Area riformista del Pd critica elly schlein dopo i referendum con toni differenti fra i gruppi interni

Area riformista del Pd critica elly schlein dopo i referendum con toni differenti fra i gruppi interni

Dopo la sconfitta ai referendum, l’area riformista del Pd critica Elly Schlein mentre la minoranza bonacciniana invita alla prudenza; il partito si prepara a un confronto interno sulla strategia futura.
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Dopo la sconfitta referendaria, l’area riformista del Pd critica duramente la segretaria Schlein, mentre la minoranza bonacciniana propone un approccio più moderato e costruttivo; il partito si prepara a un confronto interno per definire la strategia futura. - Gaeta.it

Dopo il risultato deludente dei referendum, l’area riformista del Pd ha espresso critiche verso la segretaria Elly Schlein. Le reazioni interne si dividono tra rigore e moderazione: alcuni esponenti sono intervenuti con parole dure, mentre la minoranza bonacciniana preferisce un approccio prudente e costruttivo. Nel frattempo, il partito prepara un confronto sulla strategia futura e il bilancio delle ultime battaglie politiche.

Reazioni immediate e differenze tra le componenti del pd

Subito dopo la diffusione dei risultati referendari, alcuni esponenti dell’area riformista hanno preso posizione con parole forti. Pina Picierno, eurodeputata e vicepresidente del Parlamento europeo, ha definito la sconfitta “profonda, seria e evitabile”, sottolineando che il voto ha rappresentato “un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre”. La sua critica si concentra sul distacco dal Paese reale, che a suo avviso non cerca rivendicazioni sul passato ma vuole guardare avanti. Picierno invita la segreteria a maturità e serietà, evitando analisi superficiali sui numeri.

Pareri di altri esponenti

Pareri simili arrivano da Elisabetta Gualmini, che ha giudicato negativo lo sforzo di mobilitare tutto il partito e tutti i circoli su un referendum che avrebbe dovuto correggere il “vecchio Pd”. Lo ha definito un “boomerang” e un “referendum politico contro se stessi”. Gualmini rimarca come questa partecipazione abbia causato divisioni interne più che coesione.

Giorgio Gori segnala che il Pd si è infognato in una “battaglia ideologica, anacronistica e tecnica”, portata avanti insieme alla Cgil, contro la propria storia. In tanti non l’hanno capita, il risultato è stato dividere il mondo progressista e le forze sindacali. Per Filippo Sensi invece è un problema di linguaggio e contenuti: i referendum si sono rivolti a una parte stretta dell’elettorato e hanno colpito la questione simbolica del lavoro in modo poco efficace, lasciando fuori la complessità del Paese.

Una posizione più cauta dall’area bonacciniana

L’ala più moderata del Pd, guidata da Stefano Bonaccini, ha scelto invece un tono pacato. Bonaccini ammette che “si è mancato l’obiettivo” e sottolinea la necessità di riflettere, perché più di due terzi degli italiani non hanno votato. Allo stesso tempo sconsiglia alla destra di schernire il voto: i 14 milioni di italiani che hanno partecipato superano il totale dei voti raccolti dai partiti di governo alle ultime politiche. Ricorda che quei voti vanno rispettati, anche se non bastano per vincere.

La minoranza bonacciniana

La minoranza bonacciniana evita di fiaccare la segreteria, preferendo valorizzare la partecipazione significativa al voto e chiedere un confronto sereno all’interno del partito. Si pensa a una discussione dedicata sulle cose da cambiare per le prossime elezioni e a una verifica su ciò che ha funzionato e cosa no. Per il momento, però, non è stata ancora convocata una riunione specifica, anche per non alimentare le polemiche nell’immediato e non fornire il fianco agli attacchi del centrodestra.

Verso una riflessione interna sul futuro del pd

Il Pd si prepara a un momento di bilancio e discussione più approfondito. La direzione prevista nei prossimi giorni porterà all’ordine del giorno il bilancio politico, ma non è detto che si affronti subito il tema dei referendum. Per trattare la questione in modo completo, è probabile che serva una convocazione ad hoc.

Le differenze di approccio riflettono una tensione interna: da un lato chi vuole una verifica netta e una critica severa alla linea seguita, dall’altro chi invita a non disperdere le energie e a concentrarsi sul rilancio elettorale. Il punto resta trovare un equilibrio tra riconoscere la sconfitta, preservare gran parte del consenso ottenuto e preparare la strada verso le sfide politiche dei prossimi mesi.

L’area riformista punge e richiama la segreteria a misurarsi con un Paese che chiede risposte più ampie e comprensibili. Ancora in attesa di un appuntamento ufficiale per discutere dopo la sconfitta, il Pd sembra obbligato a confronto e aggiustamenti per tornare a farsi spazio nel dibattito nazionale.

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