L’unione delle comunità ebraiche italiane esprime preoccupazione per l’impostazione della manifestazione prevista a Roma per la crisi di Gaza, dove si vorrebbe agitare soltanto la bandiera palestinese. La tensione resta alta nel dibattito pubblico italiano sulla guerra in Medio Oriente, con manifestazioni e prese di posizione che mostrano divisioni nette. A gennaio 2025, l’attenzione si concentra sulle iniziative in diverse città, in particolare Roma e Milano, dove si cerca di rappresentare punti di vista contrastanti sull’annosa questione israelo-palestinese.
La posizione dell’ucei sulle manifestazioni per gaza a roma
L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha manifestato una netta contrarietà all’idea di una manifestazione che sostenga soltanto il popolo palestinese, senza collocare accanto la bandiera israeliana. Nel comunicato ufficiale diffuso il 6 gennaio 2025, la presidente Noemi Di Segni evidenzia come questa impostazione rischi di generare un giudizio totalizzante e negativo nei confronti dell’intero popolo ebraico. Il timore principale riguarda il rischio di alimentare un’ondata di antisemitismo, già evidente in alcune frange animate da slogan e parole duri contro Israele.
La presidente dell’ucei sottolinea che non si tratta di negare le critiche legittime alle politiche del governo israeliano, ma di evitare che queste si trasformino in attacchi indiscriminati contro l’intera comunità ebraica nel mondo. Secondo Di Segni, nell’attuale clima di tensione, le manifestazioni pubbliche e i discorsi negli spazi culturali e universitari spesso degenerano in accuse unilaterali, con richiami persino all’esclusione e alla vendetta. Queste dinamiche spaventano, specie in vista della protesta di Roma, in cui si attendono circa 50mila partecipanti insieme al rischio di infiltrazioni da parte di gruppi estremisti.
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La richiesta di vedere in piazza entrambe le bandiere è anche espressione di un impegno per la convivenza pacifica e una soluzione a due Stati, Israele e Palestina, su territori distinti. Questo modello, benché appannato negli ultimi mesi, rimane per l’ucei l’unica via percorribile per la sicurezza e la tutela di entrambe le popolazioni. Il messaggio della comunità ebraica italiana quindi punta a un equilibrio, che riconosca uguale dignità e diritti a israeliani e palestinesi.
Le tensioni e divisioni politiche a milano sul conflitto tra israeliani e palestinesi
Nel centro politico italiano, il conflitto israelo-palestinese si riflette su linee di frattura nette anche nelle manifestazioni organizzate. A Milano, un incontro pubblico al teatro Parenti ha messo a confronto centristi e sinistra nel dibattito “due popoli, due Stati, un destino”. Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno partecipato a un evento diviso da visioni diverse ma unito nell’intento di contrastare l’antisemitismo.
Il tema più spinoso emerso riguarda la condanna acritica verso il governo di Tel Aviv e la difficoltà a distinguere le responsabilità politiche da un attacco alla sopravvivenza stessa di Israele. Calenda ha chiarito che, pur senza dividere la piattaforma politica, nessuno sosterrebbe la distruzione dello stato israeliano. Anche figure come Enrico Mentana hanno portato avanti messaggi contro ogni forma di razzismo, separando la critica politica dall’odio verso il popolo ebraico.
Nel confronto si è evidenziato un diverso uso del termine “genocidio”, con alcune voci che lo respingono come abuso nei confronti dello Stato di Israele. A livello politico, critiche dure sono state rivolte a Netanyahu, giudicato responsabile di aver guidato una guerra senza senso e senza obiettivi chiari da parte di rappresentanti di +Europa come Benedetto Della Vedova.
La partecipazione di esponenti del Pd, come Graziano Delrio e Pina Picierno, ha introdotto ulteriori sfumature. Delrio ha chiesto di non schierarsi contro qualcuno, ma di guardare a entrambi i popoli colpiti dalla guerra, evidenziando così le difficoltà a trovare un terreno comune con la sinistra più critica verso Israele. Picierno invece ha sottolineato la nascita di una parte di opinione pubblica che interpreta Hamas non solo come organizzazione terroristica, ma come movimento di resistenza, una posizione contestata nell’area centrista.
Emanuele Fiano, sempre del Pd, ha ricordato le iniziative per una mozione unitaria contro ogni fanatismo, ma ha ammesso che permangono divisioni interne sia sul ruolo di Hamas sia sulla reazione di Netanyahu. Questi contrasti hanno caratterizzato il clima al teatro Parenti, dove durante la notte sono comparsi scritte e atti vandalici contro il dialogo politico promosso da Calenda e Renzi.
Testimonianze e appelli contro la guerra e a favore della convivenza pacifica
Nel dibattito milanese hanno trovato spazio testimonianze dirette, che hanno dato un volto umano alle drammatiche vicende mediorientali. Tra i relatori figura Aviva Siegel, una delle ostaggio liberata in passato da Hamas. Racconti come il suo sottolineano la necessità di una politica che tuteli sia la sicurezza di israeliani che la vita dei civili palestinesi, mettendo in guardia contro le derive bellicose.
Hamza Howidy, dissidente palestinese perseguitato dal movimento Hamas, ha ribadito la necessità di porre fine alla guerra e ha invitato a sostenere scelte politiche che possano portare a pace e liberazione, evitando vendette e teorie della distruzione reciproca. Questi interventi vogliono rompere la narrazione monocolore, auspicando un dialogo basato sulla realtà dei fatti vissuti sia da israeliani che palestinesi.
Calenda e Renzi, presenti al dibattito, hanno evidenziato che Israele deve poter difendersi all’interno di un quadro democratico e non secondo criteri terroristici, come li definiscono per Hamas. Renzi ha ribadito l’esistenza del diritto all’esistenza per entrambi gli Stati, definendo Hamas responsabile della dittatura su Gaza e del blocco della vita civile dei bambini palestinesi.
Sul piano politico, il messaggio finale tocca il riconoscimento dello stato palestinese come passaggio fondamentale per giungere a una soluzione a due Stati. Secondo Calenda, senza un riconoscimento chiaro, l’ipotesi di convivenza rischia di rimanere una speranza vana. Questo impegno politico vuole incanalare il conflitto verso percorsi di pace e non verso la distruzione reciproca, tema centrale non solo per l’Italia, ma per tutti i Paesi che seguono il conflitto mediorientale con attenzione.