Trovato il corpo di Mustafa Sahin al passo del Brennero dopo 17 anni è stata identificata la vittima grazie alla confessione di un detenuto tedesco

Trovato il corpo di Mustafa Sahin al passo del Brennero dopo 17 anni è stata identificata la vittima grazie alla confessione di un detenuto tedesco

Nel 2008 al passo del Brennero viene trovato il corpo senza testa di Mustafa Sahin; nel 2024 Alfonso Porpora confessa l’omicidio, riaprendo un caso che coinvolge Italia, Germania e una famiglia segnata da violenza e delitti.
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Nel 2008 fu trovato un corpo senza testa al passo del Brennero, rimasto irrisolto fino al 2024, quando un detenuto tedesco confessò l’omicidio legato a una violenta faida familiare tra Italia e Germania. - Gaeta.it

Il corpo senza testa di un uomo fu scoperto nel marzo 2008 tra la neve al passo del Brennero. Per anni rimase un mistero, senza nome e senza colpevoli. Solo nel 2024 la verità ha preso forma, quando un detenuto tedesco ha confessato l’omicidio. Questa vicenda collega l’Italia e la Germania in un caso di omicidio che si estende su quasi due decenni, segnando la cronaca nera con un filo che intreccia violenza familiare, ricatti e delitti multipli.

La scoperta del cadavere senza nome al passo del brennero e il mistero lungo 17 anni

Nel marzo 2008 le autorità italiane recuperarono un sacco di plastica abbandonato sulle montagne al confine tra Italia e Austria, nei pressi del passo del Brennero. Dentro c’era il corpo di un uomo in avanzato stato di decomposizione, privo della testa. La posizione isolata e le condizioni del corpo non permisero di identificare la vittima né di trovare indizi utili a risalire al colpevole. Nessun documento, nessun volto riconoscibile, solo il silenzio di un cadavere dimenticato tra la neve e il gelo alpino.

Le indagini italiane si aprirono con la pista dell’omicidio, ma senza un nome o un sospettato il fascicolo rimase in sospeso per anni. Nel corso del tempo non emersero testimonianze o prove sufficienti a dare un’identità al corpo, così il caso venne archiviato come omicidio senza colpevole. L’uomo rimase un fantasma, un enigma sepolto tra le montagne di Bolzano, lontano da sguardi e risposte.

La confessione che ha cambiato tutto

Nel 2024 la svolta è arrivata dalla Germania. Alfonso Porpora, un uomo di sessant’anni già condannato per due omicidi commessi nel 2014 e nel 2018, ha spontaneamente confessato un altro delitto. Ha raccontato di aver ucciso nel garage di casa, a Sontheim an der Brenz, il marito della propria figlia, Mustafa Sahin. La vittima era stata strangolata e decapitata. Le autorità tedesche sono riuscite a collegare questa confessione al ritrovamento del corpo senza testa in Alto Adige, coinvolgendo la Procura di Bolzano e riattivando le indagini italiane.

La confessione di alfonso porpora e la riapertura del caso sahin

Reperti e campioni di DNA sono stati confrontati con la collaborazione della ex moglie di Mustafa, che era anche figlia di Porpora. Grazie alla prova scientifica e alla testimonianza familiare, gli inquirenti hanno confermato finalmente l’identità di quell’uomo ormai dimenticato. Dopo diciassette anni quel nome, Mustafa Sahin, è tornato alla luce, mettendo fine all’anonimato del cadavere e aprendo nuove piste sull’intera vicenda.

Un matrimonio coatto e una famiglia lacerata

Le cause dell’omicidio di Mustafa restano in gran parte oscure e macchiate dall’ombra della violenza familiare. La figlia di Porpora ha dichiarato che il marito fu costretto a sposarla sotto minaccia, con una pistola puntata e la firma obbligata su documenti di matrimonio. “Un’unione nata tra paura e coercizione che divenne presto un incubo.” La volontà di Porpora di controllare e governare ogni aspetto della vita del genero si tradusse in un delitto violento: strangolamento seguito dalla decapitazione.

Porpora ha fornito pochi dettagli, evitando di spiegare il motivo della decapitazione o un movente chiaro per l’omicidio. L’unico dato certo è che dopo aver ucciso Mustafa, cercò di far sparire il corpo. In un primo momento affermò di averlo abbandonato nella zona tra Roma e Napoli, ma in realtà lo lasciò in montagna, molto lontano, in un luogo poco frequentato. Nessuno collegò mai il ritrovamento al suo nome, né sospettò che dietro a quel mistero si celasse un uomo già condannato per altri delitti.

La catena di omicidi in famiglia: altri due delitti e la partecipazione dei figli

La morte di Mustafa rappresenta soltanto il primo episodio di una serie di delitti organizzati da Alfonso Porpora in ambito familiare. Nel 2014 strangolò anche Marco, il secondo compagno della figlia. Questo omicidio, a differenza del primo, vide coinvolti anche i due figli maschi di Porpora. Dopo una cena, i due ragazzi tennero bloccata la vittima e parteciparono attivamente al soffocamento. Poi conservarono il corpo in un congelatore di casa per alcuni giorni, prima di abbandonarlo in un bosco della provincia di Enna, in Sicilia.

Le indagini emersero soprattutto grazie a intercettazioni e confessioni raccolte nel tempo. La corte condannò Giovanni a 15 anni di reclusione e Giacomo a 9, riconoscendo la loro complicità. Porpora, per questo omicidio, si ritrovò vicino all’ergastolo ancora una volta, confermando il suo ruolo centrale in questa catena di violenza familiare.

Un assassino senza scrupoli

Nel 2018 Alfonso Porpora commise un altro omicidio, questa volta ai danni di un uomo legato alla famiglia solo da un rapporto d’affitto. L’uomo, 59 anni, non aveva legami affettivi con la famiglia ma rappresentava un interesse economico. Anche questo delitto fu segnato da una violenza fredda e calcolata, senza nessuna remora morale.

“Il modo usato per fare giustizia personale si conferma crudele e privo di scrupoli,” un segno di quanto fosse lontano da qualsiasi rispetto per la vita umana.

Il percorso giudiziario e le questioni irrisolte che restano aperte

Da quando Porpora ha confessato nel 2024, il procedimento legale legato alla morte di Mustafa Sahin ha riacquistato nuova importanza. L’uomo è attualmente in carcere in Germania, dove sconta l’ergastolo per i due omicidi successivi. Non è prevista l’estradizione in Italia. Resta però fondamentale il riconoscimento del cadavere e la revisione del caso, che aiutano a ricostruire il quadro completo dei crimini della famiglia.

Sono ancora senza risposta molte domande: il motivo della decapitazione, il coinvolgimento reale della figlia in quei drammatici eventi, e come sia stato possibile che una famiglia si sia trasformata in un gruppo dedito alla violenza estrema. La testa di Mustafa non è mai stata trovata, ma il suo nome ha incontrato al fin la giustizia, anche se macchiata da un passato di dolore e morte.

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