Trump e l’ultimatum sui dazi: tensioni e negoziati serrati con l’unione europea a luglio 2025

Trump e l’ultimatum sui dazi: tensioni e negoziati serrati con l’unione europea a luglio 2025

L’amministrazione Trump fissa la scadenza per accordi commerciali con decine di paesi, mentre Stati Uniti e Unione Europea negoziano tra minacce di dazi, richieste fiscali e tensioni sulle esportazioni.
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L’amministrazione Trump ha fissato una scadenza per concludere accordi commerciali con numerosi paesi, in particolare con l’Unione Europea, per evitare l’imposizione di alti dazi che rischiano di danneggiare entrambi i mercati. Le trattative, caratterizzate da richieste dure e minacce, proseguono senza accordi definitivi, con possibili compromessi a breve termine. - Gaeta.it

L’amministrazione Trump ha fissato una scadenza per concludere accordi commerciali con decine di paesi a cui ad aprile scorso aveva minacciato l’imposizione di alti dazi. Questi dazi, spesso chiamati “reciproci” dall’ex presidente, hanno provocato incertezze a livello globale e la loro sospensione temporanea è ora in scadenza. Il confronto più delicato rimane quello con l’Unione Europea, partner commerciale fondamentale per gli Stati Uniti. Gli ultimi giorni prima della scadenza sono stati caratterizzati da negoziati serrati e dichiarazioni contrastanti.

La lunga battaglia con i dazi e l’impegno di trump

Lo scorso aprile, Donald Trump aveva annunciato l’intenzione di imporre dazi elevati su centinaia di prodotti importati dagli Stati Uniti, coprendo decine di nazioni. Si trattava delle cosiddette “grandissime tabelle” esposte alla Casa Bianca, simbolo della sua strategia commerciale aggressiva. Dopo una serie di rinvii e sospensioni, una tregua temporanea è stata concessa, con una scadenza fissata per mercoledì 9 luglio 2025. L’obiettivo era stringere accordi con almeno 90 paesi, tuttavia al momento solo il Regno Unito ha firmato un’intesa, più di natura politica che commerciale.

Trattative commerciali complicate e minacce di dazi

In effetti, accordi di portata commerciale richiedono spesso anni di trattative e compromessi. Nel frattempo, Trump ha minacciato di far partire i dazi inviando semplici lettere ai paesi interessati con le tariffe stabilite. Ovviamente, i dazi vengono pagati dalle imprese e consumatori statunitensi all’interno degli Stati Uniti, dato che Washington non ha alcun potere di imporre tasse direttamente oltre confine.

L’importanza strategica dell’unione europea nei negoziati

La relazione tra Stati Uniti e Unione Europea ha un peso enorme nel commercio globale. Nessun altro gruppo di nazioni scambia così tanto valore in beni e servizi come i due blocchi uniti. Per questo motivo, l’applicazione dei dazi imposti da Trump rischia di creare danni gravi da entrambe le parti. Ogni prodotto europeo esportato negli Stati Uniti sarebbe maggiorato del 30 per cento, frutto di un 10 per cento già esistente unito al 20 per cento aggiuntivo proposto. Per l’Italia e gli altri paesi europei, questa tassa aggiuntiva rappresenta un ostacolo importante alle esportazioni.

L’impatto sul mercato americano sarebbe altrettanto notevole: i consumatori e le aziende americane si troverebbero a pagare di più per prodotti provenienti dall’Europa, spingendo verso un aumento dei costi interni. Questo intreccio di interessi ha spinto i negoziatori a intensificare i colloqui nelle settimane precedenti la scadenza.

I dietro le quinte dei negoziati tra stati uniti e europa

Con l’approssimarsi del termine, le delegazioni tecniche di Stati Uniti e Unione Europea hanno discusso senza sosta. Venerdì scorso, i negoziatori statunitensi hanno presentato una bozza di accordo, esaminata subito dagli europei. La trattativa però è stata messa a dura prova da annunci improvvisi di Trump, come la minaccia di aumentare i dazi al 50 per cento contro i paesi europei, decisione poi ritirata.

Questa tattica, tipica dell’ex presidente, mira a spaventare l’avversario per ottenere concessioni. “Quando il bluff non funziona, però, Trump spesso rivede le sue posizioni,” come successo pochi giorni fa interrompendo i colloqui con il Canada per spingere su una specifica modifica fiscale, poi ottenuta.

Richieste dure di washington

Nel caso europeo, siamo davanti a richieste dure: gli Stati Uniti vogliono ridurre tasse e regole che limitano le multinazionali tecnologiche americane, chiedono l’abolizione dell’IVA sui loro prodotti e più acquisti da parte europea di auto e altre merci statunitensi.

La posizione dell’unione europea e lo scontro sulle normative fiscali

L’Unione Europea non intende cambiare il proprio sistema fiscale o modificare le normative sui servizi digitali, che rappresentano una parte consistente del bilancio europeo. Ha invece promesso di aumentare gli acquisti di prodotti statunitensi, auto incluse, e di incrementare l’importazione di gas dagli Usa, dato che da quando è scoppiata la guerra in Russia gli Stati Uniti sono diventati uno dei fornitori chiave per l’Europa.

Da parte sua, l’Europa chiede l’eliminazione del dazio aggiuntivo del 20 per cento e l’esenzione da quelli già in vigore su settori sensibili come auto, acciaio e alluminio. Come risposta, ha minacciato dazi limitati su alcuni prodotti americani, come jeans e motociclette Harley-Davidson, senza però utilizzarli come armi pesanti nelle trattative.

Un’arma negoziale più potente sarebbe la tassazione aggiuntiva sui servizi digitali e tecnologici americani venduti all’Europa, settore dove l’America ha surplus elevati. Tuttavia finora l’Unione ha evitato di attivare questa misura.

L’accordo del g7 e la mossa a favore delle multinazionali statunitensi

Un elemento recente che incide sul quadro è l’intesa raggiunta sabato scorso dai membri del G7, compresi Italia, Francia e Germania. Questi paesi hanno concordato di esentare le multinazionali americane, come Google, Amazon e Meta, dal pagamento della global minimum tax, una tassa minima globale introdotta da oltre un anno che impone il 15 per cento di imposte sui profitti.

Questa decisione è stata vista come una concessione significativa alle grandi aziende tecnologiche statunitensi, con ricadute evidenti sui negoziati in corso tra Stati Uniti e Unione Europea.

Prospettive di accordi imminenti e conseguenze per il commercio

Alla vigilia della scadenza non si prevedono svolte radicali. L’intesa più probabile assomiglia a quanto già firmato con il Regno Unito: eliminazione del dazio aggiuntivo del 20 per cento sulle merci europee, ma mantenimento del 10 per cento già applicato, in attesa di ulteriori trattative su prodotti chiave come auto, acciaio e alluminio.

Entrambe le parti sembrano disposte a ritenere questa soluzione un risultato positivo, pur senza affrontare tutte le criticità residue nel rapporto commerciale tra Washington e Bruxelles.

La situazione resta dinamica, con possibili aperture future ma anche nuovi motivi di scontro, soprattutto su questioni fiscali e regolatorie che continuano a dividere profondamente.

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