Trump punta il dito contro l’Unione europea dopo i negoziati con la Cina e firma un ordine per abbassare i prezzi dei farmaci

Trump punta il dito contro l’Unione europea dopo i negoziati con la Cina e firma un ordine per abbassare i prezzi dei farmaci

Donald Trump rilancia la battaglia commerciale contro l’Unione europea, puntando su dazi, prezzi dei farmaci e disparità fiscali tra Stati Uniti e Irlanda, mentre Bruxelles cerca una risposta unitaria.
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L'articolo analizza le recenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea, focalizzandosi sugli scontri di Trump su dazi, prezzi dei farmaci e fiscalità, e sottolinea le sfide europee nel rispondere unita alle pressioni americane. - Gaeta.it

Negli ultimi giorni il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ripreso con forza la sua battaglia commerciale, stavolta concentrandosi sull’Unione europea. Dopo aver chiuso un nuovo round di negoziati con la Cina, Trump ha descritto il risultato come una vittoria, ma ha subito spostato l’attenzione su Bruxelles accusandola di pratiche scorrette nei confronti degli Stati Uniti. Al centro dell’attacco c’è la disparità nei commerci di auto e prodotti agricoli, ma anche il costo elevato dei farmaci statunitensi rispetto all’Europa. Per affrontare questo tema, il 12 maggio Trump ha firmato un ordine esecutivo che mira a far pagare alle case farmaceutiche americano-europee prezzi simili a quelli praticati oltreoceano. Questi sviluppi si inseriscono in un contesto di tensioni crescenti tra Washington e Bruxelles, con scadenze importanti come la possibile fine della sospensione temporanea dei dazi, fissata a luglio. Si delineano così nuovi fronti di scontro che intrecciano questioni commerciali e fiscali, con ricadute sulle relazioni politiche ed economiche tra le due sponde dell’Atlantico.

La strategia di trump tra annunci e retromarce nel commercio internazionale

L’esperienza passata mostra un suono ricorrente nelle politiche commerciali di Trump: annunci forti, insulti agli interlocutori e l’imposizione di dazi elevati. È successo nei confronti di Canada, Messico e ora anche della Cina e dell’Unione europea. Spesso questi provvedimenti partono da posizioni intransigenti, ma alla prova dei fatti devono fare i conti con la realtà economica e con le resistenze diplomatiche. Trump ha più volte puntato il dito contro l’Unione europea, accusandola di vendere negli Stati Uniti grandi quantità di auto e prodotti agricoli senza un adeguato contraccambio americano. Secondo lui la disparità commerciale sarebbe stata gestita con “comportamenti molto scorretti” da parte di Bruxelles, rendendo molto conveniente per l’Europa esportare negli Usa, mentre gli americani fanno fatica ad accedere a quei mercati. Lo schema seguito dall’amministrazione ha portato a tensioni che, benché spesso nate da confronti aspri, sono sfociate in negoziati che cercano di mediare i conflitti. Ma la percezione di Trump resta quella di un’Europa spesso ostile e ostacolante gli interessi americani.

Prezzi dei farmaci e fiscalità: la nuova battaglia contro le case farmaceutiche

Al centro degli attacchi recenti c’è il costo dei farmaci negli Stati Uniti, molto più alto che nel resto del mondo sviluppato. Il presidente ha citato in particolare “l’Ozempic”, un medicinale i cui prezzi oltreoceano sono stimati fino a dieci volte inferiori rispetto all’America. Per intervenire direttamente su questa disparità, Trump ha emanato un ordine esecutivo che obbliga le aziende farmaceutiche a offrire i loro prodotti negli Usa a prezzi simili a quelli applicati all’estero. L’attenzione è puntata soprattutto sull’Irlanda, paese che ospita molte multinazionali americane del settore e dove, secondo la Casa Bianca, queste società avrebbero trasferito i loro profitti per evitare di pagare le tasse negli Stati Uniti. Le grandi aziende farmaceutiche, tra cui Pfizer, Boston Scientific e Eli Lilly, infatti, esportano enormi quantità verso il mercato americano, ma tassano quei guadagni soprattutto a Dublino. Questi prezzi alti, giustificati dalle imprese con la necessità di finanziare la ricerca, rappresentano da tempo una questione spinosa. Il segretario alla salute Robert H. Kennedy ha rilanciato la richiesta agli alleati europei, invitandoli ad aumentare i prezzi dei farmaci e a farsi carico della propria quota di costi per l’innovazione, smettendo di scaricarla completamente sull’America. Gli esperti, però, sottolineano che l’ordine esecutivo rischia di avere poca efficacia senza un intervento più ampio sulla legislazione fiscale e sulle norme su proprietà intellettuale che permettono il trasferimento dei brevetti verso paesi con imposizioni fiscali più basse. Appare evidente che molti dei problemi attuali derivano da leggi introdotte proprio dalla precedente amministrazione di Trump, e che sarebbe necessario correggere.

Le ripercussioni per l’unione europea e le prospettive future dei rapporti commerciali

L’Unione europea si trova ora sotto pressione su più fronti. La sospensione di novanta giorni dei dazi annunciati da Washington il 2 aprile scade infatti all’inizio di luglio. Da Bruxelles arriva un’attesa per capire la natura delle contromosse da adottare, considerando che Trump ha già inviato un dossier per aprire i negoziati. Secondo l’economista Brad Setser del Council on foreign relations, gli Stati Uniti rappresentano per l’industria manifatturiera europea un mercato fondamentale, con esportazioni fino a tre volte superiori rispetto a quelle verso la Cina. Questa domanda non può essere facilmente rimpiazzata da altri mercati, neppure dall’India che è in crescita. L’esperto cita il rapporto di Mario Draghi, il quale suggerisce di puntare a rafforzare il mercato interno europeo, compensando così le dipendenze dall’estero. Setser consiglia a Bruxelles di rispondere in modo mirato, ad esempio imponendo dazi su prodotti chiave per gli Usa, ma soprattutto di lavorare insieme per eliminare quelle condizioni fiscali che favoriscono il trasferimento di profitti tra Stati Uniti e Irlanda nel settore farmaceutico. In questo modo si ridurrebbe il deficit commerciale americano con l’Europa, che in larga parte è influenzato dalle importazioni irlandesi.

Le sfide politiche e l’importanza di un’azione europea unita

Oltre agli aspetti economici, la vicenda evidenzia le difficoltà dell’Unione europea nel presentarsi come un interlocutore coeso. Il rapporto con gli Usa si complica inoltre per ragioni di difesa e sicurezza, soprattutto di fronte alla crescente minaccia russa ai confini orientali. L’indipendenza strategica europea, invocata anche dalle istituzioni di Bruxelles, fatica a prendere forma a causa della mancanza di accordo tra i singoli governi. Bloomberg ha messo in luce come la debolezza principale dell’Europa non derivi dalle differenze nei flussi commerciali, ma dalle divisioni interne. I singoli paesi spesso mantengono posizioni nazionali che non aiutano l’Unione a negoziare con efficacia a livello globale. Senza una risposta condivisa e senza rafforzare la solidarietà tra Stati membri, la capacità europea di competere e trattare su un piano paritario con potenze come gli Stati Uniti potrebbe risentirne pesantemente nei prossimi anni.

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