Una bambina di 11 anni, tifosa della Lazio, si è vista impedire l’ingresso in un ristorante di Pescara a causa del suo abbigliamento sportivo. Il fatto ha sollevato discussioni su discriminazioni legate al tifo negli spazi pubblici e ha attirato l’attenzione delle squadre di calcio coinvolte. La famiglia di Emma ha vissuto un momento difficile, ma le reazioni di Lazio e Pescara calcio ne hanno dato un seguito inatteso.
L’episodio nel ristorante lido oriente di pescara
Erano presenti al ristorante Lido Oriente di Pescara la giovane Emma, i suoi genitori e la sorella, quando è scattata la disavventura. La famiglia aveva percorso circa nove chilometri in bicicletta per gustare una frittura che li aveva attirato. Il padre ha raccontato che, non appena arrivati, il proprietario del locale li ha osservati con aria sospetta. Una richiesta singolare ha subito colpito la famiglia: spostare le biciclette perché di colore celeste, come la maglia della Lazio indossata da Emma.
La situazione è degenerata quando la bambina si è avvicinata all’entrata indossando cappello e maglia biancocelesti. Al suo arrivo, il proprietario del ristorante ha negato l’ingresso, chiedendo a Emma di cambiarsi la maglia. “Questo rifiuto ha colpito profondamente la famiglia che ha vissuto un momento di grande imbarazzo e disagio.” Ad oggi, il locale non ha offerto alcuna scusa per quanto accaduto. Il padre della bambina ha denunciato l’episodio, attendendo un gesto di riconciliazione da parte del ristorante.
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La reazione della lazio e l’invito a formello
La vicenda di Emma ha superato velocemente i confini locali, raggiungendo la società Lazio che ha espresso solidarietà alla giovane tifosa. In un post ufficiale, la squadra ha manifestato il proprio dispiacere per l’episodio e ha invitato la bambina e la sua famiglia a visitare il centro sportivo di Formello. Il messaggio della Lazio ha sottolineato come la passione per i colori biancocelesti sia valore centrale, che ogni tifoso porta con sé con orgoglio.
L’invito a Formello non è stato solo simbolico, ma un’occasione concreta per Emma di incontrare giocatori, staff e chi lavora quotidianamente per la squadra. Il club ha voluto ribadire che chi ama la Lazio fa parte della sua storia e viene accolto come un membro importante della comunità sportiva. “Questo gesto ha contribuito a calmare le tensioni e a restituire dignità alla bambina che ha subito il rifiuto ingiustificato.”
Il pescara calcio prende posizione dopo la promozione
Dopo le prese di posizione di Lazio, è arrivata anche una risposta da Pescara calcio. Il club abruzzese, reduce dalla recente promozione in serie B, ha condannato pubblicamente il comportamento del ristorante. Ha espresso dispiacere per quello che ha definito un gesto senza alcuna giustificazione: negare a una bambina l’ingresso in un locale cittadino solo per la sua fede calcistica.
Il Pescara calcio si è rivolto direttamente a Emma, ribadendo che i tifosi devono poter manifestare il proprio attaccamento alla squadra senza doversi preoccupare di discriminazioni di questo tipo. È la prima volta che una società del territorio prende apertamente posizione contro un fatto che rischiava di passare sotto silenzio, mostrando una certa attenzione verso la tutela dei tifosi più giovani. La vicenda però rimane aperta per quanto riguarda il ristorante, che non ha ancora risposto alle richieste di chiarimento o scuse da parte della famiglia.
Impatto e riflessioni attorno all’episodio
Questo episodio ha acceso un dibattito sul rispetto e la convivenza tra tifoserie diverse anche in contesti non sportivi, come ristoranti e locali pubblici. Negare un accesso basandosi sul colore di una maglia sportiva apre questioni su atteggiamenti intolleranti e possibili forme di pregiudizio. La vicenda di Emma si inserisce in un contesto più ampio dove lo sport continua a rappresentare un potente elemento identitario, ma rischia di diventare pretesto per discriminazioni.
Il caso ha coinvolto non solo la famiglia ma altre realtà sportive, costringendo società importanti come Lazio e Pescara calcio a intervenire con messaggi chiari. Questi gesti mostrano come la tutela dei tifosi, anche quelli più piccoli, sia diventata un’urgenza reale. Restano però molte domande sull’atteggiamento di singoli gestori pubblici e sul bisogno di garantire spazi aperti e inclusivi per tutti. La speranza è che episodi simili non si ripetano e che esista ancora spazio per la passione sportiva senza barriere che dividano le persone.