Il conteggio dei prigionieri politici in Venezuela si aggiorna con dati che preoccupano chi segue da vicino la situazione dei diritti umani nel paese. Il foro penal, ong che monitora le detenzioni nel territorio venezuelano, ha rivisto al rialzo il numero di persone incarcerate per motivi politici, raggiungendo quota 940. Tra loro spiccano casi di giovani minorenni e cittadini stranieri, compreso un volontario italiano arrestato lo scorso novembre. Questi dati si inseriscono in un contesto dove le autorità negano ogni detenzione a scopi politici, accusando invece organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani di incarichi illeciti.
Aggiornamento dal foro penal: i nuovi dati sul numero di prigionieri politici
Il foro penal ha reso pubblico venerdì il suo ultimo rapporto, aggiornando a 940 il totale dei detenuti considerati prigionieri politici in Venezuelà. Il conteggio include 844 uomini e 96 donne. Una parte significativa è rappresentata da adolescenti, precisamente quattro ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Un elemento ancor più rilevante è la presenza di 85 stranieri, tra cui il cooperante veneto alberto trentini, detenuto dal 15 novembre 2024. Questi arresti costituiscono un incremento di sei unità rispetto alla rilevazione precedente, rivelando una recrudescenza nel fenomeno delle incarcerazioni per motivi politici.
Il rapporto è chiaro nel presentare questi numeri con dettaglio, segnalando non solo l’alto numero di detenzioni ma anche la composizione del gruppo. Le cifre si riferiscono alla situazione aggiornata al 30 giugno 2025, un dato importante per avere una fotografia attuale dell’andamento repressivo nel paese. Non mancano inoltre le esperienze delle famiglie dei detenuti, evidenziando come la libertà personale venga negata in modo ripetuto soprattutto per chi si oppone al governo di nicolas maduro.
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La storia recente delle detenzioni politiche in venezuelà
Sin dal 2014, il foro penal ha annotated ben 18.430 casi di arresti che considera di natura politica. Un numero che racconta anni di repressione e tensioni accese nel paese sudamericano. Questi dati riflettono le dinamiche interne alla repressione governativa delle opposizioni e di chi viene accusato di minacciare la stabilità del regime. La portata di questa pratica ha segnato profondamente la società venezuelana, lasciando molti interrogativi sulle condizioni delle carceri e sulla sorte dei prigionieri.
Nonostante queste denunce documentate, il governo venezuelano, tramite il presidente maduro e il procuratore generale tarek william saab, nega l’esistenza di prigionieri politici. Entrambi definiscono le persone arrestate come criminali comuni, sostenendo che i reati contestati spaziano dal terrorismo al tradimento della patria. Questa narrazione contrasta nettamente con le testimonianze raccolte da varie ong internazionali e dalle famiglie di chi è stato incarcerato. Il riconoscimento o meno dei prigionieri politici resta uno degli elementi centrali delle controversie sulla situazione dei diritti umani in venezuelà.
Accuse dalle autorità venezuelane contro le ong impegnate sulla questione
Le tensioni non si limitano ai casi individuali dei detenuti ma coinvolgono anche organizzazioni non governative internazionali. A fine maggio 2025, il ministro dell’interno, dei ministri della giustizia e della pace diosdado cabello ha rivolto accuse pesanti via televisione di stato a più ong impegnate nel monitoraggio e difesa dei diritti umani, tra cui foro penal, medici uniti del venezuelà e provea.
Secondo cabello queste organizzazioni sarebbero coinvolte, a suo dire, in strutture terroristiche, un’accusa che mira a screditarle e a giustificare eventuali repressioni nei loro confronti. Queste dichiarazioni rafforzano il clima di intimidazione e di controllo esercitato da parte delle autorità sulle realtà impegnate nel denunciare abusi e violazioni. L’accusa di legami con il terrorismo rappresenta una nuova linea di attacco politica contro chi documenta regolarmente le condizioni dei prigionieri e diffonde dati sulla situazione di venezuelà.
Libertà di espressione e conflitto tra ong e governo
La contrapposizione tra ong e governo riguarda così non solo la gestione dei detenuti ma anche la libertà di espressione e di monitoraggio delle violazioni dei diritti civili. Si tratta di un conflitto che evidenzia come, in regime autoritario, la narrazione ufficiale e quella delle organizzazioni indipendenti si trovino spesso a scontrarsi con conseguenze dirette sulla vita dei cittadini e degli operatori umanitari.
Questi numeri e fatti indicano una realtà complessa, mai risolta, che ancora pesa sul futuro del paese e sulla vita di chi subisce detenzioni ingiustificate in nome di un quadro politico controverso e teso.