L’inchiesta sul delitto di Sofia Stefani, maturata ad Anzola dell’Emilia, si concentra sulla complessa relazione tra la vittima e Giampiero Gualandi, ex comandante della polizia locale. Al processo di primo grado emergono dettagli importanti tratti dai messaggi scambiati in un arco temporale di sedici mesi, che mostrano fasi alterne di conflitto e momenti di apparente calma. A testimoniare l’analisi delle comunicazioni tra i due è stato il maresciallo maggiore Matteo Filippone, approfondendo un retroscena fatto di dialoghi contraddittori e pressioni emotive.
Analisi dei messaggi tra gualandi e stefani: oltre 16.000 scambi in diciassette mesi
Tra gennaio 2023 e il 16 maggio 2024, giorno in cui Sofia Stefani è stata uccisa, la coppia si è scambiata più di 16.850 messaggi tramite diverse piattaforme social, tra cui Whatsapp, Viber e Signal. Non si sono limitati a semplici conversazioni testuali ma hanno anche condiviso contenuti multimediali di natura privata come foto e video espliciti. Le comunicazioni sono state accompagnate da un numero alto di telefonate e videochiamate, che raccontano di un rapporto molto intenso e problematico.
La quantità enorme di messaggi è stata vagliata dal maresciallo Filippone, che ha sottolineato come i testi mostrassero un susseguirsi continuo di tensioni e momenti di calma apparente. Questa alternanza rivela una relazione complicata e caratterizzata da numerosi scontri emotivi che, a lungo andare, hanno contribuito a creare un clima di sofferenza e disagio. Le conversazioni riflettono un continuo confronto tra desideri diversi e richieste di spazi personali mai rispettati completamente.
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Le tensioni nel rapporto raccontate dal racconto del maresciallo filippone
Secondo quanto riferito dal maresciallo maggiore Matteo Filippone durante l’udienza, le chat evidenziano una dinamica dominata da pressioni soccombenti e richieste di distanziamento da parte di Gualandi. L’ex comandante di polizia locale chiedeva più volte alla giovane di lasciarlo “respirare”. Questa frase tornava spesso nelle loro conversazioni come richiesta per allentare la tensione. Lo stesso Gualandi tentava di evitare incontri insistiti, anche all’interno degli uffici della polizia di Anzola dell’Emilia dove talvolta la donna lo cercava comunque.
Dall’altra parte, Sofia Stefani sembrava determinata a mantenere un contatto diretto, anche se minimo, con Gualandi. Nei messaggi mostrava la volontà di vedersi “anche solo per un bacio dietro una colonna”, un segnale chiaro di disagio e desiderio di tenere viva la relazione, nonostante le difficoltà. Lo scambio di parole tra i due rimaneva spesso acceso, alternando momenti di tensione aperta a sporadiche richieste di calma, mai realmente concretizzate.
Continuità della relazione fino al giorno del delitto, secondo la testimonianza
Contrariamente alla versione difensiva di Gualandi, secondo cui il rapporto con Sofia era interrotto al momento della tragedia, il maresciallo Filippone ha affermato che la relazione proseguiva senza interruzioni fino a maggio 2024. L’ex comandante della polizia tenta in aula di giustificare l’accaduto parlando di una colluttazione, spiegando che il colpo di pistola fatale sarebbe partito accidentalmente mentre puliva l’arma di servizio. Le indagini e le testimonianze, però, smentiscono questa versione.
Filippone ha spiegato che Sofia Stefani mostrava segni di conflitto interiore, provava sensi di colpa e cercava in più momenti di chiudere la relazione. Il motivo era il tentativo di recuperare il proprio rapporto sentimentale con il fidanzato ufficiale, che aveva scoperto il tradimento. Gualandi, dal canto suo, non si arrendeva e chiedeva a Sofia di non troncare tutto, ammonendola a evitare “soluzioni radicali”. Questo prolungamento della relazione ha mantenuto alto il livello di tensione, già alimentato dal fatto che la moglie di Gualandi aveva intuito il tradimento.
I dettagli dell’udienza e il contesto giudiziario del processo
Il processo di primo grado si sta svolgendo a Bologna ed è incentrato sulle responsabilità di Giampiero Gualandi nell’omicidio della ex collega. Durante l’udienza, oltre all’approfondimento su messaggi, telefonate e video, sono state ascoltate diverse testimonianze che contribuiscono a delineare la natura del rapporto tra i due.
Il maresciallo maggiore del nucleo investigativo dei carabinieri ha riportato all’aula dettagli della comunicazione, delle pressioni reciproche e del clima emotivo che ha portato al fatto di sangue. L’udienza ha messo in luce la complessità della vicenda, con continuazioni di una relazione clandestina e le tensioni coniugali che ne derivavano, elementi cruciali per capire come si sono svolti i fatti il 16 maggio 2024. Gualandi, presente in aula, resta sotto accusa per omicidio volontario, mentre la procura continua a esaminare ogni indizio raccolto nelle indagini.