Suicidio di un sovrintendente alla casa di reclusione di porto azzurro, la polizia penitenziaria in lutto

Suicidio di un sovrintendente alla casa di reclusione di porto azzurro, la polizia penitenziaria in lutto

Il sovrintendente della casa di reclusione di Porto Azzurro si è tolto la vita, evidenziando le difficili condizioni di lavoro e la mancanza di supporto psicologico per la polizia penitenziaria.
Suicidio Di Un Sovrintendente Suicidio Di Un Sovrintendente
Tragico suicidio di un sovrintendente alla casa di reclusione di Porto Azzurro, che riaccende l'allarme sulle difficili condizioni di lavoro e la mancanza di supporto psicologico nella polizia penitenziaria. - Gaeta.it

Un episodio tragico ha colpito la casa di reclusione di Porto Azzurro, all’isola d’Elba, venerdì 16 maggio 2025. Un sovrintendente di 58 anni, in servizio nel carcere, si è tolto la vita nella propria abitazione all’interno del perimetro penitenziario. La notizia ha suscitato dolore e mobilitato la reazione del sindacato autonomo della polizia penitenziaria, più volte segnali di emergenze sulle condizioni di lavoro degli agenti.

Dramma alla casa di reclusione di porto azzurro, il gesto estremo di un sovrintendente

Il sovrintendente, con trent’anni di servizio alle spalle, ha messo fine alla propria vita al pomeriggio del 16 maggio nella casa posta all’interno della struttura carceraria. La vicenda è stata comunicata con commozione da Francesco Oliviero, segretario regionale del Sappe Toscana, che ha voluto ricordare l’uomo dietro l’uniforme. Oliviero ha descritto il collega come una persona segnata da una sofferenza mai espressa, un dolore nascosto eppure troppo pesante da sopportare.

Secondo il sindacato, questo tragico evento non è isolato. È il secondo suicidio all’interno della polizia penitenziaria dalla fine dello scorso anno e rappresenta una ferita aperta per un corpo che fatica a ottenere attenzione e aiuto dalle istituzioni. Le condizioni di lavoro ormai insostenibili – come turni prolungati, stress psicologico e impossibilità di un confronto serio e concreto con chi dovrebbe tutelare questa categoria – hanno portato a questo epilogo drammatico.

Le condizioni di lavoro nella polizia penitenziaria: testimonianze e denunce

Chi opera dietro le sbarre vive una realtà fatta di pressioni continue e tensioni emotive. Il segretario regionale Oliviero ha sottolineato quanto il personale sia sottoposto a carichi di lavoro pesanti, con turni prolungati e spesso imprevedibili. Oltre allo stress fisico, gli agenti portano sulle spalle un carico emotivo enorme: rapporti difficili con i detenuti, episodi di violenza, isolamento e poca considerazione.

La mancanza di un ascolto istituzionale è una delle criticità maggiori. Le segnalazioni fatte dal sindacato si scontrano con un muro di silenzio. Per i lavoratori non esistono canali di supporto efficaci, medici o psicologici dedicati, né protocolli chiari per intervenire sui segnali di disagio. La condizione di marginalità vissuta si riflette anche nella sfera personale, causando fratture profonde, come nel caso del sovrintendente dell’isola d’Elba.

Il Sappe invita a considerare che dietro ogni numero o episodio denunciato ci sono vite umane compromesse dal lavoro svolto in un contesto complesso e esposto a rischi continui. La richiesta è perciò quella di una presa in carico reale e immediata.

Necessità di un supporto psicologico dedicato per la polizia penitenziaria

Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha ribadito che i poliziotti penitenziari affrontano spesso il disagio da soli, senza aiuti adeguati. Ha ricordato che il fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti alla polizia penitenziaria si ripete da anni e rappresenta un’emergenza spesso ignorata. Capece sostiene che servano interventi concreti e strutturali, capaci di proteggere la salute psicofisica di chi lavora dietro le sbarre.

Una delle proposte più concrete è la creazione di una direzione medica interna al Corpo, composta da medici e psicologi dedicati esclusivamente agli agenti penitenziari. Questo avrebbe il compito specifico di prevenire e gestire situazioni di disagio psicologico e burnout professionale, fornendo un aiuto concreto e tempestivo.

Il sindacato, oltre ad aprire un confronto su questa emergenza, chiede che la politica e le istituzioni traducano le parole in fatti immediati e tangibili, riconoscendo il peso emotivo enorme che grava su questi professionisti.

Reazioni e omaggio alla memoria del sovrintendente

Il Sappe si è stretto attorno alla famiglia e agli amici del collega scomparso con grande dolore. La morte del sovrintendente di Porto Azzurro provoca una riflessione sullo stato reale dei poliziotti penitenziari italiani. Attraverso il messaggio di lutto e solidarietà emerge la volontà del sindacato di non lasciare che questo sacrificio venga dimenticato.

Il caso dovrebbe rappresentare un monito per una revisione urgente delle condizioni di lavoro e la costruzione di strumenti di supporto adeguati. Il Sappe continua a denunciare questa fragilità e spinge per un cambiamento pratico nelle politiche di tutela del personale. Ogni agente indossa una divisa ma resta una persona con limiti e bisogni, e questa tragedia lo ricorda in maniera molto chiara.

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