ferma alla sola questione normativa. Tocca aspetti di convivenza sociale, di inclusione e di rispetto dei diritti. Ne risulta un quadro complesso, che ha bisogno di attenzioni costanti e di decisioni basate sulle condizioni reali delle persone coinvolte.