Studio matinee e nuovi trattamenti per la Bpco con infiammazione di tipo 2 identificata tramite eosinofili nel sangue

Studio matinee e nuovi trattamenti per la Bpco con infiammazione di tipo 2 identificata tramite eosinofili nel sangue

La broncopneumopatia cronico-ostruttiva con infiammazione di tipo 2, identificabile tramite eosinofili, apre nuove possibilità terapeutiche grazie al mepolizumab, come evidenziato da Alberto Papi e dallo studio Matinee all’ATS.
Studio Matinee E Nuovi Trattam Studio Matinee E Nuovi Trattam
La broncopneumopatia cronico-ostruttiva (Bpco) presenta un sottogruppo con infiammazione di tipo 2, identificabile tramite eosinofili nel sangue, che beneficia di terapie biologiche come il mepolizumab per ridurre le riacutizzazioni e migliorare la gestione clinica. - Gaeta.it

La broncopneumopatia cronico-ostruttiva è stata a lungo considerata una malattia caratterizzata principalmente da un’infiammazione di tipo T1. Ora, diversi studi evidenziano la presenza di un sottogruppo di pazienti con infiammazione di tipo 2, identificabile con un semplice prelievo ematico grazie alla misurazione degli eosinofili, un tipo di globuli bianchi. Questa scoperta apre nuove strade per la terapia mirata e specifica, soprattutto per chi non risponde adeguatamente ai trattamenti convenzionali. Alberto Papi, direttore della Clinica pneumologica dell’Università di Ferrara, ha illustrato questi sviluppi al congresso dell’American Thoracic Society a San Francisco, evidenziando il valore del trial Matinee e del farmaco mepolizumab.

Il ruolo dell’infiammazione di tipo 2 nella broncopneumopatia cronico-ostruttiva

La Bpco è solitamente collegata a un’infiammazione di tipo T1, ma una parte dei pazienti presenta un’infiammazione di tipo 2, rilevabile con un semplice esame del sangue che conta gli eosinofili. Questi globuli bianchi sono una chiave importante poiché influenzano la risposta ai farmaci e suggeriscono possibilità terapeutiche diverse rispetto al trattamento standard. Nel gruppo con infiammazione eosinofilica, le risorse terapeutiche tradizionali – broncodilatatori e corticosteroidi inalatori – possono non essere sufficienti. Identificare i pazienti con questo profilo permette di offrire cure più precise, basate su farmaci biologici che colpiscono direttamente i meccanismi responsabili dell’infiammazione.

Un marker chiave per la gestione clinica

Questa distinzione ha un impatto significativo nella gestione clinica. La presenza di eosinofili nel sangue periferico diventa un marker che orienta la scelta terapeutica. Il riconoscimento del fenotipo eosinofilico è quindi cruciale per individuare quei pazienti che rischiano episodi acuti gravi e che potranno beneficiare di trattamenti innovativi. Il congresso americano ATS ha dato ampio spazio a questi temi, sottolineando l’importanza di passare da un approccio generico a soluzioni più orientate al singolo quadro clinico.

Risultati dello studio matinee: benefici del mepolizumab su pazienti con riacutizzazioni

Lo studio Matinee si è concentrato proprio su pazienti con infiammazione di tipo 2 e ancora soggetti a riacutizzazioni nonostante la terapia inalatoria intensiva . L’obiettivo era capire se il mepolizumab, un anticorpo monoclonale che blocca gli eosinofili, potesse ridurre la frequenza e la gravità di questi episodi acuti. I risultati, presentati al congresso ATS, hanno mostrato che il farmaco abbassa significativamente il numero di riacutizzazioni in soggetti non controllati dai trattamenti convenzionali.

Un punto di svolta per i pazienti

Questo è particolare perché individua un gruppo di pazienti fino ad oggi lasciati senza opzioni aggiuntive efficaci. Il mepolizumab agisce proprio sulle cellule responsabili dell’infiammazione T2, andando a interferire direttamente sul processo patologico. Per i malati, questo si traduce in una riduzione delle crisi acute, che non solo compromettono la salute nel breve periodo, ma incidono anche sulla progressione della malattia. Le riacutizzazioni sono infatti legate a un peggioramento generale, aumento del rischio di mortalità e riduzione della qualità di vita. Limitare questi episodi significa migliorare diversi aspetti della gestione clinica e potenzialmente rallentare il decorso della Bpco.

Prospettive cliniche e iter approvativo per il mepolizumab nella bpco

Il mepolizumab è già autorizzato in Italia e in vari altri paesi per alcune forme di asma e altre patologie infiammatorie. Per usarlo nella Bpco occorrono però ulteriori dati e verifiche regolatorie. Lo pneumologo Alberto Papi ha specificato che il completamento di altri studi è necessario per ottenere il via libera ufficiale all’impiego anche nel campo della Bpco. Questo perché i pazienti con riacutizzazioni persistenti, nonostante la massima terapia inalatoria, rappresentano un bisogno clinico rimasto parzialmente insoddisfatto.

L’importanza delle riacutizzazioni sul decorso della malattia

L’attenzione si concentra sulle riacutizzazioni non solo per la loro gravità immediata, ma soprattutto per gli effetti a lungo termine sulla malattia. Agire sull’infiammazione di tipo 2 con farmaci come il mepolizumab potrebbe limitare il numero e la severità di questi eventi. In questo modo, si inciderebbe anche sui tassi di mortalità, sul peggioramento funzionale del polmone e sulla qualità di vita dei pazienti. La prospettiva futura prevede quindi un approccio terapeutico più personalizzato, che combina la valutazione biomarker con trattamenti specifici in grado di modificare la storia naturale di questa malattia.

I prossimi mesi saranno cruciali per definire il ruolo definitivo di questi farmaci biologici nella terapia della Bpco. La possibilità di ridurre le riacutizzazioni con farmaci scelti in base al profilo infiammatorio individua un passaggio importante nella cura e nella gestione di una patologia che colpisce milioni di persone. Il confronto scientifico e i trial in corso promettono di arricchire rapidamente gli strumenti a disposizione dei medici.

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