Nel giugno 2017, un incendio devastante ha colpito il quartiere di North Kensington a Londra, trasformando un grattacielo residenziale in una scena di morte e distruzione. La tragedia ha suscitato indignazione e ha fatto emergere gravi problemi legati alla sicurezza degli edifici. Il docufilm “Il disastro di Grenfell”, disponibile su Netflix dal 20 giugno, ripercorre questo evento tragico che ha segnato in modo indelebile la capitale britannica.
Come è cominciato l’incendio alla grenfell tower
Alle 00:54 del 14 giugno 2017, i vigili del fuoco londinesi ricevettero una chiamata che segnalava un incendio in un appartamento al quarto piano della Grenfell Tower, un edificio alto 23 piani. Secondo le testimonianze, le fiamme sono nate nella cucina, probabilmente dal frigorifero-congelatore Hotpoint. Behailu Kebede, residente nell’appartamento coinvolto, dichiarò di essere stato svegliato dal fumo che usciva dalla cucina. Da lì, il fuoco ha preso rapidamente piede.
In meno di mezz’ora, le fiamme si erano propagate lungo tutta la facciata esterna, avvolgendo l’intera torre entro le 3 di notte. Il bruciare avanzava con una rapidità che sorprese anche i soccorritori. La struttura era diventata una trappola, con molti abitanti intrappolati dal fumo denso e dalla mancanza di vie di fuga adeguate. Il bilancio risultò drammatico: 72 persone persero la vita in quella notte.
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Materiali e progettazione: le cause dell’estensione rapida
La velocità con cui l’incendio si è esteso ha radici precise. La Grenfell Tower era stata ristrutturata nel 2016, scegliendo pannelli di alluminio con nucleo di polietilene per il rivestimento esterno. Questo materiale si rivelò altamente infiammabile. Quando il fuoco raggiunse la facciata, il rivestimento bruciò come benzina liquida, favorendo una propagazione intensa e veloce.
La presenza di cavità dietro il rivestimento, un isolamento interno che prendeva fuoco facilmente e finestre ricostruite con materiali combustibili ampliarono il pericolo. Anche gli impianti del gas esposti e un sistema di estrazione dei fumi che non funzionava complicarono le operazioni di soccorso. Un ascensore non adatto a un’evacuazione rapida e sicura rese più difficile il passaggio degli abitanti verso l’esterno.
Questo mix di elementi mal pianificati e materiali pericolosi trasformò la Grenfell Tower in una trappola infuocata che consumò l’edificio e le vite in poco tempo.
Le difficoltà durante l’evacuazione e il contributo dei soccorsi
La strategia di sicurezza antincendio della torre prevedeva che gli abitanti restassero negli appartamenti durante l’incendio, una scelta che si rivelò tragicamente inefficace quella notte. Già alle 1:26 fu chiaro che la situazione era fuori controllo, ma le istruzioni di evacuazione arrivarono solo alle 2:47. Molti abitanti erano intrappolati in corridoi pieni di fumo, soprattutto nelle ultime scale dell’edificio.
I vigili del fuoco riuscirono a salvare 65 persone, alcune delle quali erano state bloccate alto nei piani superiori. Altri tentarono di fuggire autonomamente o trovarono rifugio in case di vicini e amici. Le condizioni divennero però proibitive, con ventiquattro vittime concentrate tra gli ultimi piani. Il fumo nero, denso e tossico, ostacolava qualsiasi movimento verso l’esterno senza protezioni.
Le difficoltà di accesso e uscita accesero il dibattito pubblico sulle misure di sicurezza degli edifici alti, sollevando critiche sui piani di emergenza e sull’organizzazione dei soccorsi.
Gestione e indagine dopo il disastro
La Grenfell Tower faceva parte del complesso Lancaster West Estate e veniva gestita dalla Kensington and Chelsea tenant Management Organisation. L’edificio, costruito negli anni Settanta, era stato ristrutturato con un investimento di 8,6 milioni di sterline. Già prima dell’incendio, residenti avevano segnalato difficoltà e condizioni di sicurezza sospette. Questi avvertimenti non erano stati presi in seria considerazione.
Dopo il rogo, la police metropolitana di Londra avviò indagini approfondite. Esperti forensi, archeologi e odontologi contribuirono all’identificazione delle vittime e all’analisi delle cause. Più di 1100 testimoni furono ascoltati. Le accuse avanzarono ipotesi di disastro colposo e negligenza pubblica.
L’inchiesta pubblica mise in luce errori significativi nella progettazione dell’edificio, nella scelta dei materiali e nella prontezza dei soccorsi. Il primo rapporto ufficiale denunciò fallimenti sistemici, cioè carenze diffuse nelle pratiche di sicurezza e gestione edilizia, che generarono una catastrofe annunciata.