Il tribunale di Napoli ha emesso la sentenza sul caso del cipresso caduto nell’ippodromo di Agnano che causò la morte di Mohamed Boulhaziz, cittadino marocchino. L’evento risale al 22 dicembre 2019. Il giudice monocratico Eliana Franco ha assolto Pierluigi e Luca D’Angelo, responsabili della gestione dell’ippodromo, con la formula “perché il fatto non sussiste”. Sono stati riconosciuti completamente estranei alle accuse di omicidio colposo relative all’incidente.
Il contesto dell’incidente e le accuse iniziali
Il 22 dicembre 2019 un cipresso nell’area dell’ippodromo di Agnano, a Napoli, è improvvisamente crollato e ha provocato la morte di Mohamed Boulhaziz, di 62 anni e origine marocchina. L’episodio ha portato all’apertura di un processo nei confronti dei gestori del sito, Pierluigi e Luca D’Angelo. Questi erano accusati di omicidio colposo per aver presumibilmente mancato di garantire condizioni di sicurezza adeguate nell’area. L’inchiesta si è concentrata sulla responsabilità della struttura e della sua manutenzione, verificando se le misure adottate fossero sufficienti per prevenire il crollo dell’albero.
Il procedimento ha avuto un forte impatto nel territorio, considerato il drammatico esito causato da un elemento naturale rovinato. Il caso ha anche acceso un dibattito sull’effettiva sicurezza degli spazi pubblici nell’area urbana di Napoli, portando attenzione alle modalità con cui vengono gestiti parchi e aree verdi di rilievo. La necessità di valutare se le norme di sicurezza fossero completamente rispettate ha dominato le fasi iniziali del processo.
Leggi anche:
La difesa degli imputati
Gli avvocati della difesa, guidati da Marco Campora, hanno svolto un ruolo cruciale nel processo. Hanno presentato una serie di consulenze tecniche in grado di chiarire le cause immediate del crollo. Esperti nominati dalla difesa hanno sostenuto che il cedimento del cipresso si è verificato per via di condizioni meteorologiche eccezionali, fuori dall’ordinario. Venti forti, piogge intense e altri fattori naturali hanno aggravato lo stato dell’albero, rendendo il cedimento quasi inevitabile.
Gli avvocati hanno quindi ribadito che i D’Angelo avevano applicato tutte le norme previste per assicurare la sicurezza nello spazio dell’ippodromo. Le operazioni di controllo e manutenzione erano state eseguite con regolarità, e non vi erano omissioni o negligenze da parte loro. Questi rilievi hanno spostato il centro della discussione dalla presunta responsabilità umana a un evento naturale imprevedibile, indebolendo assai la posizione dell’accusa.
Elementi chiave della difesa tecnica e ambientale
La difesa ha portato documentazione e testimonianze finalizzate a dimostrare che il disastro non poteva essere evitato con interventi umani, considerata la natura del fatto. Anche il contesto ambientale ha giocato un ruolo: la presenza di alberi vetusti e la particolare esposizione meteorologica di Agnano hanno contribuito a questo episodio raro e tragico. Ma nessuna condotta colposa o imprudente è stata individuata nella gestione.
La sentenza e le reazioni legali
Il giudice monocratico Eliana Franco ha emesso la sentenza di assoluzione piena per Pierluigi e Luca D’Angelo: “perché il fatto non sussiste”. La decisione ha tolto ogni dubbio su una loro eventuale responsabilità penale nel crollo. Marco Campora, legale dei due gestori, ha spiegato che l’esito conferma quanto emerso durante il processo, ovvero che non ci sono elementi per attribuire alcuna colpa a chi gestiva l’area. Campora ha espresso soddisfazione per la sentenza che ha chiarito in modo definitivo l’estraneità dei suoi assistiti all’accaduto.
Anche gli altri imputati nel procedimento, rappresentati dagli avvocati Mariavittoria Russo, Marcello Marasco e Luca Raviele, hanno ottenuto l’assoluzione con la stessa formula piena. Il verdetto ha chiuso così un procedimento penale lungo, segnato da esami tecnici approfonditi e ricostruzioni dettagliate. Il giudice ha scelto di riconoscere che l’evento è stato frutto di una causa eccezionale e non di omissioni nella gestione dell’ippodromo.
Considerazioni sul processo e sul contesto meteo
Il ritardo nella chiusura della vicenda ha messo in luce alcune difficoltà nel valutare certificazioni e responsabilità in casi che coinvolgono agenti naturali. Il processo ha sottolineato il peso che le condizioni meteo estreme possono avere nel danneggiare elementi strutturali anche ben curati. Infine, ha chiarito che nel sistema giudiziario occorre distinguere tra dolo o colpa e fenomeni fortuiti.
Il caso di Agnano resta un riferimento importante per la gestione del verde urbano e la sicurezza degli spazi aperti nelle città italiane. Fa emergere l’esigenza di criteri trasparenti per monitorare alberi ad alto rischio, mantenendo la tutela pubblica senza generare ingiustificate accuse verso chi opera nella cura delle aree verdi.