Il carcere di Ivrea torna sotto i riflettori dopo una perquisizione della polizia penitenziaria che ha portato a ritrovamenti di tecnologie proibite e sostanze stupefacenti all’interno delle celle. Questo episodio, avvenuto il 17 luglio 2025, mette in evidenza un fenomeno crescente: la diffusione di strumenti elettronici e sostanze illecite nelle strutture detentive italiane. L’uso di cellulari e dispositivi digitali come strumenti di comunicazione tra detenuti e l’esterno alimenta traffici e controlli criminali, rendendo più complessa la gestione della sicurezza interna.
Perquisizione straordinaria al carcere di ivrea: cosa è stato trovato
Nel tardo pomeriggio del 17 luglio 2025, la polizia penitenziaria ha effettuato un controllo approfondito nel reparto del terzo piano della casa circondariale di Ivrea. Durante l’ispezione, gli agenti hanno rinvenuto un telefono cellulare ancora funzionante. Accanto allo smartphone, sono state sequestrate due schede sim e una chiavetta usb. Il materiale elettronico era nascosto nella cella di un detenuto italiano, insieme a una quantità rilevante di hashish.
Il tentativo del detenuto di distruggere il telefonino è stato subito sventato: il dispositivo, pur danneggiato, è stato recuperato e ora sarà analizzato dagli inquirenti. L’obiettivo è ricostruire le reti di contatti e i flussi comunicativi che passavano attraverso quel cellulare. La scoperta conferma che la presenza di tecnologie proibite nelle carceri non è un fatto isolato ma un fenomeno diffuso, che sfida le misure di controllo tradizionali.
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Le criticità della gestione tecnologica e del controllo interno
La vicenda di Ivrea offre una testimonianza diretta delle difficoltà quotidiane affrontate dalle forze dell’ordine all’interno delle mura penitenziarie. Il sindacato osapp, che rappresenta gli agenti della polizia penitenziaria, ha sottolineato quanto queste situazioni siano sempre più frequenti e complesse da gestire. Leo Beneduci, segretario generale, ha descritto le carceri italiane come spazi dove il traffico di droga si somma a vere e proprie “call center illegali”, una definizione che evidenzia l’uso sistematico delle tecnologie per mantenere attivi i legami criminali.
Il problema non riguarda solo la presenza delle sostanze, ma soprattutto la diffusione di cellulari e sim che permettono comunicazioni riservate e coordinamento di attività illecite. In molti casi, gli agenti si trovano a operare con organici sottodimensionati, apparecchiature obsolete e turni pesanti. Le difficoltà tecniche e la mancanza di mezzi aggiornati per la scansione e il controllo digitale aumentano l’esposizione al rischio di infiltrazioni.
Protagonisti del sistema penitenziario e le richieste del sindacato
Il sindacato osapp ha rivolto un appello al ministero della giustizia, richiedendo un rafforzamento immediato degli organici e un potenziamento degli strumenti tecnologici a disposizione. Leo Beneduci ha chiesto scanner più efficaci, maggior numero di controlli e una strategia chiara contro l’introduzione non autorizzata di smartphone e droghe. Il rappresentante sindacale ha evidenziato come la pressione sugli agenti, a causa di carenze strutturali, impedisca spesso di reagire in modo appropriato a un fenomeno in crescita.
Diffusione del fenomeno in italia: tecnologie proibite e sostanze illecite nelle carceri
L’episodio del carcere di Ivrea non è un caso isolato. Negli ultimi mesi, anche altre strutture italiane hanno sequestrato telefoni nascosti all’interno di oggetti come saponette, scarpe o termos. Sono stati documentati scambi anche nei padiglioni ambulatoriali o nelle sale colloqui, ambiti difficili da monitorare.
Le modalità con cui i dispositivi arrivano dentro le carceri sono varie. Alcuni episodi prevedono l’uso di droni per il lancio sopra le recinzioni, altre volte c’è la complicità di personale interno o visite esterne. Questi strumenti servono per mantenere contatti esterni e dirigere attività criminali sul territorio, sfruttando il carcere come base operativa. Parallelamente, la presenza di piccole dosi di hashish, psicofarmaci e, in alcuni casi cocaina testimonia un consumo ormai diffuso e regolare all’interno delle strutture detentive.
Il carcere di ivrea e le sfide per la sicurezza interna
Il carcere di Ivrea, classificato come struttura di media sicurezza con una popolazione detenuta per lo più italiana e con età media avanzata, non è immune da queste dinamiche. Il rischio di infiltrazioni e traffici rimane alto. La polizia penitenziaria riesce a contenere danni e a svolgere un ruolo di controllo, ma si scontra con le difficoltà causate da organici ridotti e strumenti limitati.
L’assenza di tecnologie aggiornate per la rilevazione di smartphone nascosti nei pacchi o per la sorveglianza digitale limita le possibilità di contrasto. La continuità delle comunicazioni clandestine e il traffico di droga dimostrano come il carcere sia un ambiente collegato in modo stretto al mondo esterno, non più impermeabile come si vorrebbe.
Il quadro che emerge da Ivrea fotografa una realtà più ampia e complessa, in cui la sicurezza penitenziaria si intreccia con fenomeni legati alla criminalità organizzata. Interventi e riforme saranno necessari per provare a ricostruire barriere efficaci contro questi illeciti, partendo da investimenti concreti sul personale e sulle tecnologie di sorveglianza.