Il comico palermitano Angelo duro è al centro di un’indagine della procura di Roma, che lo accusa di evasione fiscale per 150mila euro relativi all’anno 2023. L’inchiesta riguarda un presunto espediente contabile volto a ridurre il carico fiscale, attraverso un uso particolare della partita Iva e la costituzione di una società. I fatti sollevano dubbi sulle modalità di gestione economica nel mondo dello spettacolo e i confini tra ottimizzazione e illecito.
La contestazione della procura di roma sul regime fiscale di angelo duro
L’indagine comincia da un controllo amministrativo sul comico Angelo duro, noto volto della comicità italiana. I magistrati, guidati dal procuratore Stefano pesci, hanno approfondito diversi aspetti della sua gestione fiscale. Al centro del caso c’è il regime fiscale adottato da duro, che si era affidato alla partita Iva in regime forfettario.
Il regime forfettario consente a lavoratori autonomi con ricavi inferiori a 85mila euro all’anno di pagare un’imposta unica agevolata, riducendo così la pressione fiscale. Secondo l’accusa però, una volta superato questo tetto di ricavi, duro non ha aderito al regime ordinario, più oneroso, ma avrebbe adottato una scorciatoia che riguarda la creazione di una società. Questo stratagemma avrebbe consentito di continuare a incassare compensi senza cambiare la natura dell’attività professionale, evitando così gli obblighi previsti dalla legge.
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La procura sostiene che questa società non avesse una reale autonomia imprenditoriale, ma rappresentasse una mera copertura per aggirare le regole fiscali senza alterare l’attività primaria di duro. In sostanza, l’operazione mirava a ridurre il carico fiscale da pagare, quantificato dagli investigatori in circa 150mila euro per il 2023.
Il meccanismo della partita iva a intermittenza e le accuse sulla nuova società
Questo tipo di procedura, definita in gergo tecnico “partita Iva a intermittenza”, viene spesso citato in ambito tributario come un tentativo di eludere le norme fiscali. Nel caso di Angelo duro, la nuova società creata avrebbe replicato sostanzialmente le stesse prestazioni svolte direttamente da lui, senza apportare modifiche di rilievo all’attività.
Non c’erano dipendenti né strutture operative distinte rispetto a quelle abituali del comico. La società, secondo gli inquirenti, ha funzionato solo come uno strumento per nascondere al fisco i ricavi effettivi, consentendo di mantenere un regime fiscale più vantaggioso.
Il procuratore Stefano pesci ha avviato una serie di accertamenti mirati: ha raccolto documenti contabili, statuti societari e flussi di pagamento per dimostrare che la società non godeva di una autonomia reale rispetto all’attività di duro. Questo aspetto è decisivo per distinguere tra una struttura d’impresa legittima e un espediente illecito.
Reazione di angelo duro e sviluppi futuri della vicenda
Al momento Angelo duro non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche sulla vicenda. Le persone a lui vicine hanno sottolineato che la scelta di passare attraverso una società sarebbe stata dettata da ragioni organizzative, senza intenti fraudolenti. Tuttavia la procura ha formalizzato l’accusa ed è probabile che duro venga chiamato a fornire chiarimenti nelle prossime settimane.
Non è ancora chiaro se la questione si risolverà in ambito tributario, con un possibile accordo col fisco per regolarizzare la posizione, oppure se proseguirà come un procedimento penale per dichiarazione fraudolenta. La complessità dell’inchiesta permette ancora diverse ipotesi, anche se il fascicolo segue un percorso rigoroso per ricostruire con precisione le azioni compiute.
Impatto del caso duro sul mondo dello spettacolo e delle partite iva
La vicenda di Angelo duro richiama l’attenzione sul fenomeno diffuso e discusso dell’uso delle partite Iva tra artisti, freelance, influencer e creativi. In questo contesto spesso la linea tra una gestione fiscale lecita e modi poco ortodossi per pagare meno tasse appare sottile.
Nel mondo dello spettacolo, dove le figure pubbliche si sovrappongono spesso alla loro rappresentazione giuridica, il rischio che si ripetano situazioni simili a quella che coinvolge duro resta alto. L’esempio di questo caso potrebbe spingere la magistratura e il fisco a intensificare i controlli e ad approfondire altre posizioni analoghe.
Il nome di Angelo duro diventa così simbolo di un dibattito più ampio sulle modalità con cui i professionisti del settore affrontano gli obblighi fiscali, senza dimenticare che la presunzione d’innocenza resta un principio fondamentale fino a eventuali sentenze della giustizia.