Negli ultimi due decenni, in Messico si sono perse le tracce di oltre centoventimila persone. Famiglie disperate cercano i propri cari in un clima segnato dalla criminalità e dalla insicurezza. Il vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di città del messico, monsignor francisco javier acero, ha lanciato un appello alle autorità politiche e ai vari attori sociali affinché si uniscano nell’impegno di ricercare questi scomparsi. Le famiglie organizzate in gruppi di “cercatori” non attendono più interventi istituzionali, ma scavano con le proprie mani per trovare segni dei loro cari. Il fenomeno si lega a dinamiche complesse di violenza legate al narcotraffico e altre attività illecite che colpiscono l’intero paese.
La ricerca diretta delle famiglie nelle zone più insicure del messico
Da anni, più di duecento gruppi di madri e padri, detti “cercatori”, perlustrano e scavano terreni isolati, dove presumibilmente potrebbero trovarsi le fosse clandestine in cui sono stati sepolti i loro figli e familiari. Questi gruppi operano su indicazioni raccolte tramite fonti anonime, come le cosiddette “cassette della pace”, collocate in decine di parrocchie sparse per tutto il paese. Qui chiunque, senza rivelare la propria identità, può segnalare luoghi sospetti o movimenti strani. Secondo i dati ufficiali del Ministero degli Interni, dal 2006 a oggi si contano più di 125 mila persone scomparse. Le ricerche condotte dai “cercatori” avvengono spesso in condizioni difficili e pericolose, ma illustrano la disperazione e la determinazione di chi rifiuta di arrendersi di fronte all’assenza di risposte istituzionali.
Le famiglie che partecipano a queste attività sanno bene che, nella maggior parte dei casi, i loro cari sono finiti vittime delle violenze generate dal narcotraffico o da regolamenti di conti legati a interessi politici e criminali. Alcuni sono stati rapiti da reti coinvolte nel commercio illegale di organi, una spiegazione che emerge dallo studio dei nomi delle persone scomparse, spesso giovani, bambini e neonati. Questo tipo di violenza ha scavato un solco profondo nel tessuto sociale messicano, suscitando dolore e rabbia, soprattutto per la mancanza di risposte efficaci da parte delle istituzioni.
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Il ranch dell’orrore: la scoperta che ha scosso il messico
A marzo 2025, nel comune di teuchitlán, nello stato di jalisco, un gruppo di “cercatori” ha trovato un’area terribile, ribattezzata subito “ranch dell’orrore”. Il luogo era stato usato come centro di addestramento delle mafie e, sorprendentemente, anche come campo di sterminio con forni crematori destinati a bruciare corpi. Gli scavi hanno portato alla luce centinaia di ossa carbonizzate, oltre a più di milleottocento oggetti personali abbandonati, tra cui vestiti, scarpe e quaderni.
L’indignazione è cresciuta quando si è appreso che, sei mesi prima, le autorità avevano sottovalutato la possibilità che quel sito contenesse resti umani. La scoperta è diventata emblematica della mancata attenzione delle forze dell’ordine e dell’inerzia dello stato davanti a segnalazioni e indizi importanti. La conferenza episcopale messicana ha preso posizione pubblicamente, denunciando i crimini contro l’umanità e invitando il governo a riconoscere la sua responsabilità. Il nodo centrale resta anche il legame tra narcotraffico e politica, che rende difficile la risoluzione di queste situazioni.
Monsignor francisco javier acero, che da tempo segue personalmente le famiglie dei scomparsi, ha promosso i dialoghi di pace nel 2024, cercando di coinvolgere tutte le parti interessate. L’incontro con i gruppi di “cercatori” avviene mensilmente, permettendo alle persone di confrontarsi, condividere nuove informazioni e affrontare l’angoscia collettiva.
Come funzionano le cassette della pace nelle parrocchie
Le cassette della pace sono contenitori posti in chiese e parrocchie per raccogliere messaggi anonimi. Chi sospetta l’esistenza di fosse clandestine o di movimenti sospetti può scrivere un messaggio indicando un indirizzo o una zona. Durante gli incontri mensili dei gruppi di “cercatori”, queste segnalazioni vengono esaminate e messe in comune.
Questi appunti hanno permesso di scoprire corpi in diverse località e anche di individuare case dove le vittime erano tenute sequestrate. Il sistema si basa sulla riservatezza e sul coinvolgimento diretto della comunità. Le informazioni così raccolte consentono di affrontare casi che altrimenti resterebbero nel silenzio. Questo metodo alternativo mette al centro il ruolo della Chiesa, garante di uno spazio di fiducia e anonimato per le persone.
La Chiesa, attraverso queste cassette, si fa tramite di una comunicazione che le istituzioni non riescono a gestire con sufficiente efficacia. Monsignor acero evidenzia la volontà di coinvolgere le autorità per migliorare le ricerche e aprire spazi di dialogo costruttivi, evitando che la sofferenza delle famiglie resti privata di attenzione pubblica.
Il dialogo tra chiesa, famiglie e autorità rimane fragile
Monsignor acero sottolinea che il lavoro con le famiglie “cercatrici” non esclude il coinvolgimento delle istituzioni. Il loro appello riguarda tutta la società, con la richiesta di abbattere muri e costruire ponti, in particolare con il governo. I primi passi verso il dialogo sono stati fatti, ma persistono timori riguardo a protagonismi che sminuirebbero il dolore vissuto dalle famiglie o banalizzerebbero il problema.
La commissione di ricerca istituita ha fatto qualche progresso, ma secondo il vescovo l’errore sta nel metodo, nella mancanza di persone capaci davvero di ascoltare. Le famiglie chiedono solo di essere ascoltate, di poter esprimere il loro dolore e la loro angoscia senza essere messe da parte. La mancanza di risposte lascia le vittime impossibilitate a elaborare il lutto, perché ignorano il destino dei propri cari.
L’obiettivo resta mantenere il dialogo aperto e lontano da divisioni ideologiche. La Chiesa, spiega acero, accompagna queste persone con lo spirito del Vangelo, ascoltandole come farebbe gesù. Questo accompagnamento intende essere un supporto concreto, che non scimmiotta la politica o i tempi istituzionali, ma si concentra sulla sofferenza umana reale.
Iniziative già realizzate e ruolo della chiesa in messico
La Chiesa messicana si è fatta mediatore nel conflitto, promuovendo la pace e dando voce ai familiari delle persone scomparse. Attraverso le parrocchie ha portato all’attenzione pubblica la gravità del fenomeno, stimolando un’interazione con le autorità. I dialoghi di pace del 2024 hanno rappresentato un momento importante per iniziare a tracciare un percorso comune.
Monsignor acero evidenzia come sia urgente mettere a punto un’agenda condivisa, capace di trasformare le parole in fatti concreti. Le famiglie coinvolte chiedono sempre più che nelle messe si ricordino i nomi di chi manca, così da riconoscerne la presenza spirituale e mantenere viva la memoria.
Anche fuori dalla capitale, diversi vescovi si impegnano con i “cercatori”, spesso in luoghi a rischio, cercando di garantire protezione e accompagnamento discreto. Il passo successivo suggerito da acero è un maggior coordinamento tra le diocesi, per rafforzare la rete di sostegno e confronto. Soltanto così si potrà consolidare un lavoro comune che abbia forza e coerenza sul territorio nazionale.