Baxdrostat riduce significativamente la pressione arteriosa in pazienti con ipertensione resistente o non controllata

Baxdrostat abbassa la pressione in casi di ipertensione difficile da trattare. - Gaeta.it

Sara Gatti

3 Settembre 2025

Un nuovo studio di fase 3 presentato al congresso europeo di cardiologia a Madrid dimostra che baxdrostat abbassa la pressione arteriosa sistolica in pazienti con ipertensione difficile da gestire, aprendo nuove prospettive nel trattamento di questa condizione.

Evidenze cliniche sulla riduzione della pressione arteriosa con baxdrostat dopo 12 settimane

Il trial BaxHTN ha coinvolto circa 800 soggetti con ipertensione non controllata o resistente alla terapia standard. Il farmaco è stato testato a due dosaggi, 1 mg e 2 mg, con risultati molto chiari e statisticamente significativi dopo 12 settimane di trattamento. Al dosaggio più alto, la pressione sistolica media in posizione seduta si è ridotta di 15,7 mmHg rispetto al valore iniziale, con una differenza normalizzata rispetto al placebo che è risultata di quasi 10 mmHg. Anche il dosaggio da 1 mg ha mostrato un calo simile, seppur leggermente inferiore, confermando una riduzione media di 14,5 mmHg rispetto al basale. Il gruppo placebo ha invece registrato un decremento di soli 5,8 mmHg, sottolineando come l’effetto di baxdrostat sia superiore e clinicamente rilevante.

Questi risultati soddisfano non solo l’endpoint primario, ma anche tutti quelli secondari, compresi la pressione diastolica e la probabilità di raggiungere i target pressori indicati dalle linee guida internazionali, cioè una pressione sistolica al di sotto di 130 mmHg. Entrambi i dosaggi hanno quasi triplicato questa possibilità rispetto al placebo, offrendo nuove speranze per i pazienti con questa condizione difficile da trattare. La consistenza degli effetti si è osservata anche in sottogruppi specifici di pazienti con diverso grado di ipertensione resistente.

Sicurezza e tollerabilità di baxdrostat nel trattamento dell’ipertensione difficile

Dal punto di vista della sicurezza, baxdrostat ha mostrato un profilo generalmente favorevole. Gli eventi avversi sono stati per lo più lievi e senza particolari sorprese legate al farmaco. Un dato rilevante riguarda il rischio di iperkaliemia, difficoltà che può insorgere nei farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina, ma in questo studio i casi gravi sono stati pochi e bilanciati tra i due dosaggi, mentre assenti nel gruppo placebo.

La tollerabilità di baxdrostat, quindi, supporta l’uso del farmaco come approccio aggiuntivo ai trattamenti già disponibili. Il meccanismo specifico, che inibisce l’aldosterone sintasi, spiega il profilo di sicurezza coerente con l’attività selettiva del farmaco. Questo elemento è centrale, visto che l’aldosterone svolge un ruolo primario nell’ipertensione difficile da controllare e nella sua evoluzione verso complicanze cardiovascolari e renali.

Il ruolo dell’aldosterone nell’ipertensione resistente e i vantaggi del nuovo farmaco

L’aldosterone è un ormone che contribuisce in modo decisivo all’aumento della pressione arteriosa e al danno d’organo correlato. Nei pazienti con ipertensione resistente, la disregolazione di questo ormone rappresenta un meccanismo biologico chiave. Baxdrostat agisce bloccando selettivamente l’enzima aldosterone sintasi, responsabile della produzione di aldosterone stessa.

L’effetto del farmaco viene confermato anche da misurazioni pressorie dinamiche, particolarmente utili per valutare il controllo notturno della pressione arteriosa, momento critico per la prognosi cardiovascolare. In uno specifico sottogruppo, la pressione sistolica monitorata nelle 24 ore si è abbassata fino a quasi 17 mmHg con il dosaggio da 2 mg, e l’abbassamento pressorio notturno superava gli 11 mmHg sommando entrambi i dosaggi. Dati di questo tipo suggeriscono un potenziale impatto rilevante in termini di riduzione dei rischi di infarto, ictus, insufficienza cardiaca e malattia renale cronica.

Contributi scientifici e prospettive future dopo il congresso esc 2025

Lo studio BaxHTN è stato condotto in oltre 200 centri in tutto il mondo, su una popolazione ampia e rappresentativa, raggiungendo un ampio consenso nella comunità scientifica. I risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine e presentati in una sessione Hot Line durante il congresso ESC 2025 a Madrid, confermando l’interesse globale verso questa nuova opzione terapeutica.

Gli esperti coinvolti sottolineano come la riduzione pressoria osservata rappresenti un progresso significativo per una fetta di pazienti con bisogno clinico insoddisfatto. L’impatto atteso riguarda non solo il miglior controllo della pressione ma anche la riduzione delle complicanze cardiovascolari a lungo termine. Gli studi in corso, tra cui Bax24, mirano a valutare più nel dettaglio l’effetto sulle variazioni della pressione lungo l’intero arco delle 24 ore.

Ulteriori sperimentazioni estendono l’uso di baxdrostat a condizioni correlate all’ipertensione come l’aldosteronismo primario, la malattia renale cronica e la prevenzione dello scompenso cardiaco, suggerendo che il blocco mirato dell’aldosterone potrà diventare una strategia terapeutica di riferimento in futuro.

Impatto globale dell’ipertensione e necessità di nuovi approcci terapeutici

L’ipertensione rimane una delle principali cause di malattia a livello mondiale, con oltre 1,3 miliardi di persone colpite. In Italia circa il 30% della popolazione è interessata dalla condizione, che spesso non risponde adeguatamente alle terapie attualmente disponibili. Le conseguenze di un controllo insufficiente comprendono eventi cardiovascolari gravi e danni agli organi.

L’attenzione alla disregolazione dell’aldosterone come meccanismo patogenetico ha guidato la ricerca di farmaci come baxdrostat, che mirano a limitare questo fattore di rischio specifico. Riduzioni medie della pressione di 10 mmHg sono associate a una significativa diminuzione del 20% degli eventi cardiovascolari maggiori, come dimostrato da vaste analisi epidemiologiche. Questo evidenzia la rilevanza clinica delle azioni su questo target ormonale.

La strada verso la registrazione di baxdrostat appare ormai tracciata, con sottomissioni previste alle autorità regolatorie e progetti di sviluppo clinico volti a definire il ruolo del farmaco nelle diverse condizioni mediche correlate. La terapia mirata all’aldosterone potrebbe in futuro modificare la gestione di milioni di pazienti che vivono con ipertensione resistente o non controllata.