Al padiglione rom e sinti alla triennale di milano la mostra motherland otherland esplora la casa tra identità e discriminazione

Al padiglione rom e sinti alla triennale di milano la mostra motherland otherland esplora la casa tra identità e discriminazione

La 24a Esposizione Internazionale della Triennale di Milano presenta “Motherland Otherland”, una mostra che esplora il concetto di casa e identità attraverso l’arte dei Rom e Sinti, promuovendo inclusione e resistenza culturale.
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La mostra "Motherland Otherland" alla 24a Triennale di Milano esplora il concetto di casa e identità attraverso l’arte dei Rom e Sinti, mettendo in luce resistenza, memoria e inclusione contro la discriminazione. - Gaeta.it

La 24a Esposizione Internazionale della Triennale di Milano accoglie la mostra “Motherland Otherland”, un progetto che indaga il concetto di casa non solo come spazio tangibile, ma come elemento centrale nella costruzione sociale di identità e confini tra inclusione ed esclusione. Il padiglione dedicato ai Rom e Sinti si apre il 17 maggio con opere di artisti che raccontano la resistenza e la memoria di una comunità spesso marginalizzata. La mostra, sostenuta dall’Unar, riflette sulle diseguaglianze e propone una riflessione profonda sul senso di appartenenza in una società che tende a escludere.

Il padiglione rom e sinti alla triennale: un luogo di memoria e resistenza

La Triennale di Milano dedica uno spazio importante al tema delle diseguaglianze, con particolare attenzione alla comunità Rom e Sinti. Il padiglione dedicato a queste comunità si presenta come un luogo dove l’arte diventa strumento di denuncia ma anche di riconoscimento culturale. Questo spazio si trasforma in una sorta di punto d’incontro tra passato e presente, dove la memoria delle esistenze e delle discriminazioni si intreccia con la volontà di raccontare un futuro di convivenza.

L’esposizione, intitolata “Motherland Otherland”, riunisce le opere di sei artisti di origine Rom e Sinti provenienti da diversi paesi europei: Polonia, Albania, Italia, Ungheria e Regno Unito. Attraverso tecniche diverse, dalle installazioni alle arti visive, emergono riflessioni sul concetto di casa come simbolo politico e sociale. Il padiglione, così, diventa un ambiente vivo, capace di trasmettere la complessità di una realtà che spesso viene ignorata o fraintesa.

La mostra si apre come un atto di resistenza culturale e politica, in cui l’arte rappresenta lo strumento per riaffermare l’identità di comunità che lottano contro ogni forma di esclusione. Le esperienze personali e collettive raccontate negli spazi espositivi si miscelano con il richiamo alla necessità di un riconoscimento più ampio a livello sociale. Il valore della casa va ben oltre le mura fisiche, si traduce in una zona di incontro tra culture e storie diverse.

Il progetto motherland otherland e la sua forza collettiva

“Motherland Otherland” nasce da un’idea che supera la rappresentazione individuale, per trasformarsi in gesto collettivo. Dalla direzione artistica di Dijana Pavlovic e Hanna Heilborn, la mostra mette insieme sei voci capaci di raccontare, con stili differenti, il rapporto con la casa vista come spazio di radicamento ma anche di esclusione. L’obiettivo dichiarato è porre la questione della convivenza in termini nuovi, richiamando valori come uguaglianza e inclusione.

Ogni opera presente riflette il valore politico che il concetto di casa porta con sé nelle vite dei Rom e dei Sinti. L’arte diventa allora mezzo per superare l’immagine stereotipata di questa popolazione, spesso percepita solo come “altro”. La mostra ribalta questa visione con contenuti che evidenziano diverse sfaccettature dell’identità, mettendo al centro le esperienze di chi vive sulla propria pelle la discriminazione.

L’attenzione non è solo estetica. Le opere segnano un itinerario emotivo e culturale dove la casa è simbolo di sicurezza ma anche di confine tra appartenenza e esclusione. Il titolo stesso suggerisce una terra madre accanto a un luogo altro, che non può più essere ignorato. Il progetto coinvolge artisti da paesi differenti per sottolineare quanto le questioni di inclusione riguardino ambiti transnazionali.

La voce di dijana pavlovic e il riconoscimento politico e culturale

Dijana Pavlovic, attrice e attivista rom, ha portato all’interno di “Motherland Otherland” una visione netta e decisa sul tema della discriminazione. Secondo lei, il fenomeno antiziganismo non è un episodio isolato ma una struttura sistematica su cui si fondano molte società. Il giovane Rom o Sinto non rappresenta solo un individuo ma diventa simbolo dell’alterità necessaria, un confine che delimita chi è dentro e chi resta fuori nelle dinamiche sociali.

La sua lettura, che ha orientato l’intero progetto, mostra come la discriminazione sia un meccanismo usato per definire l’identità collettiva attraverso un “altro” da cui differenziarsi. Questo rende il riconoscimento della comunità Rom e Sinti cruciale non solo per giustizia sociale, ma per ridefinire la società stessa. L’esposizione alla Triennale si inserisce in questo quadro, rappresentando un passo significativo in tal senso.

Due volte nella storia della Triennale di Milano è stata issata la bandiera dei Rom e Sinti. Questa volta, non si tratta solo di un simbolo riconoscitivo ma di una dichiarazione politica e culturale ben precisa. Il gesto ha valore pubblico e segna un momento di visibilità ufficiale per una popolazione che per decenni è stata ignorata o marginalizzata. Tale esposizione pubblica contribuisce ad abbattere un muro di invisibilità che ancora circonda queste comunità.

Il progetto come spazio di dialogo e riconoscimento

Questo riconoscimento si lega a una necessità di cambiamento pratico, che trascende la mera rappresentazione artistica. Il padiglione e la mostra offrono un punto di partenza per sviluppare un discorso pubblico più consapevole. Senza retorica, l’evento segnala la presenza e la storia di chi ha subito esclusioni e la domanda di essere considerato a pieno titolo in ogni ambito.

Lo spazio del padiglione assume così una dimensione autentica, dove politica e cultura si incontrano per elaborare un discorso comunitario che riconosce il valore della diversità e ne fa elemento fondante. La visibilità che ne deriva non è solo un fatto estetico, ma un passo tangibile nella lotta contro ogni discriminazione.

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