Venti condanne per mafiosi del clan ieni, oltre 180 anni di carcere a catania

Venti condanne per mafiosi del clan ieni, oltre 180 anni di carcere a catania

Il processo con rito abbreviato contro il clan Ieni di Catania si conclude con 20 condanne per estorsioni, traffico di droga e altri reati mafiosi, confermando l’impegno della procura etnea nella lotta alla criminalità organizzata.
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Il processo con rito abbreviato ha condannato membri del clan Ieni di Catania per estorsioni, traffico di droga e reati mafiosi, a seguito dell’inchiesta ‘Doppio petto’ coordinata dalla procura etnea. - Gaeta.it

Un processo con rito abbreviato ha portato a diverse condanne per appartenenti al clan Ieni di catania, coinvolti in attività criminali legate a estorsioni, traffico di droga e altri reati aggravati dall’aggravante mafiosa. Le misure sono scaturite da un’inchiesta della procura etnea che ha esaminato le attività della cosca, considerata parte della struttura mafiosa Pillera-Puntina.

L’inchiesta ‘doppio petto’ e il contesto giudiziario

L’operazione ‘Doppio petto’ nasce da un’indagine della squadra mobile di catania, conclusasi il primo dicembre 2023 con un’ordinanza di custodia cautelare per 18 indagati. Le accuse principali comprendono estorsione aggravata dal metodo mafioso, possesso di armi illegali, usura e traffico di sostanze stupefacenti. L’inchiesta ha messo in luce un sistema criminale radicato che imponeva il pagamento del ‘pizzo’ a diverse imprese locali, mettendo sotto pressione gli imprenditori del territorio.

Questa operazione nella città etnea ha coinvolto diversi esponenti di spicco del clan Ieni, riconosciuti come responsabili delle attività criminali al centro dell’attenzione degli investigatori. L’aumento delle misure cautelari è stato frutto di un lavoro investigativo condotto con attenzione dalla procura, guidata dagli aggiunti e dai sostituti che hanno portato avanti l’azione giudiziaria fino alla fase dell’udienza preliminare.

Le condanne e i protagonisti principali del clan ieni

Il giudice per le udienze preliminari, Anna Maria Cristaldi, ha emesso 20 condanne per un totale di oltre 180 anni di detenzione complessiva. Tra i maggiori imputati ci sono i figli del boss Giacomo Maurizio Ieni, deceduto e ritenuto figura di vertice all’interno del clan Pillera-Puntina. Francesco Ieni, considerato capo del gruppo, ha ricevuto una condanna di 20 anni, mentre suo fratello Dario Giuseppe Antonio Ieni è stato condannato a 12 anni e otto mesi.

Accanto ai fratelli, condanne significative sono arrivate anche per la figlia del boss, Piera Liliana Ieni, e la vedova Francesca Viglianesi, con pene di sette anni e sei mesi e dieci anni di carcere rispettivamente, per estorsione. Questi risultati sottolineano la struttura familiare al centro della cosca, con più membri coinvolti direttamente nelle attività criminali.

Il 16 ottobre 2024, a seguito di un ricorso della procura, la polizia ha notificato ai due fratelli un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. Prima, il gip aveva rigettato la misura per mancanza di elementi. La nuova decisione del tribunale del riesame ha ribaltato quella posizione, consolidando la posizione degli inquirenti.

Risarcimenti e impatto sulle vittime delle estorsioni

Un capitolo importante emerso dal processo riguarda le richieste di risarcimento danni da parte di imprenditori vittime del clan Ieni. In particolare, l’imprenditore Angelo Di Martino, noto per gestire un’attività di trasporti, ha ottenuto una provvisionale di 10.000 euro riconosciuta alla sua impresa e alla persona stessa.

Di Martino ha guidato Confindustria Catania fino al suo passo indietro il 4 dicembre 2023, poco dopo l’esposizione dell’operazione ‘Doppio petto’. L’inchiesta ha evidenziato come l’imprenditore fosse costretto a pagare estorsioni al clan, senza però denunciare. La condanna dei membri della famiglia Ieni ha previsto anche il risarcimento di danni patrimoniali e non patrimoniali subiti da chi si è trovato a subire l’oppressione mafiosa.

Il caso Di Martino non è isolato. Le estorsioni in questa parte della città hanno creato un clima di terrore e imposizione permanente a imprenditori attivi nel tessuto economico locale. La possibilità di ottenere risarcimenti rappresenta un passaggio rilevante nel percorso di giustizia per le vittime di questa forma di criminalità.

Elementi di conferma e strategie investigative della procura di catania

Questo procedimento giudiziario racconta anche il lavoro della procura di catania, impegnata a contrastare la criminalità organizzata con procedimenti specifici e incisivi. L’inchiesta ha sfruttato intercettazioni, testimonianze e attività di polizia, oltre a monitoraggi durati mesi, per ricostruire la catena degli eventi e raccogliere prove contro i membri del clan.

L’azione della procura è stata guidata dall’aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Assunta Musella e Fabio Platania, che hanno contestato a più persone diversi reati con aggravante mafiosa. La decisione di chiedere il ricorso al tribunale del riesame, per ribaltare il mancato provvedimento cautelare iniziale, ha dimostrato la tenace volontà di assicurare alla giustizia chi si presume responsabile.

Gli esiti di questo processo rafforzano il lavoro della magistratura, che nel territorio di catania continua a mantenere alta l’attenzione sulle attività delle cosche, spesso caratterizzate da intrecci familiari e ramificazioni profonde nel tessuto sociale ed economico.

Le condanne e le misure cautelari emesse rappresentano un momento importante nella lotta contro la mafia locale e confermano la volontà di limitare la presenza di gruppi criminali in città e provincia. Chi opera in questi ambienti sa che le indagini continueranno, anche per far emergere le responsabilità di altri soggetti coinvolti nei diversi episodi di illegalità.

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