Le Regioni italiane mostrano divari netti nella partecipazione ai programmi di screening oncologici gratuiti per mammella, cervice e colon-retto, come emerge dal report 2023 della Fondazione Gimbe basato sui dati dell’Osservatorio Nazionale Screening . Il Trentino, l’Emilia Romagna e il Veneto si confermano ai vertici della graduatoria, mentre al Sud le adesioni rimangono molto basse. Questi dati riflettono differenze nelle strategie di invito e comunicazione, con effetti importanti sui tempi di diagnosi e, di conseguenza, sulle possibilità di cura.
Regione trentino e provincia autonoma di trento primeggiano negli screening di mammella e cervice
Il Trentino si distingue per i tassi più elevati di adesione ai programmi di screening per il tumore della mammella e della cervice. Secondo l’Ons del 2023, la Provincia Autonoma di Trento registra un’adesione dell’82,5% degli invitati allo screening mammografico e del 78% per quello della cervice uterina. Questi risultati testimoniano una forte capacità organizzativa e un’attenzione particolare alla prevenzione in quelle fasce di popolazione.
Nel caso dello screening colon-rettale, la stessa provincia si posiziona al secondo posto, con il 53% di partecipazione, dietro al Veneto che raggiunge il 62%. La risposta positiva alle campagne di screening in Trentino e Provincia Autonoma sembra derivare da un’attenta pianificazione degli inviti e da una comunicazione mirata che motiva la popolazione a sottoporsi ai test.
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La diffusione di questi programmi offerti gratuitamente dal Servizio sanitario regionale facilita l’accesso e contribuisce a prevenire forme di tumore attraverso la diagnosi precoce.
Emilia romagna e veneto nelle prime posizioni della classifica degli screening oncologici
Anche Emilia Romagna e Veneto mostrano performance elevate nei programmi di screening oncologici. L’Emilia Romagna raggiunge due secondi posti e un quarto tra le classifiche dedicate a mammella, cervice e colon-retto. Il Veneto occupa posizioni alte, raggiungendo un primo posto per lo screening del colon-retto, terzo per quello della cervice e quinto per mammella.
Queste Regioni hanno investito in strutture di prevenzione e in campagne informative che favoriscono l’adesione delle persone invitate. Le differenze rispetto ad altre aree si notano nei sistemi di invito, che risultano più tempestivi e frequenti.
L’adesione più larga permette un controllo più efficace di alcune forme tumorali, riducendo ritardi nella diagnosi e aumentando le possibilità di cura. In questo senso, Emilia Romagna e Veneto rappresentano modelli per altri territori, specie per il Sud, dove i tassi di risposta rimangono bassi.
Aree meridionali d’italia fanalino di coda per coinvolgimento negli screening oncologici
Le Regioni del Sud mostrano difficoltà significative nel coinvolgere la popolazione agli screening oncologici. Sardegna, Campania, Sicilia e Calabria occupano gli ultimi posti della classifica generale elaborata dalla Fondazione Gimbe.
In particolare, la Calabria si trova al 21° e ultimo posto per tutti e tre i tipi di screening, mentre Sicilia, Campania e Sardegna occupano posizioni poco sopra, tra 17° e 20°. Solo Basilicata e Puglia evitano la zona bassa, piazzandosi a metà classifica, rispettivamente 10° e 11°. Il Lazio non si discosta molto da questa tendenza e si colloca al 16° posto.
Il dato indica difficoltà sia nell’organizzazione degli inviti sia nella comunicazione rivolta ai cittadini. Tali problemi si riflettono in ritardi nella diagnosi e in opportunità mancate di individuare precocemente lesioni potenzialmente cancerose.
Le Regioni del Sud dovranno mettere in campo interventi mirati per invertire questa curva e ridurre le disuguaglianze nella prevenzione oncologica.
Sfide organizzative e comunicative per l’aumento delle adesioni agli screening
Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha evidenziato che molte Regioni, soprattutto nel Mezzogiorno, devono migliorare la propria capacità di organizzare le campagne di invito agli screening.
Lo sforzo maggiore riguarda la comunicazione: “spiegare con chiarezza i benefici della diagnosi precoce, spiegare cosa comportano i test e coinvolgere direttamente i cittadini.”
L’adesione agli screening organizzati serve a identificare casi precoci di tumore o lesioni pre-cancerose, permettendo trattamenti meno invasivi e risultati migliori. Inoltre, favorisce un calo dei costi sanitari e contribuisce a ridurre la mortalità per cancro.
Oggi rimane un nodo aperto la scarsa partecipazione, spesso dovuta a scarsa informazione o diffidenza verso le procedure mediche preventive. Per aumentare le adesioni servono proposte concrete e capillari, insieme a un dialogo costante con la comunità , affinché venga percepita la prevenzione come un diritto e una opportunità concreta di salute.