Un evento drammatico e inaccettabile si è verificato all’ospedale di Venere a Bari nel 2016, dove una neonata, chiamata Ginevra, è nata morta a causa di un ritardo di oltre un’ora nella pratica di un parto cesareo d’emergenza. Questo lasso di tempo si è protratto a causa di un litigio tra i medici, che si contendevano l’unica sala operatoria disponibile. La triste storia di Marta Brandi e Onofrio Visaggio, i genitori della piccola, ha sollevato interrogativi su procedure mediche e responsabilità professionali, accumulando un carico di dolore e rabbia che non sembra trovare pace.
Il dolore dei genitori e l’assenza di giustizia
Marta Brandi e Onofrio Visaggio portano sul cuore una ferita aperta da otto lunghi anni. La morte della loro bambina ha segnato un tragico confine tra la vita e la morte, privandoli della gioia di essere genitori. Con un’immensa tristezza, raccontano che da quel giorno in poi ogni momento della loro vita è stato attraversato dalla mancanza e dalla sofferenza. “Ci è stata tolta la gioia più grande”, dicono. Sembra impossibile per loro accettare che, a causa di una lite tra medici, il destino della loro neonata sia stato segnato.
Recentemente, dopo un lungo processo, la Cassazione ha confermato l’assoluzione di due ginecologi coinvolti nella vicenda. L’annullamento della condanna a otto mesi per un anestesista e il rinvio per l’allora primario di Chirurgia generale hanno accentuato la sensazione di impotenza per Marta e Onofrio. “Il nostro angelo non ha potuto vivere per colpa di un litigio, ma per la giustizia italiana nessuno è colpevole”, affermano con amarezza. Questa conclusione ha riacceso in loro un sentimento di ingiustizia, aggravando il trauma di un evento che ha cambiato le loro vite per sempre.
Leggi anche:
Un ricordo che fa soffrire: visitare il cimitero ogni settimana
La vita quotidiana di Marta e Onofrio è rimasta segnata dall’assenza di Ginevra. Ogni fine settimana, invece di accompagnare la loro bambina a fare sport o a giocare con le amiche, si recano al cimitero. “Negli ultimi otto anni avremmo dovuto accompagnare Ginevra al parco, invece è solo un ricordo che ci fa soffrire”, racconta Onofrio, il cui tono è pervaso da un dolore difficile da descrivere. La vita continua, ma la mancanza della figlia ha stravolto profondamente le loro esistenze, rendendo difficile trovare un senso alle normali quotidianità.
La ASL ha risarcito i genitori, ma non è mai arrivato un gesto di scuse da parte di coloro che avrebbero dovuto prendersi cura della salute di Marta e della sua bambina. “Durante le varie udienze del processo, i medici non ci hanno mai guardato in faccia”, rimarca Marta, aggiungendo un ulteriore strato al loro già profondo dolore. La sensazione di essere stati ignorati dai professionisti con cui si sono confrontati è stata un ulteriore schiaffo, un capitolo doloroso in una storia già complessa.
I momenti tragici e il vuoto lasciato da Ginevra
Il giorno terribile in cui tutto è cambiato, Marta si è svegliata con un’ansia straziante, chiedendo di sua figlia. Il silenzio e l’indifferenza che ha ricevuto in risposta hanno amplificato il suo tormento. “Sono stata ricoverata per 15 giorni e ogni giorno chiedevo cosa fosse successo, ma nessuno mi ha mai dato risposte”, racconta. Questo per lei è stato un ulteriore motivo di sofferenza, una sensazione di abbandono che ha aumentato il già smisurato dolore del lutto.
Nel frattempo, Onofrio aspettava fuori, in un’altra dimensione di dolore e impotenza. Ha visto un medico passare con un’incubatrice e il suo cuore si è fermato. “Qualcuno mi ha detto che mia figlia non ce l’aveva fatta e che mia moglie era in gravi condizioni. Non ho capito più nulla”, ricorda con voce rotta. Il momento in cui ha visto Marta vigile ma distrutta è impresso nella sua memoria come uno dei più tragici. “Ci siamo abbracciati e ho subito chiamato i carabinieri”, aggiunge, segno della disperazione e del bisogno di giustizia che non si è mai calmato.
Un’esperienza di vita che avrebbe potuto essere colma di amore e sogni si è trasformata in un viaggio doloroso e solitario, fatto di ricordi e di immagini di un futuro che non potrà mai realizzarsi. Marta e Onofrio continuano la loro vita, portando con sé un peso che altri genitori non dovrebbero mai dover sopportare, cercando un senso di giustizia e verità nel mondo della medicina e oltre.