La Procura di Catania ha richiesto l’archiviazione dell’inchiesta che coinvolge sette magistrati e due giornaliste del quotidiano La Sicilia. Questi ultimi sono stati indagati per presunti reati di abuso d’ufficio e rivelazione del segreto d’ufficio in relazione a indagini sulla verità delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. Al centro dell’inchiesta le dichiarazioni di Maurizio Avola, legate a eventi significativi della lotta contro la mafia siciliana, tra cui la strage di Paolo Borsellino.
Il contesto dell’inchiesta
Il fascicolo è stato aperto d’ufficio dalla Procura di Catania, sulla base delle denunce presentate dal collaboratore di giustizia Maurizio Avola. Avola è un ex sicario della mafia di Catania, noto per il suo coinvolgimento nel clan Santapaola. Le sue dichiarazioni riguardano la strage di Borsellino, avvenuta il 19 luglio 1992, in cui il magistrato e cinque agenti della polizia di Stato furono uccisi in un attentato. Le indagini erano volte ad accertare la veridicità delle sue affermazioni, che includevano ammissioni di colpevolezza e indicazioni su altri membri storici della mafia siciliana, come Benedetto ‘Nitto’ Santapaola e altri suoi luogotenenti.
Le accuse mosse contro i magistrati, che operavano a Caltanissetta e alla Direzione Nazionale Antimafia, venivano contestate da Avola. Secondo la sua denuncia, i pubblici ministeri avrebbero interpretato le sue dichiarazioni come false, portando quindi all’iscrizione dello stesso Avola e del suo avvocato nel registro degli indagati. Da segnalare l’importanza dell’equilibrio tra l’indagine penale e la protezione dei diritti del collaboratore e del suo legale, soprattutto nelle fasi iniziali di un’inchiesta.
Le accuse di abuso d’ufficio e rivelazione del segreto
La richiesta di archiviazione della Procura di Catania si è fondata sulla presunta mancanza di prove concrete in merito alle accuse di abuso d’ufficio e rivelazione del segreto d’ufficio. I magistrati indagati erano accusati di aver registrato Avola e il suo difensore, nonostante non ci fossero i presupposti di legge per farlo. Ancora più grave sarebbe stata la decisione di interrogare alcuni giornalisti coinvolti nello sviluppo delle dichiarazioni di Avola, già indagati. Le richieste di intercettazione e i metodi di indagine utilizzati avrebbero, secondo la Procura, configurato una gestione scorretta e strumentale della situazione.
La Procura ha specificato che la richiesta di archiviazione era stata presentata già nel novembre 2022, e che la notizia pubblicata su La Sicilia era datata luglio dello stesso anno. Rilevante è, inoltre, il fatto che l’abuso d’ufficio, alla luce delle recenti modifiche legislative, non potrà più essere contestato, avendo imposto un’ulteriore riflessione sull’evoluzione delle normative vigenti.
La posizione degli indagati e le conseguenze legali
La conferma della richiesta di archiviazione è arrivata dall’avvocato Ugo Colonna, legale di Maurizio Avola, il quale ha riscontrato la decisione della Procura di non proseguire con l’indagine nei confronti delle due giornaliste, Laura Distefano e Laura Mendola. Si segnala anche che non vi sarà opposizione alla posizione di queste ultime, accusate di rivelazione del segreto d’ufficio. A differenza della loro situazione, i sette magistrati non potranno opporsi alla decisione di archiviazione, dato che il reato di abuso d’ufficio è stato abrogato.
Questo sviluppo evidenzia non solo la complessità delle indagini in ambito mafioso, ma anche le implicazioni legali e procedurali in un caso che ha attirato l’attenzione pubblica. La vicenda rimarca l’importanza della trasparenza e della giustizia, specialmente quando si trattano crimini di tale gravità , come quelli legati alla mafia e agli omicidi di magistrati. Le ripercussioni e la percezione di questi eventi si estendono oltre l’ambito giuridico, coinvolgendo direttamente anche la sfera sociale e culturale della Sicilia e dell’Italia intera.