Un episodio insolito è accaduto ad Acireale, in provincia di Catania, che ha attirato l’attenzione sia dei cittadini che delle autorità ecclesiastiche. Don Alessandro Di Stefano, parroco della chiesa di San Sebastiano, ha scelto un metodo poco convenzionale per la benedizione durante l’apertura di un nuovo negozio in un centro commerciale. L’uso di uno spruzzino per distribuire acqua santa ha suscitato reazioni contrastanti e ha spinto il caso fino al vescovo di Catania.
Il contesto dell’inaugurazione e la scelta del parroco
Il 24 marzo 2025, a Acireale, si è svolta l’inaugurazione di un negozio all’interno di uno dei centri commerciali più frequentati della città. Don Alessandro Di Stefano, noto per mantenere un rapporto stretto con la comunità locale, ha deciso di benedire l’attività commerciale. Contrariamente alle consuete pratiche, il sacerdote si è presentato con uno spruzzino contenente acqua santa per “nebbiarla” tra i presenti. Questa modalità si è rivelata insolita, proprio per il contesto non religioso in cui si teneva la cerimonia.
L’intento era probabilmente quello di rispettare le normative igieniche in vigore e al contempo svolgere la benedizione senza creare assembramenti. Alcuni fedeli e partecipanti hanno accolto la novità con curiosità, apprezzando la rapidità e la praticità del gesto. Tuttavia, altri hanno espresso disagio o perplessità, ritenendo che la sacralità del rito fosse stata banalizzata o alterata. La forma scelta da don Di Stefano ha quindi alimentato un dibattito che ha superato presto i confini locali.
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Reazioni dei fedeli e della comunità dopo la benedizione con lo spruzzino
La scena della benedizione con lo spruzzino è stata filmata e diffusa rapidamente attraverso social network e gruppi di messaggistica. Alcune persone hanno condiviso il video commentando con ironia, altri con critica aperta. Tra chi ha manifestato disagio, si è segnalata la percezione che un rito tradizionale fosse stato trattato con troppa leggerezza. La benedizione, a loro avviso, richiede un certo rispetto formale che quella modalità avrebbe compromesso.
Un gruppo di parrocchiani ha anche presentato osservazioni circa il modo in cui il gesto sacramentale veniva eseguito, suggerendo che la scelta dello spruzzino avesse più carattere pratico e meno religioso. In questo modo, alcuni si sono detti preoccupati per il rischio di un uso improprio dei sacramenti, soprattutto se ormai consumati fuori dal contesto liturgico abituale. Altri hanno invece difeso don Di Stefano, sostenendo che “la priorità era evitare contatti diretti e garantire comunque la benedizione pubblica.”
L’intervento del vescovo di Catania e le implicazioni ecclesiastiche
La vicenda ha raggiunto il vescovo di Catania, monsignor Giuseppe Romano, che ha deciso di affrontare la questione per chiarire la posizione ufficiale della diocesi. Il vescovo ha convocato don Alessandro Di Stefano per un colloquio che si è tenuto nei giorni successivi all’evento. Nel dialogo è stata discussa la correttezza liturgica dell’uso dello spruzzino e l’impatto che tale pratica può avere sull’immagine della chiesa.
Monsignor Romano ha ribadito che i sacramenti e i riti religiosi devono mantenere il loro significato profondo, evitando spettacolarizzazioni o cambiamenti improvvisati che potrebbero generare disorientamento tra i fedeli. La benedizione è un gesto rituale che richiede rispetto e attenzione, anche quando condotta fuori dall’ambiente ecclesiastico. Al contempo, il vescovo ha riconosciuto la difficoltà di adattarsi a situazioni nuove, soprattutto alla luce delle misure sanitarie che ancora oggi influenzano le cerimonie pubbliche.
Indicazioni dalla diocesi per i sacerdoti e i responsabili parrocchiali
La diocesi ha quindi espresso l’esigenza di fornire indicazioni più precise ai sacerdoti e ai responsabili parrocchiali su come svolgere benedizioni e sacramenti in modo adeguato ai tempi, senza però alterare la sostanza della tradizione. Resta da vedere se l’episodio potrebbe spingere a una revisione di norme più specifiche sull’uso dell’acqua santa nei luoghi pubblici e non liturgici.
Riflessi sul rapporto tra tradizione religiosa e pratiche contemporanee
Il caso della benedizione ad Acireale riflette una tensione tra la necessità di adeguare riti antichi a contesti moderni e la volontà di preservare il valore simbolico e spirituale dei gesti religiosi. L’uso di dispositivi come spruzzini o nebulizzatori nasce dall’esigenza di coniugare sicurezza e sacralità, ma incontra spesso resistenze dovute all’idea di rito inteso come momento solenne e controllato.
Molti credenti si chiedono quali siano i confini entro cui è possibile innovare forme di preghiera, benedizione e celebrazione senza perdere quell’autenticità che rende unica l’esperienza spirituale. La vicenda di don Di Stefano mostra come le reazioni possono essere contrastanti e come la chiesa si trovi in una posizione delicata nel gestire questi cambiamenti.
Esempi analoghi in italia e all’estero
Non è l’unico esempio in Italia o anche all’estero, dove alcune parrocchie hanno sperimentato forme diverse di benedizione o celebrazione per adattarsi a restrizioni sanitarie o a luoghi insoliti. Il dibattito resta aperto su come mantenere fede e tradizione pur con strumenti o modalità alternative, senza rischiare di banalizzare o fraintendere i segni religiosi. Intanto, ad Acireale, il caso resta al centro dell’attenzione dei fedeli e della stampa locale.