Il governo italiano si appresta a discutere un bonus destinato alle famiglie con il terzo figlio, previsto per una durata di dieci anni. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la natalità, ma alcune voci autorevoli sottolineano che questa misura potrebbe non produrre gli effetti sperati sull’aumento delle nascite. Gianpiero dalla Zuanna, docente di demografia all’Università di Padova ed ex senatore del Pd, offre un’analisi precisa dei limiti di tali incentivi, confrontando esperienze passate con i dati attuali sul calo demografico in Italia.
L’efficacia storica delle misure economiche per sostenere la natalità
La storia delle politiche italiane rivolta alla natalità mostra risultati contrastanti. La legge Turco, in vigore negli anni ’90, prevedeva un assegno per le famiglie povere che avevano un terzo figlio. Gli studi condotti da dalla Zuanna e colleghi hanno rilevato un aumento della probabilità di un terzo nato in queste famiglie e una riduzione degli aborti nelle donne con almeno due figli. Questo calo si spiegava con un miglior supporto economico che riduceva la pressione economica associata alla gravidanza.
Un secondo esperimento è avvenuto tra il 2003 e il 2004 in Friuli-Venezia Giulia, dove un bonus è stato erogato anche alle famiglie con reddito medio per il secondo e terzo figlio. Anche in questo caso, si è registrata una crescita nelle nascite e una diminuzione degli aborti. Questi dati confermano che i sostegni economici possono avere un ruolo nel favorire la natalità, almeno in certi segmenti sociali.
Leggi anche:
Limiti degli incentivi economici
I risultati di queste due esperienze suggeriscono che incentivi mirati sono capaci di generare effetti positivi. Ma si tratta di incrementi limitati e condizionati dal contesto sociale ed economico generale. Non rappresentano quindi una strategia risolutiva per contrastare il calo demografico su scala nazionale.
Le cause profonde del calo delle nascite in italia oggi
Il problema principale che il bonus al terzo figlio tenta di affrontare riguarda il calo delle nascite, ma questo fenomeno dipende da fattori più complessi. Il primo di questi è la riduzione del numero delle donne in età fertile. Le donne nate durante il baby-boom sono ora entrate nella menopausa, diminuendo naturalmente la popolazione fertile. Ciò restringe automaticamente il bacino potenziale per nuovi nati.
Un secondo aspetto riguarda il cambiamento delle dinamiche familiari. Sempre più persone incontrano difficoltà a mettere su famiglia, a causa di condizioni economiche, sociali o culturali. La formazione di coppie stabili rallenta e dunque nascono meno figli.
La scelta di non avere figli
Infine, è cresciuto il numero di individui che scelgono di non avere figli affatto, un fenomeno pressoché inesistente in passato e poco influenzabile da incentivi economici. L’aumento di questa tendenza riflette scelte personali modellate da fattori complessi, quali lavoro, istruzione, condizioni socioeconomiche.
Lanciando un bonus solo da un terzo figlio in poi, lo stato rischia di reagire troppo tardi, quando il problema principale non è l’incremento di un figlio in più, ma la drastica riduzione delle coppie disponibili a procreare.
Analisi critica sul bonus decennale per il terzo figlio
Il bonus proposto per il terzo figlio potrebbe migliorare la qualità di vita delle famiglie, ma il suo impatto sulla natalità appare marginale. Dalla Zuanna ribadisce che il sostegno economico più consistente è già garantito dall’assegno unico universale, che eroga oltre 600 euro al mese a chi vive in condizioni modeste. Il nuovo incentivo rischia quindi di sovrapporsi a misure già in vigore senza risolvere i problemi fondamentali.
L’esperto ipotizza una valutazione finanziaria condotta in Trentino, dove probabilmente si è cercato di stimare il costo-beneficio del bonus. Anche lì, si teme che il provvedimento non possa contrastare il calo demografico se non integrato da politiche più ampie.
Il bonus quindi resta uno strumento utile a sostenere il benessere familiare ma non una risposta efficace e duratura al declino delle nascite.
Ruolo delle politiche più ampie
Il sostegno economico da solo non basta se non affiancato da interventi su altri fronti quali lavoro, housing, educazione.
Confronto con politiche di natalità adottate in europa
Paesi come Francia e Svezia hanno sviluppato sistemi più articolati per affrontare la questione demografica. In Francia, ad esempio, il modello del quoziente familiare riduce l’imponibile Irpef proporzionandolo alle persone che compongono il nucleo familiare. Questo sistema permette importanti detrazioni fiscali per le famiglie numerose.
Dalla Zuanna racconta che, in questi contesti, chi ha figli gode di benefici economici rilevanti rispetto a chi non ne ha. Questo meccanismo, però, richiede grandi risorse pubbliche per essere mantenuto e può essere complesso da applicare, come dimostra la difficoltà della stessa Francia a conservarlo intatto.
In Italia l’adozione di un sistema analogo richiederebbe una profonda riorganizzazione delle politiche fiscali e sociali, con un impatto economico elevato.
Modelli integrati per la natalità
In sintesi, le esperienze straniere indicano che per aumentare la natalità servono interventi strutturati e integrati, non solo assegni temporanei legati al numero di figli. La questione italiana richiede quindi un approccio diverso, che affronti le cause profonde del calo delle nascite, oltre a sostenere il reddito delle famiglie già presenti.