Nel torinese, una escort transgender è stata condannata a sei anni e otto mesi di carcere per una serie di rapine aggravate e violente. Gli episodi, avvenuti nell’arco del 2024, sono stati ricostruiti grazie alle denunce di alcune vittime che hanno raccontato gli atti subiti, tra cui aggressioni fisiche e uso di spray al peperoncino per facilitare i furti. La donna ora si trova nel carcere Lorusso e Cutugno in custodia cautelare, mentre la procura indaga su possibili complici.
Il susseguirsi di episodi di violenza e rapine
La vicenda nasce da numerose denunce presentate da clienti della donna, che hanno deciso di uscire allo scoperto nonostante la delicatezza della situazione. Oltre a schiaffi e bottiglie rotte utilizzate per intimidire, sono state segnalate azioni con spray urticanti, impiegati per disorientare e immobilizzare le vittime. Molti altri casi, tuttavia, probabilmente non emersi per il disagio delle persone colpite, hanno portato alla formazione di un fascicolo corposo e dettagliato.
Gli inquirenti, una volta acquisite le prime querele, hanno focalizzato le indagini sul modus operandi della donna, ricalcando un modello di aggressione fisica con annesso furto. La concatenazione delle prove ha permesso di delineare una traiettoria precisa degli eventi risalendo alle intimidazioni con bottiglie e spray, elementi che hanno aggravato la natura delle rapine e reso il reato più grave agli occhi della legge.
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I principali episodi che hanno definito l’inchiesta
Tra le aggressioni più gravi, quella del 2 luglio 2024 si distingue: in quella data la escort ha colpito un uomo al volto con una bottiglia, sferrato schiaffi e spruzzato lo spray negli occhi della vittima. Successivamente il furto ha riguardato 225 euro in contanti e uno zaino contenente un computer portatile. L’azione violenta ha permesso di immobilizzare la vittima e asportare senza opposizione gli oggetti di valore, segnando un caso clou nell’inchiesta.
Altre azioni simili si sono verificate il 10 agosto, quando è stato sottratto un telefono e un bancomat, e poi l’11 settembre, con l’ingresso non autorizzato in un’auto parcheggiata. Qui la donna ha strappato le chiavi dal cruscotto, minacciando verbalmente il passeggero a farsi consegnare soldi prelevati allo sportello bancomat. Questi episodi confermano un’escalation di violenza e un preciso progetto criminoso.
L’indagine e la ricerca di complici ancora in corso
Gli accertamenti degli inquirenti non si sono fermati a questa donna. Alcuni elementi raccolti suggeriscono che possa aver agito con l’appoggio di complici, ancora ignoti e da identificare. I particolari emersi indicano una rete che potrebbe aver supportato le azioni violente o facilitato l’accesso ai luoghi dei reati. La procura continua a scandagliare ogni pista per rivelare i nomi degli eventuali co-autori.
La presenza di altri responsabili, confermata da testimonianze e prove investigative, rappresenta un punto chiave dell’indagine in corso. Proprio questa ricerca potrà delineare un quadro più ampio del fenomeno e scoperchiare la dinamica dietro a questa sequenza di aggressioni e rapine, rendendo possibile un’accusa più articolata per tutti i coinvolti.
La condanna e il percorso giudiziario successivo
Il tribunale ha stabilito per la donna una condanna a sei anni e otto mesi di reclusione. Poco prima della sentenza principale, è arrivata anche una condanna accessoria di quattro mesi, legata a ulteriori aspetti del procedimento penale. Nell’immediato la condannata resta rinchiusa nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino.
Ora il legale della donna valuterà l’eventuale ricorso, puntando a una revisione della pena. Qualsiasi richiesta in Appello dovrà considerare la gravità degli episodi e le prove raccolte. Nel frattempo la custodia cautelare resta efficace, impedendo alla persona di allontanarsi durante la fase di trattazione del caso in secondo grado.