Fabio Trevisan, alpinista 28enne di Laives, è stato ritrovato senza vita questa mattina sul Gran Zebrù. Ieri mattina, durante una scalata insieme a un amico lungo un canalone, è stato travolto da una valanga e trascinato per quasi 300 metri. Le operazioni di ricerca, difficoltose a causa dell’alto rischio valanghe, si sono concluse con il recupero della salma, portando fine a una drammatica vicenda sulle Alpi.
La dinamica dell’incidente e la prima fase delle ricerche
L’incidente è avvenuto nella mattinata di ieri, mentre Fabio Trevisan e il suo compagno affrontavano la salita di un canalone sul Gran Zebrù, massiccio noto per le sue difficoltà e pericoli legati al clima e al terreno. Durante la scalata, una valanga ha investito i due alpinisti. Fabio è stato travolto e trascinato per circa 300 metri, una distanza significativa che ha complicato subito la sua posizione in termini di recupero. L’amico è invece rimasto solo marginalmente colpito dalle masse di neve.
Subito dopo l’accaduto, a causa dell’elevato indice di rischio valanghe in zona, i soccorsi si sono concentrati quasi unicamente sulle ricerche aeree. Gli elicotteri hanno sorvolato l’area più volte, tentanto di individuare tracce o segnali da terra. Nel primo pomeriggio è stato recuperato il casco di Trevisan, un elemento importante che indicava la zona approssimativa nella quale continuare le operazioni. Questo ritrovamento ha orientato le ricerche verso un punto specifico, ma le condizioni meteo proibitive hanno rallentato ogni avanzamento.
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La ripresa delle operazioni e il lavoro delle squadre di soccorso
Le ricerche sono riprese questa mattina, all’alba, con un dispiegamento più ampio rispetto a ieri. L’elicottero della Guardia di finanza insieme ai militari del soccorso alpino di Silandro ha sorvolato di nuovo la zona con maggiore attenzione. A questo si sono aggiunte le unità cinofile specializzate per la ricerca sotto la neve provenienti dalle stazioni di Brunico e Passo Rolle. Questi cani hanno il compito di fiutare eventuali presenze umane e segnalare con precisione le posizioni sotterranee, una risorsa fondamentale in situazioni di valanga.
Non molto tempo dopo l’avvio dei nuovi controlli è stato individuato il corpo di Fabio Trevisan ancora sotto uno strato di neve. Il ritrovamento è avvenuto grazie alla combinazione di ricerca aerea, capacità cinofile e il lavoro sul campo degli uomini del soccorso alpino, che hanno scalato con attenzione il canalone per raggiungere la salma. L’operazione di recupero si è svolta con cura, considerando la sicurezza degli operatori e le precarietà del terreno.
L’intervento si è concluso con il recupero della salma e il trasporto fuori dalla zona della valanga, per permettere ai familiari e alle autorità di gestire le successive procedure. La morte di Fabio conferma ogni rischio legato alle uscite invernali in ambienti montani caratterizzati da condizioni mutevoli e pericolose.
Il contesto e i rischi delle scalate sul gran zebrù nel periodo invernale
Il Gran Zebrù si trova nell’arco alpino altoatesino ed è celebre tra gli alpinisti per la sua imponenza e le difficoltà che presenta, specie durante la stagione fredda. La presenza di canaloni stretti e ripidi espone gli scalatori a rischi elevati, soprattutto di valanghe, dovuti a consistenti accumuli di neve e a condizioni atmosferiche instabili. Le previsioni meteo spesso includono allerte su possibili distacchi e la conformazione del territorio può trasformare una caduta di neve in veri e propri fenomeni di distacco.
Fabio Trevisan era un appassionato della montagna conosciuto in zona. Le escursioni invernali richiedono preparazione tecnica importante, dotazioni specifiche e valutazioni continue sul campo. Anche così, le valanghe possono risultare imprevedibili. Il recupero della salma è un richiamo alla necessità di prudenza e al rispetto delle condizioni locali. La tragedia aggiunge un capitolo a una lunga storia di incidenti sulle Alpi, dove la natura impone limiti severi.
Le operazioni di soccorso, a volte, si confrontano con difficoltà importanti legate al tempo e all’accessibilità dei luoghi. L’intervento combinato di soccorso alpino, unità cinofile, Guardia di finanza e altri enti specializzati dimostra la complessità e l’organizzazione richiesta per affrontare emergenze in montagna. Questi eventi spingono alla riflessione su come mantenere alta l’attenzione sulla sicurezza in ambienti estremi dove ogni decisione conta.