L’attività in montagna continua a registrare dati preoccupanti nel 2025. Nel solo mese scorso si sono verificati 83 morti, circa tre al giorno, segnando un incremento del 20% rispetto allo scorso anno. Anche gli interventi del soccorso alpino sono aumentati del 15%. A spiegare questi numeri è Maurizio Dellantonio, presidente nazionale del soccorso alpino e speleologico , che sottolinea come l’afflusso di escursionisti sia cresciuto molto dal periodo post Covid. La situazione si complica per le difficoltà nel gestire richieste di soccorso spesso causate da impreparazione e comportamenti imprudenti.
I numeri del soccorso alpino e l’aumento degli incidenti
Secondo i dati raccolti dal Cnsas, nei primi mesi del 2025 si è registrato un aumento significativo di morti in montagna: 83 solo nel mese più recente, corrispondenti a una media giornaliera di quasi tre vittime. Questi dati rappresentano un incremento del 20% rispetto ai dodici mesi precedenti e sono accompagnati da un aumento del 15% degli interventi di soccorso richiesti.
Maurizio Dellantonio, che guida il soccorso alpino, attribuisce principalmente questo trend all’aumento esponenziale di persone che frequentano le aree montane. “Dopo il Covid, la montagna ha attirato molta più gente ma tutti si concentrano negli stessi sentieri e vie ferrate, che spesso diventano congestionati”, racconta. L’affollamento in aree tipiche porta inevitabilmente a un numero superiore di incidenti e a richieste di intervento più frequenti, un fenomeno che pesa sulle risorse disponibili, sia umane sia tecniche.
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Cause principali degli interventi: impreparazione e inesperienza
Le motivazioni che spingono il soccorso ad intervenire restano in gran parte le stesse rispetto al passato, ma con una diffusa intensificazione. In particolare, Dellantonio segnala che “molti escursionisti sono fisicamente poco preparati e non adatti al tipo di percorso scelto”. C’è anche un aumento di imprudenza: persone che si avventurano in zone difficili senza la preparazione necessaria, spesso senza distinguere la complessità del percorso.
Un aspetto nuovo riguarda la richiesta d’aiuto per motivi meno gravi come la stanchezza. “Prima succedeva raramente che qualcuno chiamasse soccorso solo perché stanco, adesso succede con più frequenza. Alcuni sono timorosi di chiedere aiuto, altri invece chiamano anche in situazioni non critiche”, aggiunge Dellantonio, che opera da anni nella val di fassa. Le difficoltà fisiche e la scarsa conoscenza dei percorsi creano situazioni che spesso si complicano, imponendo interventi.
L’influenza dei social media sull’aumento degli incidenti in montagna
Un elemento chiave che Dellantonio indica come fattore modificante il panorama degli incidenti è l’impatto dei social network. I social finiscono per indurre i più giovani a cercare l’emulazione di imprese rischiose, spesso sottovalutando le difficoltà reali. “Vedono foto di persone arrampicate in quota, vestite in modo leggero o con attrezzature non adeguate. Le informazioni superficiali spingono a sottovalutare i pericoli”, spiega.
Da lì partono escursioni con scarpe da tennis o abbigliamento inadatto, in ambienti dove serve esperienza e attrezzatura. Spesso chi combina queste disavventure non ha una vera consapevolezza del rischio che corre. Questi fattori aumentano il numero di interventi e mettono sotto pressione i soccorritori. Le squadre, tutte volontarie e circa settemila in Italia, devono affrontare chiamate spesso evitabili.
Le difficoltà nelle operazioni di soccorso e risorse limitate
Ogni intervento in montagna coinvolge persone, mezzi e spesso anche elicotteri, risorse che non sono infinite. Dellantonio evidenzia quanto sia difficile per i soccorritori pensare che ogni missione possa sottrarre risorse necessarie per emergenze più gravi che potrebbero verificarsi a pochi minuti dall’intervento in corso.
L’accesso a tecnologie come Georesq, un’app che facilita la localizzazione delle persone in difficoltà, non è ancora diffuso tra tutti gli escursionisti. Anche se praticamente tutti hanno un telefono, non tutti attivano il gps o possiedono strumenti digitali utili a un intervento più rapido. Questo rallenta i tempi di recupero e rischia di compromettere operazioni salvavita.
Il profilo degli escursionisti e il comportamento legato all’età
Determinati aspetti anagrafici sembrano influire sul tipo di esperienza in montagna e sull’approccio alla sicurezza. Secondo Dellantonio, chi supera i 50 anni tende ad affrontare i percorsi con maggiore cautela e preparazione, soprattutto i turisti europei stranieri che arrivano con attrezzature e condizioni fisiche adeguate.
Ci sono però eccezioni, che allungano la lista delle situazioni critiche. Le persone più giovani e inesperte si spingono oltre le proprie possibilità, spesso incappando in incidenti. Anche coppie che si trovano in difficoltà per questioni personali finiscono col dover chiedere aiuto: ad esempio, discussioni durante la salita con conseguenti problemi fisici o psicologici che costringono a tornare indietro prima del previsto.
Questa dinamica riflette bene l’insieme di fattori diversi che rendono complesso il quadro attuale della frequentazione delle aree montane.