Il caso di Alessia Pifferi, condannata per la morte della figlia Diana, lasciata sola e morta nell’estate del 2022, si arricchisce di un nuovo capitolo. La perizia psichiatrica appena conclusa ha stabilito che, al momento del reato, la donna era lucida e capace di intendere e volere. Un elemento che rafforza la condanna di primo grado. La famiglia materna di Diana, che ha seguito con attenzione tutto il procedimento, si è detta soddisfatta del risultato, ribadendo che non ci sono disturbi mentali alla base delle azioni di Pifferi.
La perizia psichiatrica conferma: Alessia Pifferi era lucida
Dopo oltre sei mesi di accertamenti, con una proroga di tre mesi per completare l’analisi, la perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise d’appello di Milano ha tracciato un quadro chiaro. Il focus era capire se Pifferi fosse capace di intendere e volere quando ha abbandonato la figlia.
Il documento medico-legale parla di un deficit cognitivo di origine infantile, ma sottolinea che questa difficoltà non ha compromesso la piena consapevolezza delle sue azioni. Nessun disturbo psichico che potesse scagionarla o attenuare la sua responsabilità. In sostanza, la perizia conferma quanto deciso in primo grado: Alessia Pifferi è colpevole di omicidio volontario aggravato e rischia l’ergastolo.
Questa valutazione sulla sua capacità mentale è cruciale per l’appello, con la discussione fissata al 24 settembre 2025 e la sentenza attesa il 22 ottobre. Il punto è che Pifferi avrebbe agito con piena coscienza, mostrando lucidità anche nei momenti decisivi.
La famiglia di Diana: “Nessuna malattia mentale, solo responsabilità”
La famiglia materna di Diana, assistita dall’avvocato Emanuele De Mitri, ha espresso soddisfazione per la conferma arrivata dalla perizia. De Mitri, che rappresenta la zia e la nonna della bambina, ha sottolineato come il risultato rafforzi quanto già stabilito dal tribunale di primo grado. La donna non soffrirebbe di alcun disturbo mentale.
Secondo l’avvocato, Pifferi appare come una persona consapevole, con un carattere segnato da presunzione e arroganza nel quotidiano. Non ci sono elementi clinici che possano giustificare una riduzione della sua responsabilità penale. Al massimo, si tratta di un tratto della sua personalità, negativo ma comunque frutto di una piena capacità decisionale.
Questa posizione rafforza la linea dell’accusa, che si oppone alle strategie difensive mirate a mostrare Pifferi come incapace di intendere. La famiglia della vittima, insieme ai loro legali, ha mantenuto alta l’attenzione sulla ricerca di giustizia per Diana, mentre il processo d’appello si avvicina alle sue fasi decisive.
Indagini su possibili manipolazioni: il processo entra nella fase finale
Nel frattempo, gli inquirenti stanno approfondendo il sospetto che la difesa abbia cercato di far apparire meno lucida Alessia Pifferi per ottenere attenuanti. Questo filone d’indagine sarà esaminato nell’udienza preliminare dell’11 settembre 2025.
Il processo d’appello resta aperto a sviluppi importanti. La corte dovrà valutare con attenzione tutte le prove raccolte finora. L’inchiesta sulle presunte manipolazioni potrebbe pesare sull’esito finale.
Il 24 settembre a Milano si discuterà la validità di ogni elemento, tenendo conto della perizia psichiatrica che esclude malattie mentali significative. La sentenza, prevista per il 22 ottobre, sarà decisiva per il futuro giudiziario di Alessia Pifferi.
L’attenzione resta alta su questo procedimento, che continua a tenere viva la memoria di Diana. Un caso che mostra come la giustizia penale italiana affronta situazioni delicate, cercando di far emergere la verità attraverso approfondimenti tecnici e processuali.