Il riconoscimento della malattia di Alzheimer ha superato una frontiera importante negli Stati Uniti grazie al primo test ematico autorizzato dalla Food and Drug Administration nel maggio 2025. Questo metodo identifica i marcatori plasmatici pTau217 e il rapporto β-Amiloide 1-42, fondamentali per la diagnosi precoce della malattia. Al centro di questa svolta ci sono due studi internazionali che hanno visto la partecipazione attiva dell’Università degli Studi di Brescia e dell’Asst Spedali Civili di Brescia. L’obiettivo è rendere più accessibile e meno invasiva la diagnosi, contrastando una patologia che coinvolge oltre un milione di italiani e cui si associa un progressivo invecchiamento della popolazione.
L’impatto della diagnosi precoce sulla gestione della malattia di alzheimer in italia
La malattia di Alzheimer rappresenta una delle emergenze sanitarie più rilevanti nel nostro Paese. Più di un milione di persone convivono con deficit cognitivi legati a forme neurodegenerative, con il morbo di Alzheimer come causa principale. La popolazione italiana oltre i 65 anni supera il 23% del totale, con una tendenza all’aumento continuo negli anni recenti. Questo spinge il sistema sanitario a confrontarsi con una domanda crescente di assistenza. La diagnosi precoce diventa cruciale perché consente di intervenire prima che i sintomi degenerino, frenando il declino cognitivo e dando modo a pazienti e famiglie di affrontare la malattia con strategie più efficaci.
I metodi finora usati per diagnosticare la malattia, seppure precisi, richiedono tecniche invasive, come la puntura lombare, sono costosi e non sempre disponibili in molte strutture sanitarie. Il test ematico per i marcatori pTau217 e il rapporto Amiloide 1-42 nel plasma rappresenta perciò un’importante evoluzione, offrendo uno strumento meno invasivo, più rapido e potenzialmente applicabile anche in ambiti di assistenza non specialistica. Questo facilita lo screening di un numero maggiore di persone a rischio o con sintomi lievi.
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I risultati degli studi internazionali con brescia tra i protagonisti
Uno degli studi chiave è stato pubblicato da Nature Medicine e ha coinvolto oltre 1.700 pazienti con segni di disturbi cognitivi provenienti da cinque centri in Europa, tra cui Brescia. Le università di Lund, Göteborg, Barcellona, insieme all’Università degli Studi e all’Asst Spedali Civili di Brescia, hanno collaborato per testare l’efficacia del marcatore pTau217/amiloide nel plasma. Il test, completamente automatizzato, ha dimostrato una capacità diagnostica superiore al 90% nei setting specialistici, mentre nelle cure primarie ha raggiunto circa l’85% di precisione. Questi dati indicano che il test può essere un valido strumento non solo per neurologi ma anche per medici di medicina generale.
Un secondo studio, pubblicato su Brain, ha approfondito la comparazione tra la tecnica completamente automatizzata e la più tradizionale semi-automatizzata chiamata Simoa. Lo studio è stato effettuato su una vasta coorte degli Spedali Civili di Brescia e ha confermato un’elevata correlazione tra i due metodi. Questo avvalora la robustezza del test plasmatico e permette di immaginare un futuro in cui il test possa diffondersi anche in laboratori diversi da quelli di centri altamente specializzati.
Collaborazione tra università e ospedale di brescia nei progetti di ricerca sulla malattia di alzheimer
I due studi su cui si basa questa svolta diagnostica sono stati realizzati dalla Clinica Neurologica del Dipartimento di Scienze Cliniche Sperimentali dell’Università di Brescia, in collaborazione con il Dipartimento di Continuità di cura e fragilità dell’Asst Spedali Civili di Brescia. La direzione scientifica è affidata ad Alessandro Padovani, professore e presidente della Società Italiana di Neurologia, mentre il coordinamento laboratoristico è curato da Duilio Brugnoni. Il lavoro ha coinvolto un’équipe multidisciplinare composta da neurologi, biologi e tecnici del Centro Nocivelli e dei laboratori centrali degli Spedali Civili.
Il progetto ha natura traslazionale, cioè cerca di trasferire rapidamente i risultati della ricerca di base alla pratica clinica. Si tratta di un elemento chiave per migliorare concretamente l’assistenza ai pazienti con Alzheimer, offrendo strumenti diagnostici più semplici e affidabili. La sinergia tra struttura universitaria e ospedaliera si rivela quindi un modello funzionale per la ricerca applicata nel campo delle neurodegenerazioni.
Gli sviluppi futuri del test ematico e il ruolo dei finanziamenti pnrr per brescia
I piani per i prossimi anni prevedono un percorso di perfezionamento del test ematico e la sua applicazione in diversi contesti clinici. Il programma di sviluppo, coordinato dalla Scuola di Neurologia di Brescia, conta su finanziamenti pubblici importanti: 3,3 milioni di euro destinati all’Asst Spedali Civili di Brescia nell’ambito del Pnrr Sanità, insieme a 2,2 milioni per l’Università di Brescia con il supporto del Pnrr Prin e del Bando Cascata.
L’obiettivo è migliorare la tecnologia alla base del test plasmatico e ampliare la rete di centri nazionali e internazionali impegnati nella sua validazione. Parallelamente, è prevista l’integrazione dei marcatori biologici con strumenti di imaging, test neurofisiologici e metodi digitali per l’analisi cognitiva e motoria. Questi progressi si inseriscono in un quadro più ampio di monitoraggio della salute cerebrale nell’intera popolazione, grazie al sostegno della Regione Lombardia e dei fondi Pnrr dedicati all’università.
L’applicazione di questi test più accessibili e combinati con altre tecnologie può cambiare la gestione della malattia di Alzheimer, aprendo la strada a strategie di prevenzione e monitoraggio più efficaci. Lo sviluppo di questo approccio diagnostico rappresenta un passaggio concreto verso una medicina più personalizzata e adattata alle esigenze di un numero crescente di persone sopra i 65 anni.