Adenomiosi e fecondazione assistita: nuovo protocollo raddoppia le possibilità di gravidanza

Adenomiosi e fecondazione assistita: nuovo protocollo raddoppia le possibilità di gravidanza

L’adenomiosi, malattia che causa dolori e infertilità, compromette la fecondazione assistita; un nuovo protocollo ormonale sviluppato da Ivi di Bologna migliora significativamente i tassi di gravidanza nelle pazienti.
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L’adenomiosi è una patologia uterina che compromette la fertilità e rende difficoltosa la fecondazione assistita. Un nuovo protocollo ormonale sviluppato dal centro Ivi migliora significativamente i tassi di gravidanza riducendo infiammazione e squilibri ormonali. - Gaeta.it

L’adenomiosi è una malattia ginecologica che colpisce molte donne in età fertile, spesso causa di mestruazioni abbondanti, dolori pelvici e problemi di fertilità. Questa patologia può complicare i percorsi di fecondazione assistita, aumentando il rischio di fallimento dell’impianto embrionale e aborto spontaneo. Recenti studi presentati al Congresso europeo di Parigi hanno mostrato un nuovo protocollo ormonale che migliora nettamente i risultati della fertilizzazione in vitro nelle donne con adenomiosi.

Cos’è l’adenomiosi e come si manifesta

L’adenomiosi consiste nella presenza di tessuto endometriale, che di solito riveste la cavità uterina, all’interno dello strato muscolare dell’utero, il miometrio. Questo fenomeno fa spesso ispessire la parete uterina e genera sintomi dolorosi e sanguinamenti abbondanti. Non è un disturbo raro: interessa fino a una donna su cinque in età riproduttiva.

A differenza dell’endometriosi, con cui condivide alcune caratteristiche genetiche e infiammatorie, nell’adenomiosi l’endometrio diventa resistente all’azione del progesterone a causa di una mutazione specifica dell’oncogene K-ras. Questa alterazione provoca uno squilibrio ormonale, caratterizzato dall’eccesso di estrogeni e da un’infiammazione cronica, che compromettono la capacità dell’endometrio di accogliere l’embrione. Gli effetti diretti di questa condizione si manifestano quindi nel dolore pelvico e nelle difficoltà a portare a termine una gravidanza.

Il nuovo trattamento ormonale per migliorare i risultati della pma

Il centro Ivi di Bologna, sotto la guida del medico specialista Mauro Cozzolino, ha ideato un trattamento rivoluzionario per le donne con adenomiosi che si sottopongono alla fecondazione assistita. Il protocollo combina un agonista del GnRH con un inibitore dell’aromatasi, somministrati prima del trasferimento degli embrioni congelati.

Il farmaco che blocca la produzione ovarica di estrogeni viene assunto per circa due mesi, seguito da una fase di tre settimane con un medicinale che riduce l’effetto degli estrogeni a livello tessutale uterino. Questo approccio mira a spegnere “l’incendio” ormonale che mantiene attiva la malattia, riducendo l’infiammazione e migliorando la ricettività dell’endometrio. Il risultato è una migliore riuscita dell’impianto embrionale con un numero doppio di gravidanze rispetto ai trattamenti classici.

Dati concreti dallo studio di ivi roma su donne con adenomioma

La sperimentazione clinica ha coinvolto donne tra 30 e 49 anni affette da adenomiosi in forma di adenomioma, analizzando i trasferimenti di embrioni congelati. Le pazienti trattate con la nuova terapia hanno raggiunto un tasso di gravidanza del 47%, rispetto al 26% del gruppo controllo. Le gravidanze confermate ecograficamente erano il 66% nel gruppo sottoposto al protocollo e solo il 33% nel gruppo senza trattamento specifico.

I risultati hanno evidenziato anche una riduzione delle contrazioni uterine e una diminuzione dello stato infiammatorio nella zona pelvica, condizioni che contribuiscono a creare un ambiente più favorevole all’impianto dell’embrione. Si sono inoltre rilevati livelli maggiori di integrine, proteine che aiutano l’embrione ad agganciarsi all’endometrio. Questi dati restano rilevanti anche dopo aver considerato altri fattori come età, indice di massa corporea e qualità degli embrioni trasferiti.

Le nuove prospettive per il trattamento dell’adenomiosi nella fertilità

Il protocollo studiato al centro Ivi è già diventato standard negli interventi su pazienti con adenomiosi. Nessun trasferimento embrionale viene effettuato senza questo pretrattamento, che dimostra di ridurre il rischio di aborti e di aumentare la nascita di bambini. Il passo successivo sarà uno studio multicentrico, con più centri europei coinvolti per confermare ulteriormente i risultati.

La ricerca porta una chiara speranza a molte donne, spesso scoraggiate dalla diagnosi. L’adenomiosi non rappresenta più una condanna ma una condizione affrontabile, anche se occorre pazienza e, talvolta, più tentativi per ottenere una gravidanza. Il nuovo protocollo dimostra che con una terapia mirata si possono superare molte difficoltà legate a questa patologia.

L’importanza di una diagnosi precoce e accurata

Riconoscere l’adenomiosi nei primi stadi gioca un ruolo fondamentale nella gestione della fertilità femminile. Tradizionalmente la diagnosi veniva fatta solo su tessuti uterini prelevati durante l’isterectomia, in modo quindi invasivo e tardivo. Oggi l’ecografia eseguita da specialisti esperti permette di identificare la malattia senza procedure chirurgiche.

Un corretto inquadramento clinico richiede attenzione ai sintomi: mestruazioni dolorose, emorragie insolite e dolori pelvici ricorrenti non vanno ignorati o considerati semplicemente come normali. Gli specialisti raccomandano un esame ecografico dedicato da parte di ginecologi formati nello specifico, per evitare che molte donne restino senza diagnosi e quindi senza un trattamento adeguato.

Solo con una diagnosi tempestiva è possibile attivare terapie efficaci e migliorare le chance riproduttive, evitando inutili sofferenze e false partenze nei percorsi di fecondazione assistita.

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